“Poi dipende sempre da quanto prendo io, perché non è che su undici milioni quello guadagna… tanto e, quindi, su quello che guadagna poi dopo facciamo le parti; però penso che minimo, minimo un paio di centomila euro me le porto! Se va bene”. A parlare è Giovanni Di Guardo, capitano di vascello della Marina militare, l’uomo scelto direttamente dall’ex capo di stato maggiore Giuseppe de Giorgi per rimettere in piedi la forza armata dopo l’inchiesta sulla tangentopoli a Taranto che ha portato all’arresto di 11 ufficiali accusati di concussione. A Di Guardo, secondo le intenzioni del vertice della forza armata, spetta l’arduo compito di rilanciare l’immagine di un pezzo della Marina militare paragonata nelle carte dell’inchiesta a “un’organizzazione criminale” che imponeva agli imprenditori che si aggiudicavano gli appalti “un vero e proprio pizzo” del 10 percento: a chi non pagava non venivano liquidate le fatture.
Eppure l’uomo del cambiamento aveva uno scheletro non di poco conto nell’armadio. Una pena patteggiata a Palermo per truffa. Una svista? Forse. Un dettaglio superato? Probabilmente. Quello che invece è certo è che l’uomo che avrebbe dovuto fare piazza pulita è stato arrestato con una tangente di 2500 euro. I finanzieri della sezione Tutela dell’economia di Taranto lo tenevano d’occhio da un po’ e lo hanno fermato dopo un incontro con Vincenzo Pastore, imprenditore e sindaco di Roccaforzata, un piccolo comune della provincia ionica.
Per il pubblico ministero Maurizio Carbone, che ha coordinato anche la prima inchiesta sulla tangentopoli in divisa, è solo una tranche di una mazzetta molto più sostanziosa come hanno dimostrato le intercettazioni, per aggiudicarsi un appalto per i servizi di pulizia nella basi di Taranto e Napoli che vale oltre 11 milioni di euro.
Sono finiti entrambi in carcere e qualche ora più tardi nell’istituto penitenziario è arrivata anche Francesca Mola, 31enne scelta proprio da Di Guardo come responsabile dell’ufficio contratti. Una scelta non casuale. “Io l’ho presa e l’ho messa là – racconta Di Guardo alla sua compagna ignaro di essere intercettato – perché ho capito che a questa qua gli piace, gli piace, i soldi gli piacciono! E allora, l’ho presa e l’ho messa là apposta”. Insomma l’uomo scelto dalla Marina militare per rimettere le cose a posto non solo ha smarrito la strada, ma ha gettato nuovamente la forza armata nell’imbarazzo più totale.
Non solo. Dinanzi al giudice per l’interrogatorio di convalida ha provato a spiegare che non si trattava di una bustarella: ha parlato prima dell’acquisto di un’auto, poi del denaro per una casa e infine, di fronte alle intercettazioni depositate dalla procura, è crollato. Il materiale raccolto dai finanzieri è esplosivo: le intercettazioni spiegano in modo inequivocabile che nulla sembra essere cambiato nella base di Taranto. Anzi. Per il pm Carbone le “recenti vicende giudiziarie non hanno evidentemente esercitato alcun effetto inibitorio per gli indagati che senza alcuna remora hanno continuato a porre in atto comportamenti che denotano elevatissima spregiudicatezza e capacita criminale”. Dagli atti infatti emergono incontri durante i quali Di Guardo avrebbe intascato un’altra mazzetta da 10mila euro, avrebbe ottenuto la promessa di un’auto di lusso e avrebbe incontrato più volte l’imprenditore per fargli modificare l’offerta tecnica e assicurarsi l’aggiudicazione. Un incontro al quale ha preso parte anche il tenente di vascello Mola: la giovane ufficiale ha offerto consigli e persino mostrato a Pastore il progetto di una ditta concorrente invitandolo a copiare un progetto definito “perfetto”.
Insomma nella città dell’Ilva che è anche la principale base navale del Mediterraneo, la corruzione nell’indotto militare sembra dilagante: un fenomeno che, come aveva spiegato nella procedente inchiesta il tribunale aveva messo con le spalle al muro gli imprenditori e penalizzato l’intera economia locale con militari che costringevano le imprese a pagare le tangenti. Ma il nuovo capitolo della saga giudiziaria apre uno squarcio tutto nuovo: il reato di corruzione ribalta le parti e mette una parte dell’imprenditoria locale a nudo nella veste di corruttori. L’inchiesta è solo agli inizi e a Taranto e a Roma i palazzi continuano a tremare.
