“Il ministero dell’Istruzione e quello della Salute ci devono una risposta. Chiediamo come comportarci rispetto alle linee guida sull’organizzazione del servizio mensa. A Firenze si parla di 23mila pasti al giorno. Se sono solo 100 a prendersi il panino cambia poco ma se diventano otto mila cambia la dimensione del servizio. Se dobbiamo fornire frigoriferi e microonde invece di pranzi questo comporta investimenti diversi”. Dopo la sentenza del Tribunale di Torino che rigettando il reclamo del Miur ha riconosciuto il diritto agli studenti di portarsi il pranzo da casa e consumarlo nel refettorio con i compagni, e le polemiche sorte a Milano tra Comune e Regione, ora è l’Anci che interviene per chiedere ai ministeri di fare chiarezza. E anche in altre città d’Italia – tra cui anche Venezia e Lucca – il pranzo da casa è diventato un tema che divide. I presidi dai genitori. Gli amministratori da mamme e papà che vogliono portare il panino in mensa. E intanto le aziende di ristorazione minacciano di aumentare le tariffe.
Sulla scrivania di Cristina Giachi, vice sindaco di Firenze e presidente della commissione istruzione dell’associazione nazionale dei comuni italiani, è pronta una lettera indirizzata al ministro dell’istruzione Stefania Giannini e alla collega del ministero della Salute, Beatrice Lorenzin, per avere una volta per tutte una risposta definitiva e precisa sulla questione. “Chiediamo come comportarci rispetto alle linee guida sull’organizzazione del servizio mensa. Nella missiva sottolineiamo – ha spiegato Giachi al termine della riunione della commissione – il nostro dispiacere, perché la mensa a scuola è un servizio che ha funzione educativa, prendendosi cura del benessere dei piccoli cittadini: per questo la ferma intenzione dei Comuni è provvedervi e semmai migliorarlo. Prendiamo atto della decisione di alcune famiglie e della legittimazione loro offerta dal giudice ma chiediamo di stabilire quali siano le competenze e le responsabilità di ciascuno degli attori istituzionali coinvolti, perché i Comuni sono tenuti ad offrire un servizio di supporto alla scuola, organizzando la refezione, mentre spetta alle amministrazioni scolastiche organizzare il tempo scuola”.
Sotto la Mole, dove il 3 ottobre è fissata la data per il via libera al “panino libero” dopo che l’amministrazione ha raccolto e comunicato alle scuole le adesioni dei genitori che non iscriveranno il proprio figlio in mensa, in molte scuole il termine fissato rischia di saltare perché i dirigenti non sono pronti. All’istituto Niccolò Tommaseo, la preside Lorenza Patriarca ha deciso di inviare una lettera ai genitori per chiarire loro che non c’è spazio per ospitare chi mangia il pranzo portato da casa con chi usufruisce della mensa. A Milano è ormai noto il caso della bambina allontanata dalla mensa e lasciata sola a mangiare perché aveva il panino preparato da mamma e papà. E l’effetto domino di Torino ha creato problemi anche a Genova dove il Comune ha preso tempo per approfondire il profilo legale della questione coinvolgendo anche l’Asl.
A Bologna stanno tentando di dare un’indicazione univoca: Comune, ufficio scolastico regionale, presidi e Asl si sono incontrati per definire la questione. A strizzare l’occhio ai genitori nei giorni scorsi, tuttavia, ci ha pensato Adriana Giannini del servizio prevenzione collettiva e sanità pubblica della Regione che al Resto del Carlino ha detto: “La refezione scolastica è un’opportunità; uno la può o non la può scegliere”. A Lucca è invece braccio di ferro tra Comune e genitori: l’assessore all’istruzione, Ilaria Vietina, non ne vuole sapere del panino portato da casa. Nei giorni scorsi ha chiarito che ci sono problemi legislativi, organizzativi e di rispetto delle normative Asl che impediscono la modifica del sistema di refezione. Una decisione mal digerita dal comitato La scuola che vogliamo che è pronto a dar battaglia.
A Pordenone una soluzione è stata trovata ma la trattativa con le scuole è ancora in corso: i ragazzi potranno portare la “schiscetta” ma non potranno consumare il pranzo nello spazio comune con gli altri compagni ma in un’apposita aula. Una decisione presa per andare incontro anche all’azienda di ristorazione che reclama il rispetto di alcuni parametri stabiliti. La stessa risposta di Pordenone l’ha data il dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Cristoforo Colombo di Chirignago in provincia di Venezia dove se i bambini che portano il panino sono più di cinque avranno un tavolo separato.