Creare i fondi neri per pagare le tangenti, corrompere i funzionari senza mazzette, farsi amici i politici finanziando le campagne elettorali. Tutti gesti che Piergiorgio Baita ha fatto e ha visto fare per anni durante la realizzazione del Mose, e che – dopo averli svelati ai magistrati – ora illustra ai lettori. Attraverso le pagine di “Corruzione”, scritto con la giornalista Serena Uccello e pubblicato da Einaudi, l’ingegnere a capo della Mantovani spa (una delle aziende del Consorzio Nuova Venezia) illustra i meccanismi del malaffare come farebbe un pentito di mafia. Poi, alla luce della sua pluriennale esperienza nel settore, sale in cattedra a insegnare come sconfiggere la corruzione.
La “confessione” di Baita è diversa da quella rilasciata ai pm veneziani. Il suo caso, lo scandalo del Mose, serve a spiegare come sia facile oliare il sistema in cui non vigono regole scritte, ma “impegni”, prassi consolidate. Ad esempio, “il Consorzio veniva remunerato dallo Stato con il dodici per cento di tutti gli stanziamenti destinati al Mose”, premette. La somma non serviva per progetti, collaudi, ma a pagare stipendi e “consulenza varie”, “qualcosa che non poteva avere alcun riscontro, qualcosa di immateriale”. Perché? Perché “spesso è più facile corrompere un funzionario pubblico assumendogli il figlio che allungandogli una mazzetta”.
Se non c’erano i soldi dello Stato bisognava procurarseli. Ecco allora che serve la creazione dei fondi neri per i quali erano previsti due canali. Il primo – continua a spiegare Baita – passava tramite l’acquisto da una società di sassi utili ai lavori, trasportati da una seconda società, ma fatturati da un’impresa canadese che si faceva pagare di più per poi versare la differenza su un conto svizzero dal quale, dopo lo scudo fiscale, il denaro veniva trasferito su un conto in Italia per essere prelevato e usato per pagare. Esaurito il filone del “sasso”, subentra la sanmarinese Bmc Broker di William Colombelli e le sue false fatturazioni: “Ufficialmente questa è una società di pubbliche relazioni, gestione dell’immagine e altre cose del genere. Mi viene spiegato che era anche in grado di retrocedere somme in nero, mestiere che faceva normalmente per tutto l’entourage politico del Pdl milanese”, ricorda Baita. Il sistema è spiegato chiaramente: la Bmc Broker fattura alla Mantovani servizi mai svolti, la società di Baita paga, Colombelli incassa in una banca di San Marino, ritira i contanti e li gira a Baita, che ha così ottenuto dei soldi per pagare tangenti senza lasciare tracce.
Pagare chi? I politici locali e nazionali, dall’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, all’ex ministro ed ex governatore veneto Giancarlo Galan, racconta l’ex manager. “I finanziamenti alla politica romana avevano una ragione ben specifica: la politica romana poteva, tramite il ministro, garantire questo flusso di finanziamenti”, spiega Baita. Quelli locali erano per “intervenire sulla catena delle autorizzazioni”. La faccenda non si esaurisce qui. “Il Consorzio ha sempre avuto un atteggiamento ecumenico verso le campagne elettorali, cioè pagava tutti”.
Ma “Corruzione” non è soltanto una cronaca dall’interno dello scandalo veneziano. Baita descrive anche i costi economici e sociali della corruzione: “Quello che voglio fare capire è che il corruttore non è un vero imprenditore. Lo ripeto come mea culpa a valle di quarant’anni di lavoro”. Da imprenditore la pone sul piano economico: “La vera perdita è il costo sociale, il costo etico”. Secondo l’ex tangentista questo costo misura lo spreco di risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate meglio, anche se finora “nel caso di nessuna grande indagine sulla corruzione, c’è stata una riduzione della spesa pubblica”. Ad esempio, sostiene, non è successo al Mose dopo il commissariamento dell’Anac: “Non è che se in giostra va Raffaele Cantone il cittadino risparmia”, dice commentando un verbale del Consorzio Nuova Venezia da cui si ricava che “non c’è più la corruzione, ma non si risparmia ugualmente una lira”. Per la verità, gli attuali commissari del Mose la pensano esattamente al contrario. Il rischio, ammonisce però Baita, è che il blocco dei cantieri possa avere conseguenze negative: “A Venezia, quando i lavori si sono fermati, si è fermato un ciclo economico, molti dei beneficiari del sistema Mose hanno cominciato a ricordare quasi con nostalgia il tempo in cui non era così, anche se quello era un tempo corrotto”.
Dal libro traspare un intento pedagogico: “Non cerco rivincite, non sono a caccia di nuovi ruoli, di nuovi panni”, mette in chiaro alla fine. “Se abbiamo sbagliato, noi dobbiamo dimostrare di aver imparato. E lasciare il segno di questa lezione”.
