Che faccia fareste se, chiamato il 118, arrivasse un’ambulanza guidata da un giudice con la toga? E se il soccorso fosse fatto da magistrati incapaci di compiere una rianimazione? Una situazione simile sta accadendo in tutta Italia ma a parti invertite: infatti, dal primo settembre, nei tribunali ad affiancare giudici che emettono sentenze di omicidio e pm antimafia ci sono ex soccorritori, autisti e infermieri della Croce Rossa italiana. Tutto nasce da un’intesa tra i ministeri della Pubblica amministrazione e della Giustizia che prevede che il personale in esubero in enti in via di scioglimento (come le Province) o privatizzati come la Cri debba essere assorbito in altri enti pubblici. Così 359 lavoratori, tra cui ex rianimatori, autisti e cuochi, da settembre si ritrovano a maneggiare faldoni giudiziari “senza sapere neppure cosa voglia dire la sigla ‘gip’ (giudice per le indagini preliminari, ndr)”, racconta Mauro Tresoldi, ex soccorritore 48enne, da qualche settimana diventato cancelliere al Tribunale lombardo di Lodi.
Ex lavoratore Cri: “L’ultima volta che ho scritto? All’esame di terza media” – “L’ultima volta che ho scritto è stato nel 1973 all’esame di terza media”. Questa la risposta che è stata data da un ex lavoratore della Croce Rossa inquadrato come cancelliere a chi alla Corte d’appello di Napoli gli aveva chiesto di redigere un verbale. “Come questo lavoratore, in molti si trovano come pesci fuor d’acqua – racconta Clelia Delle Curti del direttivo del Comitato Lavoratori Giustizia – ovvero senza preparazione giuridica, magari in possesso del titolo di studio di licenza media ma inquadrati come assistenti giudiziari, cancellieri o funzionari”, ruoli dell’amministrazione giudiziaria che prevedono l’assistenza a un magistrato, per esempio, o la presenza agli sportelli per dare informazioni. “Peccato che non sappiamo come rispondere ai cittadini”, continua Damiano Petris, 44 anni, trasferito dalla sala operativa di Cri Lombardia alla Procura di Milano.
Tra i primi arrivi di settembre nelle aule di Tribunale di tutta Italia, due sottufficiali e un capitano della Cri al palazzo di giustizia del capoluogo lombardo e due ex soccorritori rispettivamente nei Tribunali di Forlì e Rimini, 11 nuove leve a Roma, tre a Busto Arsizio e 24 nelle aule di Napoli. Le loro storie sono le più disparate: dal cuoco da campo inquadrato come cancelliere a Verona all’infermiere diventato direttore amministrativo in una Procura laziale. “È umiliante”, dice con rabbia Roberto Bartolini, 48 anni, ex soccorritore ora tra le aule di un palazzo di giustizia dell’Emilia-Romagna. “Ho sempre lavorato sulle ambulanze: non capisco come posso essere d’aiuto in un’aula di Tribunale”.
“Non so neanche accendere i pc, avrei preferito andare a fare il muratore” – “Non so neppure accendere un computer: tutta la mia vita ho fatto il soccorritore, perché dovrei saperne di udienze, verbali e ricorsi? Piuttosto che stare qui a creare malcontento, avrei preferito andare a fare il muratore”. Quasi balbetta dal nervosismo Maurizio Galeppi nell’elencarmi i nomi delle procedure che ha sulla scrivania questa mattina. A 54 anni sperava di iniziare il conto alla rovescia per la pensione e invece dal primo settembre ogni giorno varca la soglia del Tribunale di Forlì, lasciandosi alle spalle 24 anni passati a fare l’autista soccorritore. Nel suo ufficio, seduti davanti a lui, una laureata in Giurisprudenza e un cancelliere con quasi trent’anni di lavoro. “Entrambi sono inquadrati come quarto livello mentre io sono stato inserito come quinto livello pur non capendo neppure di cosa parlano”. Nuovi colleghi senza preparazione giuridica, quindi, ma “con stipendi superiori ai dipendenti del ministero della Giustizia in servizio da venti o addirittura trent’anni”, precisa Delle Curti del Comitato Lavoratori Giustizia.
Comitato Lavoratori Giustizia: “Scavalcati da chi non ha alcuna competenza” – Perché neppure ai dipendenti dei Tribunali questa rivoluzione del personale è piaciuta. “La giustizia non è un gioco: ci sono infermieri inquadrati come direttori amministrativi, che per il nostro ordinamento professionale è la qualifica più alta, ovvero persone che non conoscono la procedura penale e civile ma che dovrebbero dirigere cancellerie penali e civili oppure provvedere a calcolare le pene per le esecuzioni delle sentenze – continua Delle Curti – Un’operazione pericolosa per il cittadino, perché ci potrebbero essere errori che si ripercuotono sulla macchina della giustizia”.
Una manovra che oltre a danneggiare i cittadini, “non ha rispetto dei dipendenti dei Tribunali – precisa l’ex soccorritore trasferito al Tribunale di Lodi – che da vent’anni aspettano una progressione di carriera e si vedono scavalcati dai novelli crocerossini senza competenze”. Inoltre, secondo la rappresentante sindacale Usb Cristiana Giani, questo passaggio dalle ambulanze alle aule dei Tribunali è stato fatto “senza che fosse prevista alcuna formazione per i dipendenti di Cri e di tutti gli altri enti che stanno subendo questo processo di mobilità”, tanto da lasciare gli ex soccorritori in balia della disponibilità dei nuovi colleghi. “Ho talmente paura di sbagliare che sulla soglia dei 50 anni ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Giurisprudenza – continua l’ex dipendente Cri – Non so come leggere una sentenza o capire le procedure da applicare affinché un detenuto sia scarcerato: mi sento un bambino a cui hanno dato in mano un compito da laureato”.