“Forse ha ripensato ai discorsi sui parrucconi, rosiconi, gufi, altrimenti non avrebbe perso tempo, come stasera, con uno di loro…”. Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky esordisce così nel confronto con Matteo Renzi su La7. E innesca un botta e risposta col premier. Sì o No? Parte con questo scambio il dibattito su La7 di fronte a Enrico Mentana. Con il premier, che ha confermato l’intenzione di modificare l’Italicum, insolitamente ricco di riferimenti dotti alla Carta e ai tentativi di cambiarla e il costituzionalista più incline alla battuta del suo avversario.

Per il giurista: “Con la modifica dell’Italicum, sostituito da una legge proporzionale – cosa che potrebbe andare bene un po’ a tutti – sulla riforma le mie obiezioni è che non funzionerà, creerà ulteriori complicazioni: o il Senato non conterà nulla o creerà molte più difficoltà al governo di quanto non faccia adesso”, per il segretario del Pd invece: “Le garanzie costituzionali vengono aumentate: più poteri alla Corte costituzionale, quorum più alto per l’elezione del presidente della Repubblica e statuto delle opposizioni. Invece il presidente del Consiglio non ha poteri in più”. Ma per Zagreblesy, già presidente della Consulta, si tratta di “riforme conservative che servono a blindare un sistema oligarchico sempre più tipo governativo e meno parlamentare”. Combinata con l’Italicum la riforma “raggiunge un risultato di premierato assoluto, più forte del presidenzialismo”.

Gufi e parrucconi
“Al massimo pensavo di poter aspirare a incontrare il ministro delle riforme…” dice Zagrebelsky. E Renzi replica: “Non  mi sono mai permesso di dire che lei è un parruccone. Anche l’aspetto fisico lo dimostra… I gufi non sono quelli che parlano male del governo ma quelli che quando c’è una statistica dell’Istat, dicono evviva se va male. Non ho mai considerato lei tra i gufi”. “L’interpretazione era diversa…” risponde il costituzionalista e il segretario Pd “nell’interpretazione gli esperti siete voi. Io ho studiato sui suoi libri. Teniamoci nel merito”. “Spero che non parli di gufi per l’avvenire”, afferma il costituzionalista. “Prof, venga al merito”, chiude Renzi.

Dopo il faccia a faccia con il presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia, quello con Zagrebelsky è per Renzi l’appuntamento più importante di questa prima fase perché l’interlocutore non è un partito dell’opposizione ma un importante esponente della società civile. “Se passa non insegnerò più diritto costituzionale” aveva detto il professore.

Il giurista: “Ma le pare che le due camere facciano la stessa cosa?
“La riforma non l’ho voluta solo io l’ha voluta il Parlamento e sono 30 anni che tutta la classe politica dice che bisogna passare dal bicameralismo paritario a una sola Camera che dà la fiducia e che bisogna semplificare il sistema. Parliamo di un lasso di tempo di 34 anni in cui il mondo fuori è cambiato e tutti politici in Italia dicevano di fare le riforme” afferma Renzi. “Ma le pare che le due camere facciano la stessa cosa?” lo rimbrotta di contro il giurista. “Hanno gli stessi poteri, ma non le stesse funzioni”.

“Il nostro sistema di bicameralismo paritario dà vita a un costante ‘ping pong’ che determina ritardi clamorosi”, è un sistema che “assomiglia più ad una doppia assemblea di condominio” sostiene il capo del governo. Parole sul quale il docente di Diritto costituzionale non concorda affatto. “Le difficoltà che lei sottolinea, il ping pong, deriva dal fatto che le forze politiche non sono d’accordo, non dal bicameralismo perfetto. La radice di queste difficoltà è politica non istituzionale”, sostiene il costituzionalista secondo il quale, in Paesi che non hanno il bicameralismo paritario, come Francia e Usa, entrambe le Camere “partecipano al processo legislativo”. In Italia “Camera e Senato hanno stessi poteri ma non fanno la stessa cosa”, aggiunge l’ex giudice costituzionale.

Porcellum e Italicum
“Lei dice che la riforma costituzionale non tocca in nessun punto i poteri del presidente del Consiglio. Ma molti di noi sono preoccupati per rischi di derive autoritarie o di concentrazione al vertice delle istituzioni che ci fanno dire che rischiamo di passare da una democrazia a una oligarchia” prosegue Gustavo Zagrebelsky rispondendo a una domanda del premier. “Lei ha firmato un appello in cui parla di rischi padronali. Mi dice quale articolo introduce questi elementi padronali del premier?”.
“Siamo costituzionalisti, anche lei che vuol cambiare la costituzione, chi più di lei…”, risponde Zagrebelsky. “Allora siamo tutti costituzionalisti, anche i cittadini”, lo interrompe Renzi. E il costituzionalista riprende: “La resa delle istituzioni non dipende solo dai testi ma dalla quantità di elementi dentro i quali le istituzioni sono calate. Faccio un esempio forte: la Costituzione di Bocassa, dittatore della Repubblica centroafricana, è molto simile a quella degli Stati Uniti. La resa del funzionamento dipende dal contesto: il contesto di questa riforma è legato alla legge elettorale, non possiamo far finta che siano cose diverse. Il Porcellum è ancora la legge che abbiamo operante, perché il Parlamento è frutto di quella elezione. Il Porcellum vive e lotta insieme a noi. E ora è stato sostituito dall’Italicum che ha caratteristiche simili. È fatto apposta per arrivare a un risultato in cui la sera del voto si sa chi ha vinto e costui per cinque anni governerà. A me questa non sembra una democrazia ma una riproposizione della vecchia e gloriosa affermazione di Rousseau che diceva: ‘Gli inglesi credono di essere liberi ma lo sono una volta solo quando mettono la scheda nell’urna e per il resto sono servi di chi governerà'”.