Giustizia & Impunità
“Corruzione”, il tangentista Baita racconta il Mose: “Oliare il sistema è facile”
Il libro dell'ex presidente di Mantovani spa, scritto con la giornalista Serena Uccello, svela i dettagli di uno dei maggiori sistemi corruttivi della storia italiana, quello legato all'opera miliardaria progettata per "salvare Venezia". “Spesso è più facile corrompere un funzionario pubblico assumendogli il figlio che allungandogli una mazzetta". Confessioni, già rese ai pm, che secondo l'autore possono diventare una "lezione"
Creare i fondi neri per pagare le tangenti, corrompere i funzionari senza mazzette, farsi amici i politici finanziando le campagne elettorali. Tutti gesti che Piergiorgio Baita ha fatto e ha visto fare per anni durante la realizzazione del Mose, e che – dopo averli svelati ai magistrati – ora illustra ai lettori. Attraverso le pagine di “Corruzione”, scritto con la giornalista Serena Uccello e pubblicato da Einaudi, l’ingegnere a capo della Mantovani spa (una delle aziende del Consorzio Nuova Venezia) illustra i meccanismi del malaffare come farebbe un pentito di mafia. Poi, alla luce della sua pluriennale esperienza nel settore, sale in cattedra a insegnare come sconfiggere la corruzione.
La “confessione” di Baita è diversa da quella rilasciata ai pm veneziani. Il suo caso, lo scandalo del Mose, serve a spiegare come sia facile oliare il sistema in cui non vigono regole scritte, ma “impegni”, prassi consolidate. Ad esempio, “il Consorzio veniva remunerato dallo Stato con il dodici per cento di tutti gli stanziamenti destinati al Mose”, premette. La somma non serviva per progetti, collaudi, ma a pagare stipendi e “consulenza varie”, “qualcosa che non poteva avere alcun riscontro, qualcosa di immateriale”. Perché? Perché “spesso è più facile corrompere un funzionario pubblico assumendogli il figlio che allungandogli una mazzetta”.
Se non c’erano i soldi dello Stato bisognava procurarseli. Ecco allora che serve la creazione dei fondi neri per i quali erano previsti due canali. Il primo – continua a spiegare Baita – passava tramite l’acquisto da una società di sassi utili ai lavori, trasportati da una seconda società, ma fatturati da un’impresa canadese che si faceva pagare di più per poi versare la differenza su un conto svizzero dal quale, dopo lo scudo fiscale, il denaro veniva trasferito su un conto in Italia per essere prelevato e usato per pagare. Esaurito il filone del “sasso”, subentra la sanmarinese Bmc Broker di William Colombelli e le sue false fatturazioni: “Ufficialmente questa è una società di pubbliche relazioni, gestione dell’immagine e altre cose del genere. Mi viene spiegato che era anche in grado di retrocedere somme in nero, mestiere che faceva normalmente per tutto l’entourage politico del Pdl milanese”, ricorda Baita. Il sistema è spiegato chiaramente: la Bmc Broker fattura alla Mantovani servizi mai svolti, la società di Baita paga, Colombelli incassa in una banca di San Marino, ritira i contanti e li gira a Baita, che ha così ottenuto dei soldi per pagare tangenti senza lasciare tracce.
Pagare chi? I politici locali e nazionali, dall’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, all’ex ministro ed ex governatore veneto Giancarlo Galan, racconta l’ex manager. “I finanziamenti alla politica romana avevano una ragione ben specifica: la politica romana poteva, tramite il ministro, garantire questo flusso di finanziamenti”, spiega Baita. Quelli locali erano per “intervenire sulla catena delle autorizzazioni”. La faccenda non si esaurisce qui. “Il Consorzio ha sempre avuto un atteggiamento ecumenico verso le campagne elettorali, cioè pagava tutti”.
Ma “Corruzione” non è soltanto una cronaca dall’interno dello scandalo veneziano. Baita descrive anche i costi economici e sociali della corruzione: “Quello che voglio fare capire è che il corruttore non è un vero imprenditore. Lo ripeto come mea culpa a valle di quarant’anni di lavoro”. Da imprenditore la pone sul piano economico: “La vera perdita è il costo sociale, il costo etico”. Secondo l’ex tangentista questo costo misura lo spreco di risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate meglio, anche se finora “nel caso di nessuna grande indagine sulla corruzione, c’è stata una riduzione della spesa pubblica”. Ad esempio, sostiene, non è successo al Mose dopo il commissariamento dell’Anac: “Non è che se in giostra va Raffaele Cantone il cittadino risparmia”, dice commentando un verbale del Consorzio Nuova Venezia da cui si ricava che “non c’è più la corruzione, ma non si risparmia ugualmente una lira”. Per la verità, gli attuali commissari del Mose la pensano esattamente al contrario. Il rischio, ammonisce però Baita, è che il blocco dei cantieri possa avere conseguenze negative: “A Venezia, quando i lavori si sono fermati, si è fermato un ciclo economico, molti dei beneficiari del sistema Mose hanno cominciato a ricordare quasi con nostalgia il tempo in cui non era così, anche se quello era un tempo corrotto”.
Dal libro traspare un intento pedagogico: “Non cerco rivincite, non sono a caccia di nuovi ruoli, di nuovi panni”, mette in chiaro alla fine. “Se abbiamo sbagliato, noi dobbiamo dimostrare di aver imparato. E lasciare il segno di questa lezione”.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.