Soddisfatti e rimborsati. In Piemonte è appena finita, con 15 assoluzioni e 10 condanne. Anche l’inchiesta nelle Marche era partita col botto (66 indagati) ma a giudizio il prossimo sei dicembre saranno solo in cinque. Il gip aveva chiesto di processarli tutti, il gup ha disposto il proscioglimento per 55 indagati perché “il fatto non sussiste”. La stessa Procura aveva poi chiarito che, in effetti, non si riscontravano propriamente “spese pazze” ma una sistematica “distrazione di fondi” da spese istituzionali ad altre relative all’attività politica dei singoli consiglieri. E il banchetto di nozze, i regali di Natale, i fiori e le cene allargate possono anche rientrare nella categoria. Nessun ladrocinio, insomma, semmai uno “sviamento dei fondi”. L’epilogo potrebbe essere simile in altre regioni.
Il più grande scandalo dopo Tangentopoli sta scivolando verso l’oblio. Come nulla fosse successo. E allora: che fine ha fatto “rimborsopoli”? Che ne è della bufera giudiziaria che sulle orme di Fiorito ha travolto sedici consigli regionali su venti e un esercito di oltre 500 politici? Poche condanne esemplari, molte assoluzioni, anche di massa. Questo dicono le sentenze emesse finora, e non perché tutti gli imputati siano riusciti a dimostrare l’uso corretto dei denari del contribuente. Di fatto molti processi di primo grado si sono risolti in un generale processo di rimozione e autoassoluzione del blocco politico alla sbarra. Che grazie a sentenze come quella del Piemonte, possono sperare. Ecco perché.
Se a rubare sono i “diversamente ladri”
In dibattimento l’accusa di peculato, sui cui tutto ruota, finisce spesso sepolta sotto la “mancanza di dolo specifico”, oppure annegata tra sottili distinguo sulla natura del reato che non c’è, se i soldi non vengono materialmente intascati ma spesi, benché in modi molto discutibili. Gli imputati vengono poi dichiarati incolpevoli “stante la loro buona fede”, perché tratti in “errore” da una prassi e da regolamenti in capo ai consigli mai del tutto chiari, oggettivi e cogenti nell’indicare i vincoli di destinazione dei contributi da usare per spese di “rappresentanza”, “segretaria” e “attività politico-istituzionale”. Così, sempre “per errore”, ci sarebbero finiti in mezzo gli scontrini il salame, il banchetto di nozze per la figlia etc. L’alibi però non sempre è vero. “Se avessi detto che non andava bene una singola spesa, mi sarei trovato il giorno dopo in giardino” dirà il capo degli scontrini al Pirellone Alvaro Scattolini, per trent’anni dirigente regionale addetto alla verifica della spesa amministrativa, in un’udienza del processo a carico di 56 consiglieri regionali lombardi. Fatto sta che alcune di queste argomentazioni difensive sono state accolte in giudizio.
Parla di una “zona grigia” la sentenza con cui il gup di Bologna Letizio Magliaro, lo scorso dicembre, ha assolto i primi tre ex consiglieri sui 41 finiti a processo in Emilia Romagna per le spese relative al 2010-2011. Il bianco sono le cene, le feste politiche, le consulenze e le trasferte. E’ una scelta del singolo, argomenta il giudice, se spendere un mucchio di soldi per queste attività oppure no. Una scelta di “natura squisitamente politica” sulla quale non può intervenire una valutazione del giudice e conseguentemente sanzione di tipo penale”. Il nero sono le spese incongrue, abnormi o giustificate da documentazione falsa. Oltre questi casi, il giudice non può andare. Una questione di misura, insomma. La Procura non sembra del tutto d’accordo e ha proposto appello contro due assoluzioni (in tutto sono 9 per ora, a fronte di tre condanne e una ventina di posizioni aperte).
In Friuli l’inchiesta era partita con 22 indagati. Il 18 aprile 2016, a sorpresa, 18 ex consiglieri vengono assolti dal Gup Giorgio Nicoli perché il “fatto non sussiste”. Sembra una questione di latitudini mista a orgoglio locale: “Queste vicende – spiegherà Nicoli – “sono nate sulla scia dell’inchiesta su Fiorito, nel Lazio, ma in Friuli-Venezia Giulia nessuno di quei fatti è riconducibile, per le persone assolte, all’esempio del Lazio”. Il distinguo: “Un conto è prendere denaro del gruppo per versarlo sul proprio conto corrente o per acquistare immobili, ma in Friuli-Venezia Giulia non c’era nessuna contestazione di fondi utilizzati in questo modo”. In effetti il pm aveva contestato acquisti meno impegnativi: pneumatici, passeggini per bambini, profumi, gioielli, acquisti di pesce, lavatrici. E una quantità di scontrini enorme riferita ai viaggi: da Cortina a Parigi e fino all’Estremo Oriente (soprattutto in periodo estivo). Spese per un totale di 350mila euro. Se l’appartamento non c’era, la cifra gli equivale. A beneficio dei “diversamente innocenti”.