Cronaca
Taranto, alla Marina militare tangenti ereditarie. Il capitano “moralizzatore”: “Dipende da quanto prendo io…”
I recenti arresti per gli appalti nella più grande base navale del Mediterraneo svelano la continuità con le inchieste per tangenti degli anni scorsi. Le intercettazioni del capitano Di Guardo, scelto dall'ammiraglio De Giorgi per voltare pagina, ma finito a sua volta in carcere. Il sistema con gli imprenditori locali
“Poi dipende sempre da quanto prendo io, perché non è che su undici milioni quello guadagna… tanto e, quindi, su quello che guadagna poi dopo facciamo le parti; però penso che minimo, minimo un paio di centomila euro me le porto! Se va bene”. A parlare è Giovanni Di Guardo, capitano di vascello della Marina militare, l’uomo scelto direttamente dall’ex capo di stato maggiore Giuseppe de Giorgi per rimettere in piedi la forza armata dopo l’inchiesta sulla tangentopoli a Taranto che ha portato all’arresto di 11 ufficiali accusati di concussione. A Di Guardo, secondo le intenzioni del vertice della forza armata, spetta l’arduo compito di rilanciare l’immagine di un pezzo della Marina militare paragonata nelle carte dell’inchiesta a “un’organizzazione criminale” che imponeva agli imprenditori che si aggiudicavano gli appalti “un vero e proprio pizzo” del 10 percento: a chi non pagava non venivano liquidate le fatture.
Eppure l’uomo del cambiamento aveva uno scheletro non di poco conto nell’armadio. Una pena patteggiata a Palermo per truffa. Una svista? Forse. Un dettaglio superato? Probabilmente. Quello che invece è certo è che l’uomo che avrebbe dovuto fare piazza pulita è stato arrestato con una tangente di 2500 euro. I finanzieri della sezione Tutela dell’economia di Taranto lo tenevano d’occhio da un po’ e lo hanno fermato dopo un incontro con Vincenzo Pastore, imprenditore e sindaco di Roccaforzata, un piccolo comune della provincia ionica.
Per il pubblico ministero Maurizio Carbone, che ha coordinato anche la prima inchiesta sulla tangentopoli in divisa, è solo una tranche di una mazzetta molto più sostanziosa come hanno dimostrato le intercettazioni, per aggiudicarsi un appalto per i servizi di pulizia nella basi di Taranto e Napoli che vale oltre 11 milioni di euro.
Sono finiti entrambi in carcere e qualche ora più tardi nell’istituto penitenziario è arrivata anche Francesca Mola, 31enne scelta proprio da Di Guardo come responsabile dell’ufficio contratti. Una scelta non casuale. “Io l’ho presa e l’ho messa là – racconta Di Guardo alla sua compagna ignaro di essere intercettato – perché ho capito che a questa qua gli piace, gli piace, i soldi gli piacciono! E allora, l’ho presa e l’ho messa là apposta”. Insomma l’uomo scelto dalla Marina militare per rimettere le cose a posto non solo ha smarrito la strada, ma ha gettato nuovamente la forza armata nell’imbarazzo più totale.
Non solo. Dinanzi al giudice per l’interrogatorio di convalida ha provato a spiegare che non si trattava di una bustarella: ha parlato prima dell’acquisto di un’auto, poi del denaro per una casa e infine, di fronte alle intercettazioni depositate dalla procura, è crollato. Il materiale raccolto dai finanzieri è esplosivo: le intercettazioni spiegano in modo inequivocabile che nulla sembra essere cambiato nella base di Taranto. Anzi. Per il pm Carbone le “recenti vicende giudiziarie non hanno evidentemente esercitato alcun effetto inibitorio per gli indagati che senza alcuna remora hanno continuato a porre in atto comportamenti che denotano elevatissima spregiudicatezza e capacita criminale”. Dagli atti infatti emergono incontri durante i quali Di Guardo avrebbe intascato un’altra mazzetta da 10mila euro, avrebbe ottenuto la promessa di un’auto di lusso e avrebbe incontrato più volte l’imprenditore per fargli modificare l’offerta tecnica e assicurarsi l’aggiudicazione. Un incontro al quale ha preso parte anche il tenente di vascello Mola: la giovane ufficiale ha offerto consigli e persino mostrato a Pastore il progetto di una ditta concorrente invitandolo a copiare un progetto definito “perfetto”.
Insomma nella città dell’Ilva che è anche la principale base navale del Mediterraneo, la corruzione nell’indotto militare sembra dilagante: un fenomeno che, come aveva spiegato nella procedente inchiesta il tribunale aveva messo con le spalle al muro gli imprenditori e penalizzato l’intera economia locale con militari che costringevano le imprese a pagare le tangenti. Ma il nuovo capitolo della saga giudiziaria apre uno squarcio tutto nuovo: il reato di corruzione ribalta le parti e mette una parte dell’imprenditoria locale a nudo nella veste di corruttori. L’inchiesta è solo agli inizi e a Taranto e a Roma i palazzi continuano a tremare.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.