Il 4 luglio gli arresti: 24 ordinanza di custodia cautelare per il solito pasticcio a metà tra tangenti e fisco. E come in ogni inchiesta che si rispetti erano emersi nomi eccellenti: Giuseppe Pizza, l’ex sottosegretario del governo Berlusconi che rivendica l’uso del simbolo della Dc, il fratello Raffaele, faccendiere con ufficio a due passi dal Parlamento e Antonio Marotta (nella foto) deputato del Nuovo Centrodestra in carica (che voleva limitare l’uso delle intercettazioni, ndr), più due funzionari dell’Agenzia delle Entrate.
A poco più di tre mesi arriva il giudizio immediato con l’inizio del processo il prossimo 19 gennaio davanti ai giudici della IX sezione panale del tribunale di Roma. Il gip Giuseppina Guglielmi ha rinviato a processo 11 persone accusate di associazione a delinquere per delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla corruzione. Tra gli imputati l’imprenditore Raffaele Pizza appunto, figura chiave dell’inchiesta e ritenuto dagli inquirenti l’anello di congiunzione tra il mondo imprenditoriale e quello degli enti pubblici. A giudizio anche il commercialista Alberto Orsini L’indagine era nata nel 2013 da una segnalazione di operazione sospetta da parte l’Uif della Banca di Italia. Il flusso finanziario illecito, calcolato dagli inquirenti, è di quasi 13 milioni di euro. Una movimentazione di danaro giustificati da centinaia di fatture false a scopo di evasione e utilizzata per costituire riserve occulte da destinare a finalità illecite.
Dalle carte dell’inchiesta Labirinto era emerso che Pizza aveva detto di aver “fatto assumere il fratello” del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, alle poste. Senza contare la girandola dei subappalti per spremere il maxi appalto del contact center Inps. In una delle intercettazioni tra i principali indagati gli uomini della Guardia di finanza avevano anche registrato la spartizione del denaro.