Il 30 marzo 2015 anche in Val D’Aosta la “rimborsopoli” ha partorito il nulla: la Procura aveva chiesto 30 anni di carcere e oltre 600mila euro di multa per i 24 i politici alla sbarra. Per il Gup “il fatto non sussiste”. Insomma, la giustizia sembra quasi tentennare e dividersi. La politica quasi festeggiare. Perché?
Così la politica vince il derby con la giustizia
Una risposta può venire dalla reazione del “sistema” sotto inchiesta. Il blocco politico alla sbarra infatti non è rimasto a guardare. Quando scoppia lo scandalo degli scontrini si professa garantista, lavora di avvocati, si prodiga per “alleggerire” le posizioni degli imputati e minimizzare il disvalore sociale ed etico delle condotte contestate. Più che per convinzione, per necessità: deve tenere in piedi le assemblee e le giunte che già ci sono, con le relative poltrone, e traguardare le regionali 2015, primo vero banco di prova dei parlamentini sotto inchiesta. La prova sarà segnata dalle polemiche sulle candidature degli indagati e finirà con il dato di affluenza più basso nella storia repubblicana (53,9%).
Ai primi avvisi di garanzia risorge il partito trasversale contro la magistratura, come ai tempi di Mani Pulite. Tra le sue fila siedono il presidente della Liguria Giovanni Toti (FI) e il segretario del Carroccio Matteo Salvini. “Spero esista ancora uno stato di diritto”, dice il primo chiarendo che i suoi “colonnelli” indagati non dovevano dimettersi, decapitando la giunta. E così sarà: il processo a carico di 23 ex consiglieri inizierà ad ottobre e al suo posto è rimasto anche Edoardo Rixi, braccio destro di Salvini e assessore regionale allo Sviluppo economico. Il segretario gli fece subito quadrato intorno: “Non si deve dimettere, se dovessimo farlo in base a come si alza il giudice di turno siamo messi male. Ho una fiducia nella giustizia italiana pari allo 0,1%”. Non mancano esternazioni di dileggio nei confronti degli inquirenti costretti a vagliare i rendiconti e le improbabili spese degli indagati. Fa impressione, in proposito, rileggere le dichiarazioni di magistrati che quasi si giustificano: “Non è colpa nostra – disse a un certo punto il pm di Torino Avenati Bassi – se siamo stati costretti a fare le pulci agli scontrini da un euro. E’ la realtà che è patetica” .
Analoghe le reazioni sul fronte Pd, ben rappresentate dal “caso Barracciu”, una bella gatta da pelare anche per il governo. “Il Pd è un partito garantista, il suo codice etico non esclude che ci si possa candidare per un avviso di garanzia. Neppure per rinvio a giudizio”, rivendicò Francesca Barracciu, l’esponente dem che aveva vinto al primo turno le primarie in Sardegna, salvo dovervi rinunciare tre mesi dopo proprio perché indagata dai pm di Cagliari che le contestano tuttora spese per 81mila euro per gli anni 2004-2013. Lei si professa innocente e Renzi le crede perché il 28 febbraio 2014, con le indagini ancora a metà, la nomina sottosegretario ai Beni Culturali. La sua posizione però si aggrava e a fine ottobre 2015 viene rinviata a giudizio e lei si dimette, non senza una stoccata ai magistrati: “C’è un evidente problema di funzionamento del meccanismo giudiziario. Non è giusto per i cittadini che attendono di conoscere la verità e non è giusto per chi è coinvolto in un’indagine”. L’attesa, in vero, non sarà poi tanta perché il processo inizierà cinque mesi dopo. In quei mesi si colloca la crociata di Renzi sulla riduzione delle ferie ai magistrati (e relative polemiche).
E se in sede penale sembra aver prevalso la prudenza, un altro organo di giustizia, la magistratura contabile, è invece andata dritto come un treno, più volte contestando e condannando per danno erariale anche chi sul fronte penale aveva incassato in primo grado un’assoluzione piena. Ad esempio in Friuli, dove molti consiglieri sono stati chiamati a risarcire la Regione (tutti hanno proposto appello). E non è l’unico caso.