Renzi: “Svolta autoritaria è offensivo per l’Italia”
“Lei ha firmato l’appello ‘Libertà e Giustizia’” che parla di svolta autoritaria: questo appello a mio giudizio è offensivo verso l’Italia. La svolta anti democratica c’è, ed è dove si incarcerano giornalisti, insegnanti, magistrati, non in un Paese in cui si tagliano il Cnel e qualche centinaia di poltrone” aggiunge Renzi che ricorda al costituzionalista anche la sua firma tra quelle dell’appello dei 56 costituzionalisti. Appello che “dice esattamente il contrario”, osserva il premier. “Io però non mi sono preparato sulle sue contraddizioni“, replica Zagrebelsky. “Ma vada pure tranquillo. Lei non sarà un mio elettore, ma io sono un suo lettore, ho studiato sui suoi libri“, pungola Renzi. E il costituzionalista: “Siamo tutti troppo vecchi per essere coerenti: le cose che affermiamo sono collegate alle circostanze, ma si può cambiare opinione”.

Elezione del presidente della Repubblica
Il costituzionalista boccia la modifica sul meccanismo di elezione del presidente della Repubblica: “Oggi è richiesta maggioranza assoluta dei due terzi, calcolata sul numero dei componenti delle Camere. Quando si abolisce questo requisito vuol dire che un numero anche minimo di presenti con una maggioranza eventualmente assente – non per pigrizia ma perché non condivide l’orientamento degli altri – viene meno lo strumento di contrattazione della maggioranza assoluta dei componenti. In un parlamento nel quale ci sono deputati che passano da uno schieramento all’altro per valutazioni non sempre limpidissime, consentirebbe alla maggioranza di eleggersi da sé il proprio presidente della Repubblica”. Il presidente del Consiglio difende invece il sistema introdotto dalla riforma: “Sono radicalmente in dissenso da lei. Con l’Italicum la maggioranza avrebbe il 55% dei seggi: con il sistema di voto previsto oggi, dal quarto scrutinio la maggioranza semplice può eleggersi il presidente della Repubblica. Il Parlamento invece ha previsto di alzare il quorum fino al settimo scrutinio quando i 3/5 dei votanti previsti, sono una norma di chiusura. Ma nessuno può pensare che c’è una minoranza così assurda da andar via per far eleggere il presidente”.

Zagrebelsky: “Ciò che conta è il quadro d’insieme”
“Berlusconi voterà come lei. La riforma di Berlusconi dava al presidente del Consiglio il potere di sciogliere le Camere, io nemmeno ho il potere di sciogliere i lacci delle scarpe – dice il premier – Il presidente del Consiglio da noi non può neanche nominare i ministri, può proporli, non li può revocare. Non abbiamo cambiato i suoi poteri perché altrimenti sembrava che facevo una riforma per me, presidente del Consiglio. In settanta anni abbiamo avuto 63 governi, il mio è durato più di ogni governo guidato da De Gasperi, Aldo Moro, Andreotti, Fanfani”, ricorda Renzi. “Leopoldo Elia sollecitava una riforma costituzionale sottolineando la necessità di una legge elettorale che indicasse la possibilità di un governo in qualche modo indicato dai cittadini”.

“Elia – replica Zagrebelsky – sosteneva che legge elettorale e istituzioni sono così collegate che il passaggio dal proporzionale al maggioritario avrebbe dovuto cambiare la costituzione in senso più garantista. L’esatto opposto“.  “Revocare i ministri non lo può fare di fatto? Non lo ha già fatto varie volte? Questo dimostra che la sostanza è molto più forte. I costituzionalisti, signor presidente, non sono legati soltanto alle formulette, ciò che conta è il quadro l’insieme. Leopoldo Elia quando è stata fatta la riforma Berlusconi aveva le lacrime agli occhi…” aggiunge il costituzionalista.

Il Nazareno
“Forza Italia ha rotto perché, a torto o a ragione, non si è più fidata di lei ma questo discorso mi porta a dire che le riforme costituzionali si fanno quando si basano sulla reciproca fiducia. La rottura del Nazareno fa sì che la riforma viene imposta da un parte e il nostro è un Paese diviso in due, il suo partito è diviso in due. Non ho mai trovato un clima di tensione così grande alle Feste dell’unità” afferma il professore. “Berlusconi non sta più con noi perché mi sono dimostrato persona libera e sono fiero di aver individuato una personalità come Mattarella” replica Renzi.

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