Errata corrige dell’Ocse sul cuneo fiscale italiano. Cioè il prelievo in busta paga che riduce di una corposa fetta lo stipendio lordo di ogni lavoratore dipendente. L’organizzazione parigina, dopo un articolo del Messaggero che lo scorso giugno aveva segnalato imprecisioni nel metodo di calcolo adottato, ha ammesso l’errore e rivisto al ribasso al 47,9% l’incidenza delle tasse per un lavoratore medio senza carichi famigliari, che nel rapporto Taxing wages relativo al 2015 era invece data a quota 49%.
Il fatto è che l’Ocse, per fotografare la situazione italiana, aveva preso in considerazione i dati relativi a un dipendente con un reddito lordo di 30.710 euro (quindi senza diritto al bonus degli 80 euro) e residente a Roma. Soggetto quindi, oltre che all’Irpef, alle aliquote della Regione Lazio e del Campidoglio. Ma la Capitale impone ai cittadini un’addizionale dello 0,9%, la più alta d’Italia, mentre quella regionale è del 3,33% con l’eccezione però dei redditi sotto i 35mila euro che pagano solo l’1,73%. Un intrico di percentuali in cui l’organizzazione si è persa: ha applicato erroneamente l’aliquota massima anche se il suo “romano tipo” avrebbe dovuto in realtà versare di meno nelle casse dell’ente guidato da Nicola Zingaretti.
Il quotidiano romano ha notato l’errore, a causa del quale il cuneo fiscale italiano risultava salito di 1,2 punti tra 2013 e 2015 piazzando la Penisola al quarto posto tra i paesi Ocse dietro Belgio, Austria e Germania e a pari merito con l’Ungheria. Dopo la segnalazione al quartier generale dell’Ocse, che ha verificato i dati con il Tesoro, è arrivata la revisione: “Il sito sul rapporto Taxing wages è stato aggiornato con i dati corretti sull’Italia”, ha scritto l’organismo in un’email al Messaggero. Rivisto al ribasso anche il valore per le famiglie, che sempre per il 2015 cala dal 39,9 al 38,8 per cento.