A livello locale si sono anche registrati tentativi di condizionare i giudici al limite del lecito. Sempre in Liguria il leghista Francesco Bruzzone, già presidente del Consiglio regionale a processo per peculato e falso, è stato accusato di aver tentato di ricattare una funzionaria della Regione, moglie di un magistrato della Procura di Genova, per aggiustare le indagini. In cambio, avrebbe ottenuto la riconferma a capo di gabinetto. Così a Bruzzone arriva un secondo avviso di garanzia, stavolta per induzione alla concussione. L’accusa sembra però destinata a cadere. Lo stesso pm Massimo Terribile, titolare dell’inchiesta, ha chiesto l’archiviazione per il quadro probatorio labile anche se la vicenda resta contornata da un alone di dubbio. Il procuratore capo, Francesco Cozzi, precisa: “Si tratta di una motivazione molto articolata… bisogna leggerla… non dice che non c’è stato niente…”.
C’è poi chi ha apertamente diffidato il proprio giudice. Il consigliere ligure Gino Garibaldi (Ncd), tramite il suo legale, scomoda il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sostenendo che “La procura e il gip hanno invaso la sfera di attribuzioni del consiglio regionale”. Le difese si fanno sempre più ardite, strabilianti e perfino grottesche. In Sicilia il processo alle “spese pazze” comincerà il 7 novembre davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo. L’ex capogruppo Raimondo Rudy Maira (Udc) è rinviato a giudizio per peculato. Tra le altre cose gli viene contestato di aver pagato il leasing di un’Audi A6 coi fondi del gruppo. La sua difesa è: ma quale Audi, io guido una Maserati. Un suo collega, Francesco Musotto (Mpa) usa argomentazioni apodittiche: lui non avrebbe mai potuto commettere un reato di peculato perché suo padre, professore di giurisprudenza, era un esperto in materia e ne aveva scritto pure un libro. Le colpe dei figli, si sa, non possono ricadere sui padri. E quelle dei ladri sulle proprie, se sono riconosciuti “diversamente ladri”.
Giustizia & Impunità
Rimborsopoli, dietro l’oblio di un grande scandalo: poche condanne e molte assoluzioni, anche di massa. Ecco perché
In Piemonte dieci condanne e 15 assoluzioni. Nelle Marche solo 5 a giudizio su 66 indagati. In Friuli 18 su 22 usciti indenni dal processo. Sono gli sviluppi giudiziari della "seconda Tangentopoli" italiana innescata dallo scandalo Fiorito. Spesso, però, alla base delle decisioni dei giudici ci sono vuoti normativi e difficoltà nel definire il confine tra fini istituzionali e interesse privato. E dopo una prima ondata di sdegno, la politica fa quadrato intorno ai consiglieri dallo scontrino facile
Soddisfatti e rimborsati. In Piemonte è appena finita, con 15 assoluzioni e 10 condanne. Anche l’inchiesta nelle Marche era partita col botto (66 indagati) ma a giudizio il prossimo sei dicembre saranno solo in cinque. Il gip aveva chiesto di processarli tutti, il gup ha disposto il proscioglimento per 55 indagati perché “il fatto non sussiste”. La stessa Procura aveva poi chiarito che, in effetti, non si riscontravano propriamente “spese pazze” ma una sistematica “distrazione di fondi” da spese istituzionali ad altre relative all’attività politica dei singoli consiglieri. E il banchetto di nozze, i regali di Natale, i fiori e le cene allargate possono anche rientrare nella categoria. Nessun ladrocinio, insomma, semmai uno “sviamento dei fondi”. L’epilogo potrebbe essere simile in altre regioni.
Il più grande scandalo dopo Tangentopoli sta scivolando verso l’oblio. Come nulla fosse successo. E allora: che fine ha fatto “rimborsopoli”? Che ne è della bufera giudiziaria che sulle orme di Fiorito ha travolto sedici consigli regionali su venti e un esercito di oltre 500 politici? Poche condanne esemplari, molte assoluzioni, anche di massa. Questo dicono le sentenze emesse finora, e non perché tutti gli imputati siano riusciti a dimostrare l’uso corretto dei denari del contribuente. Di fatto molti processi di primo grado si sono risolti in un generale processo di rimozione e autoassoluzione del blocco politico alla sbarra. Che grazie a sentenze come quella del Piemonte, possono sperare. Ecco perché.
Se a rubare sono i “diversamente ladri”
In dibattimento l’accusa di peculato, sui cui tutto ruota, finisce spesso sepolta sotto la “mancanza di dolo specifico”, oppure annegata tra sottili distinguo sulla natura del reato che non c’è, se i soldi non vengono materialmente intascati ma spesi, benché in modi molto discutibili. Gli imputati vengono poi dichiarati incolpevoli “stante la loro buona fede”, perché tratti in “errore” da una prassi e da regolamenti in capo ai consigli mai del tutto chiari, oggettivi e cogenti nell’indicare i vincoli di destinazione dei contributi da usare per spese di “rappresentanza”, “segretaria” e “attività politico-istituzionale”. Così, sempre “per errore”, ci sarebbero finiti in mezzo gli scontrini il salame, il banchetto di nozze per la figlia etc. L’alibi però non sempre è vero. “Se avessi detto che non andava bene una singola spesa, mi sarei trovato il giorno dopo in giardino” dirà il capo degli scontrini al Pirellone Alvaro Scattolini, per trent’anni dirigente regionale addetto alla verifica della spesa amministrativa, in un’udienza del processo a carico di 56 consiglieri regionali lombardi. Fatto sta che alcune di queste argomentazioni difensive sono state accolte in giudizio.
Parla di una “zona grigia” la sentenza con cui il gup di Bologna Letizio Magliaro, lo scorso dicembre, ha assolto i primi tre ex consiglieri sui 41 finiti a processo in Emilia Romagna per le spese relative al 2010-2011. Il bianco sono le cene, le feste politiche, le consulenze e le trasferte. E’ una scelta del singolo, argomenta il giudice, se spendere un mucchio di soldi per queste attività oppure no. Una scelta di “natura squisitamente politica” sulla quale non può intervenire una valutazione del giudice e conseguentemente sanzione di tipo penale”. Il nero sono le spese incongrue, abnormi o giustificate da documentazione falsa. Oltre questi casi, il giudice non può andare. Una questione di misura, insomma. La Procura non sembra del tutto d’accordo e ha proposto appello contro due assoluzioni (in tutto sono 9 per ora, a fronte di tre condanne e una ventina di posizioni aperte).
In Friuli l’inchiesta era partita con 22 indagati. Il 18 aprile 2016, a sorpresa, 18 ex consiglieri vengono assolti dal Gup Giorgio Nicoli perché il “fatto non sussiste”. Sembra una questione di latitudini mista a orgoglio locale: “Queste vicende – spiegherà Nicoli – “sono nate sulla scia dell’inchiesta su Fiorito, nel Lazio, ma in Friuli-Venezia Giulia nessuno di quei fatti è riconducibile, per le persone assolte, all’esempio del Lazio”. Il distinguo: “Un conto è prendere denaro del gruppo per versarlo sul proprio conto corrente o per acquistare immobili, ma in Friuli-Venezia Giulia non c’era nessuna contestazione di fondi utilizzati in questo modo”. In effetti il pm aveva contestato acquisti meno impegnativi: pneumatici, passeggini per bambini, profumi, gioielli, acquisti di pesce, lavatrici. E una quantità di scontrini enorme riferita ai viaggi: da Cortina a Parigi e fino all’Estremo Oriente (soprattutto in periodo estivo). Spese per un totale di 350mila euro. Se l’appartamento non c’era, la cifra gli equivale. A beneficio dei “diversamente innocenti”.
Il 30 marzo 2015 anche in Val D’Aosta la “rimborsopoli” ha partorito il nulla: la Procura aveva chiesto 30 anni di carcere e oltre 600mila euro di multa per i 24 i politici alla sbarra. Per il Gup “il fatto non sussiste”. Insomma, la giustizia sembra quasi tentennare e dividersi. La politica quasi festeggiare. Perché?
Così la politica vince il derby con la giustizia
Una risposta può venire dalla reazione del “sistema” sotto inchiesta. Il blocco politico alla sbarra infatti non è rimasto a guardare. Quando scoppia lo scandalo degli scontrini si professa garantista, lavora di avvocati, si prodiga per “alleggerire” le posizioni degli imputati e minimizzare il disvalore sociale ed etico delle condotte contestate. Più che per convinzione, per necessità: deve tenere in piedi le assemblee e le giunte che già ci sono, con le relative poltrone, e traguardare le regionali 2015, primo vero banco di prova dei parlamentini sotto inchiesta. La prova sarà segnata dalle polemiche sulle candidature degli indagati e finirà con il dato di affluenza più basso nella storia repubblicana (53,9%).
Ai primi avvisi di garanzia risorge il partito trasversale contro la magistratura, come ai tempi di Mani Pulite. Tra le sue fila siedono il presidente della Liguria Giovanni Toti (FI) e il segretario del Carroccio Matteo Salvini. “Spero esista ancora uno stato di diritto”, dice il primo chiarendo che i suoi “colonnelli” indagati non dovevano dimettersi, decapitando la giunta. E così sarà: il processo a carico di 23 ex consiglieri inizierà ad ottobre e al suo posto è rimasto anche Edoardo Rixi, braccio destro di Salvini e assessore regionale allo Sviluppo economico. Il segretario gli fece subito quadrato intorno: “Non si deve dimettere, se dovessimo farlo in base a come si alza il giudice di turno siamo messi male. Ho una fiducia nella giustizia italiana pari allo 0,1%”. Non mancano esternazioni di dileggio nei confronti degli inquirenti costretti a vagliare i rendiconti e le improbabili spese degli indagati. Fa impressione, in proposito, rileggere le dichiarazioni di magistrati che quasi si giustificano: “Non è colpa nostra – disse a un certo punto il pm di Torino Avenati Bassi – se siamo stati costretti a fare le pulci agli scontrini da un euro. E’ la realtà che è patetica” .
Analoghe le reazioni sul fronte Pd, ben rappresentate dal “caso Barracciu”, una bella gatta da pelare anche per il governo. “Il Pd è un partito garantista, il suo codice etico non esclude che ci si possa candidare per un avviso di garanzia. Neppure per rinvio a giudizio”, rivendicò Francesca Barracciu, l’esponente dem che aveva vinto al primo turno le primarie in Sardegna, salvo dovervi rinunciare tre mesi dopo proprio perché indagata dai pm di Cagliari che le contestano tuttora spese per 81mila euro per gli anni 2004-2013. Lei si professa innocente e Renzi le crede perché il 28 febbraio 2014, con le indagini ancora a metà, la nomina sottosegretario ai Beni Culturali. La sua posizione però si aggrava e a fine ottobre 2015 viene rinviata a giudizio e lei si dimette, non senza una stoccata ai magistrati: “C’è un evidente problema di funzionamento del meccanismo giudiziario. Non è giusto per i cittadini che attendono di conoscere la verità e non è giusto per chi è coinvolto in un’indagine”. L’attesa, in vero, non sarà poi tanta perché il processo inizierà cinque mesi dopo. In quei mesi si colloca la crociata di Renzi sulla riduzione delle ferie ai magistrati (e relative polemiche).
E se in sede penale sembra aver prevalso la prudenza, un altro organo di giustizia, la magistratura contabile, è invece andata dritto come un treno, più volte contestando e condannando per danno erariale anche chi sul fronte penale aveva incassato in primo grado un’assoluzione piena. Ad esempio in Friuli, dove molti consiglieri sono stati chiamati a risarcire la Regione (tutti hanno proposto appello). E non è l’unico caso.
A livello locale si sono anche registrati tentativi di condizionare i giudici al limite del lecito. Sempre in Liguria il leghista Francesco Bruzzone, già presidente del Consiglio regionale a processo per peculato e falso, è stato accusato di aver tentato di ricattare una funzionaria della Regione, moglie di un magistrato della Procura di Genova, per aggiustare le indagini. In cambio, avrebbe ottenuto la riconferma a capo di gabinetto. Così a Bruzzone arriva un secondo avviso di garanzia, stavolta per induzione alla concussione. L’accusa sembra però destinata a cadere. Lo stesso pm Massimo Terribile, titolare dell’inchiesta, ha chiesto l’archiviazione per il quadro probatorio labile anche se la vicenda resta contornata da un alone di dubbio. Il procuratore capo, Francesco Cozzi, precisa: “Si tratta di una motivazione molto articolata… bisogna leggerla… non dice che non c’è stato niente…”.
C’è poi chi ha apertamente diffidato il proprio giudice. Il consigliere ligure Gino Garibaldi (Ncd), tramite il suo legale, scomoda il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sostenendo che “La procura e il gip hanno invaso la sfera di attribuzioni del consiglio regionale”. Le difese si fanno sempre più ardite, strabilianti e perfino grottesche. In Sicilia il processo alle “spese pazze” comincerà il 7 novembre davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo. L’ex capogruppo Raimondo Rudy Maira (Udc) è rinviato a giudizio per peculato. Tra le altre cose gli viene contestato di aver pagato il leasing di un’Audi A6 coi fondi del gruppo. La sua difesa è: ma quale Audi, io guido una Maserati. Un suo collega, Francesco Musotto (Mpa) usa argomentazioni apodittiche: lui non avrebbe mai potuto commettere un reato di peculato perché suo padre, professore di giurisprudenza, era un esperto in materia e ne aveva scritto pure un libro. Le colpe dei figli, si sa, non possono ricadere sui padri. E quelle dei ladri sulle proprie, se sono riconosciuti “diversamente ladri”.
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Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Un piano B per il Festival della Rai. In attesa di conoscere nei dettagli la delibera con cui il Comune di Sanremo ha deciso di disegnare il bando per una gara con cui assegnare la realizzazione del festival, la Rai si è messa al lavoro per approntare un'ipotesi alternativa che parte dalla conseguenza più logica: immaginare l'organizzazione in un'altra città di un festival che avrà necessariamente alcune caratteristiche diverse. A partire dal nome: non più Festival della Canzone Italiana, che è la denominazione legata al festival di Sanremo e quindi a possibili contese di copyright, ma un titolo alternativo che potrebbe essere Festival della Musica Italiana o qualcosa di simile. L'evento sarebbe in ogni caso, visto che la Rai è membro Ebu, il festival che eleggerebbe il rappresentante italiano all'Eurovision Song Contest.
Per la location si è già parlato insistentemente di Torino in questi mesi ma - a quanto apprende l'Adnkronos - non è stata presa ancora alcuna decisione al riguardo. Torino viene citata al momento come esempio solo perché nel capoluogo piemontese la Rai ha organizzato un'edizione dell'Eurovision Song Contest nel 2022 particolarmente riuscita tanto da ottenere il plauso dell'Ebu. La scelta della città, oltre che alla presenza di strutture adeguate ad ospitare un simile evento, dipenderà anche dalla qualità dell'eventuale accordo con l'amministrazione comunale. La Rai, naturalmente, punterà ad una convenzione lunga e inattaccabile, che metta cioè al riparo da quanto accaduto con Sanremo.
Intanto, il servizio pubblico aspetta anche di leggere nella sua interezza la delibera con cui il Comune istituisce il bando di gara. Una delibera che, alla lettura delle anticipazioni, ha piuttosto irritato la Rai, sia per la richiesta di un cospicuo aumento della richiesta economica (la base d'asta sarebbe di 6,5 milioni l'anno, contro gli attuali 5 previsti dall'ultima convenzione), sia per l'inserimento della richiesta vincolante di realizzare ben altri 4 programmi tv in onda dalla città dei fiori. Il Comune, dal canto suo, ha fatto sapere che la delibera è il frutto di una riflessione sulle tempistiche per l'organizzazione di un evento che richiede tempi lunghi di preparazione. Non sarebbero invece molte le speranze riposte nell'esito del ricorso in appello al Consiglio di Stato, dopo la decisione del Tar della Liguria che a dicembre ha dichiarato illegittimo l'affidamento diretto (senza gara) alla Rai dell'organizzazione del Festival della Canzone Italiana. Ricorso che verrà dibattuto nel merito il 22 maggio prossimo.
Ma su Sanremo, si sa, in Rai si comincia a lavorare all'edizione successiva il giorno dopo la finale di ogni anno. E la prima opzione dell'azienda resterebbe comunque il festival a Sanremo se potessero ripetersi le condizioni degli ultimi anni. Quel che è certo è che il servizio pubblico non può rinunciare a quello che è l'evento dell'anno per l'intrattenimento televisivo: una kermesse che illumina ben più di una settimana di programmazione e che ha totalizzato nell'ultima edizione oltre 65 milioni di raccolta pubblicitaria, con un trend continuamente in crescita negli ultimi 6 anni. Quindi a Sanremo o altrove, questo festival s'ha da fare. (di Antonella Nesi)
Napoli , 6 mar. - (Adnkronos) - Max blitz antidroga dei carabinieri tra Napoli e Salerno: smantellate 15 piazze di spaccio e indagato a piede per favoreggiamento anche un sacerdote. I militari del Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata hanno eseguito un'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, emessa dal gip del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura oplontina, nei confronti di 51 soggetti (dei quali 15 in carcere, 17 agli arresti domiciliari e 19 sottoposti all'obbligo di presentazione alla p.g.) gravemente indiziati dei reati di detenzione illecita e spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina. Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti di 48 indagati, mentre dei restanti tre, due sono attualmente all'estero e il terzo è tuttora attivamente ricercato. Tra questi anche il tiktoker Antonio Gemignani, noto come Papusciello.
Avvalendosi di corrieri della droga provenienti da Napoli e Roma - si legge in una nota a firma del procuratore Nunzio Fragliasso - gli indagati avrebbero posto in essere un giro di affari di circa otto milioni di euro, con oltre 500.000 euro in contanti sequestrati dagli inquirenti nel corso delle indagini. Le investigazioni, condotte attraverso una poderosa attività di intercettazione telefonica e ambientale, che si è protratta per diversi mesi, hanno consentito di documentare e ricostruire le dinamiche relative alla gestione dell'attività di spaccio in ben 15 piazze di diverse città, in provincia di Napoli e di Salerno, nonché di recuperare e sequestrare complessivamente 19 chilogrammi di cocaina. Dalle indagini è emerso che alcuni indagati si servivano delle abitazioni di soggetti incensurati e anziani per occultare ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, mentre altri sfruttavano la presenza di neonati per eludere eventuali controlli.
E tra gli indagati figura anche un sacerdote di Torre Annunziata. Inoltre, una donna è stata ripresa durante lo spaccio di droga con un neonato in braccio. L'approvvigionamento delle varie piazze di spaccio avveniva mediante il ricorso a fidati corrieri che, a tal fine, utilizzavano autovetture dotate di scomparti segreti in cui lo stupefacente veniva abilmente occultato. Nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno operato sette arresti in flagranza di reato, individuando anche soggetti in possesso di armi detenute illegalmente.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Domani, venerdì 7 marzo, dalle ore 15 alle ore 17, presso ExtraLibera, Via Stamira 5, a Roma, si terrà l’assemblea dei soggetti che fanno parte del comitato promotore del Referendum cittadinanza. Interverranno, tra gli altri, Emma Bonino, Riccardo Magi, Elly Schlein, Angelo Bonelli, Deepika Salhan, Sonny Olumati, Francesca Druetti, Antonella Soldo, Katia Scannavini, Pippo Civati, Paolo Bonetti, Natale Di Cola, Ileana Bello, Walter Massa e molti altri.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso oggi di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento. Pertanto, i tassi di interesse sui depositi presso la Bce, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2,50%, al 2,65% e al 2,90%, con effetto dal 12 marzo 2025. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso dall’Eurotower.
Il consiglio direttivo “è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine” soprattutto “nelle attuali condizioni caratterizzate da crescente incertezza, definirà l’orientamento di politica monetaria adeguato seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione”, viene evidenziato nella nota.
L’approccio della Banca centrale continuerà ad essere basato sui dati e a procedere ‘riunione per riunione’, ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, nel corso della conferenza stampa a Francoforte. In particolare, le decisioni del Consiglio direttivo in materia di tassi di interesse “si baseranno sulla valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei dati economici e finanziari in arrivo, della dinamica dell'inflazione sottostante e della forza della trasmissione della politica monetaria. Il Consiglio direttivo non si impegna a seguire un particolare percorso dei tassi”, ha sottolineato Lagarde, per la quale "i rischi per la crescita economica rimangono orientati verso il basso”.
“Un'escalation delle tensioni commerciali ridurrebbe la crescita dell’eurozona, frenando le esportazioni e indebolendo l'economia globale” e “il perdurare dell'incertezza sulle politiche commerciali globali potrebbe trascinare al ribasso gli investimenti”. Allo stesso modo “le tensioni geopolitiche, come la guerra ingiustificata della Russia contro l'Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente, rimangono un'importante fonte di incertezza. La crescita potrebbe diminuire se gli effetti ritardati dell'inasprimento della politica monetaria durassero più a lungo del previsto”.
La crescita dell’eurozona “potrebbe essere più elevata se le condizioni di finanziamento più facili e il calo dell'inflazione consentiranno una ripresa più rapida dei consumi e degli investimenti interni. Anche un aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture potrebbe contribuire alla crescita”, ha detto ancora la presidente della Bce.
Infine Lagarde spiega che "l'incertezza è aumentata e probabilmente peserà sugli investimenti e sulle esportazioni più di quanto previsto in precedenza”. La crescita “dovrebbe essere sostenuta dall'aumento dei redditi e dalla riduzione dei costi di finanziamento” e secondo le proiezioni dei tecnici “anche le esportazioni dovrebbero essere sostenute dall'aumento della domanda globale, a patto che le tensioni commerciali non si intensifichino ulteriormente”.
Le decisioni della Bce sui tassi di interesse quindi continueranno ad essere basate “sulla valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
L'inflazione complessiva, indicano gli esperti, ora "si collocherebbe in media al 2,3% nel 2025, all’1,9% nel 2026 e al 2,0% nel 2027. La revisione al rialzo dell’inflazione complessiva per il 2025 riflette la più vigorosa dinamica dei prezzi dell’energia”. “L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,2% nel 2025, al 2,0% nel 2026 e all’1,9% nel 2027”. Le misure dell’inflazione di fondo “suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% a medio termine. L’inflazione interna resta elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando al passato incremento dell’inflazione con considerevole ritardo. La crescita delle retribuzioni si sta però moderando secondo le attese e i profitti ne stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione”, evidenzia Francoforte. Tuttavia, “il processo disinflazionistico è ben avviato. L’andamento dell’inflazione ha continuato a rispecchiare pressoché le attese dei nostri esperti e le ultime proiezioni sono strettamente in linea con le prospettive di inflazione precedenti”.
“La politica monetaria diviene sensibilmente meno restrittiva, poiché le riduzioni dei tassi di interesse rendono meno onerosi i nuovi prestiti a imprese e famiglie e il credito accelera”, si legge nella nota diffusa dalla Bce al termine del consiglio direttivo. “Al tempo stesso – sottolinea però l’Eurotower – l’allentamento delle condizioni di finanziamento è contrastato dai passati rialzi dei tassi di interesse che si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere, e il volume dei prestiti resta nel complesso contenuto”.
La Bce rende inoltre noto che l’economia fronteggia perduranti difficoltà e i nostri esperti hanno nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita: allo 0,9% per il 2025, all’1,2% per il 2026 e all’1,3% per il 2027.
Le revisioni al ribasso per il 2025 e il 2026, sottolinea l'Eurotower, "riflettono la diminuzione delle esportazioni e la continua debolezza degli investimenti, in parte a seguito dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali e su quelle economiche più in generale. L’aumento dei redditi reali e il graduale venir meno degli effetti dei rialzi passati dei tassi di interesse restano le principali determinanti alla base dell’atteso incremento della domanda nel corso del tempo".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "C'è bisogno di un'Europa più coraggiosa, più forte e più giusta. Per questo è necessario andare avanti sulla strada del rafforzamento dell'Unione europea e della sua capacità di iniziativa politica". Così Pierfrancesco Majorino, componente della segreteria nazionale Pd.
"In questo quadro il vertice odierno del Pse ha visto in campo le proposte del Partito Democratico. Il contributo di Elly Schlein è stato essenziale e ha inevitabilmente messo in luce anche le contraddizioni del piano di Ursula von der Leyen. Un piano che ad oggi non porta alla difesa comune, ma al semplice riarmo generalizzato dei singoli Stati nazionali e a inevitabili tagli di voci che vanno invece assolutamente potenziate. Penso a coesione sociale e welfare".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Innovazione protagonista nella serata di ieri a Key - The Energy Transition Expo, nella seconda edizione del Premio 'Lorenzo Cagnoni', che è stato consegnato agli espositori per i sette progetti più innovativi presentati in fiera, uno per ogni settore merceologico della manifestazione, e alle tre Start-up dell’Innovation District dal più alto potenziale innovativo.
A premiare gli espositori, Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, Alessandra Astolfi, Global Exhibition Director della divisione Green&Technolgy di Ieg, Christian Previati, Exhibition Manager di Key, Francesco Naso, segretario generale Motus-E e Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys.
Le aziende premiate sono state: Horay Solar Co., Ltd, Italian Wind Technologies, Energy Dome, Rina, Renovis, Camel Energy GmbH e Alperia. Le tre Start-up che hanno ricevuto il riconoscimento sono state: Trailslight, Reefilla e Sizable Energy.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Innovazione protagonista nella serata di ieri a Key - The Energy Transition Expo, nella seconda edizione del Premio 'Lorenzo Cagnoni', che è stato consegnato agli espositori per i sette progetti più innovativi presentati in fiera, uno per ogni settore merceologico della manifestazione, e alle tre Start-up dell’Innovation District dal più alto potenziale innovativo.
A premiare gli espositori, Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, Alessandra Astolfi, Global Exhibition Director della divisione Green&Technolgy di Ieg, Christian Previati, Exhibition Manager di Key, Francesco Naso, segretario generale Motus-E e Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys.
Le aziende premiate sono state: Horay Solar Co., Ltd, Italian Wind Technologies, Energy Dome, Rina, Renovis, Camel Energy GmbH e Alperia. Le tre Start-up che hanno ricevuto il riconoscimento sono state: Trailslight, Reefilla e Sizable Energy.