Cultura

Perché imparare “il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna” è cosa buona e giusta

"Norvergian Wood" non è solo un (bel) romanzo di Haruki Murakami (che forse sta spaccando legna dal giorno dell'assegnazione del Nobel per la Letteratura). E' anche il titolo di una canzone dei Beatles, che c'entra col libro di Murakami. E poi è un libro di Lars Mytting che ha venduto cinquecentomila copie, è diventato un format di successo ripreso da Netflix, ha ispirato contest fotografici

di Claudia Rossi

In una redazione, ogni giorno, arrivano libri in cerca di recensore. Molti, ahinoi, non trovano quel che cercano, per mere ragioni di mancanza di spazio e a volte di tempo. Ora, di libri ne arrivano tanti ma non tutti hanno un titolo così inusuale da incuriosire alla prima occhiata. Qualche giorno fa è capitato che uno scritto riuscisse in questa impresa, al punto che attorno alla busta gialla appena aperta si è formato un capannello di interessati, sguardo trasognato e bocca semiaperta: tutti lì, a cercare di impossessarsi di quel testo profumato di nuovo, quasi fosse un capo d’abbigliamento al 70% di sconto in vendita durante il Black Friday. Trattasi di “Norvegian Wood, il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna“. Viene da chiedersi, a chi può mai interessare un libro con un titolo così? Ebbene, a tutti, pare. Anche perché, a leggere il comunicato stampa di accompagnamento, si scopre che il manuale in questione ha venduto più di cinquecentomila copie, ispirato un format della tv norvegese poi riproposto da Netflix, dato vita a contest fotografici ed è diventato popolarissimo sui social con l’hashtag #novergianwood. Che per altro è il titolo di un (bel) romanzo di Haruki Murakami (che forse sta spaccando legna dal giorno dell’assegnazione del Nobel per la Letteratura). Ed è anche il titolo di una canzone dei Beatles, che c’entra col libro di Murakami.

Ma qui non si tratta di echi lennoniani né di complicati anni universitari. Qui si tratta di legna. Esattamente, di imparare a tagliare, accatastare e a scaldarsi con la legna, il titolo mica mente“Riesco ancora a ricordare le sensazioni del giorno in cui mi resi conto che un fuoco a legna è ben più di una fonte di calore. Non era una gelida giornata d’inverno, anzi, era fine aprile. Avevo già montato da un pezzo gli pneumatici estivi sulla Volvo e ripulito gli sci dalla sciolina di Pasqua… Fu allora che arrivò un trattore con un rimorchio, che si fermò ed entrò in retromarcia nel vialetto dei vicini. Il motore aumentò i giri, il rimorchio d’inclinò e rovesciò nel cortile un enorme carico di betulla”: inizia così il manuale di Lars Mytting, con una mole di legna così grande “da lasciare una depressione nel terreno”. E con Ottar, il vicino chiuso in casa per tutto l’inverno a causa di una malattia ai polmoni, che si occupa accatastare la betulla. Ottar che lavora, Ottar che rinvigorisce, perché “ha l’impressione di fare qualcosa di significativo”.

Sentimentalismo quanto basta, aneddotica col giusto peso specifico, istruzioni che danno conto di quanto sia complicata una cosa apparentemente semplice, ironia ben dosata e in men che non si dica ci si ritrova a leggere di specie arboree, di sega ad arco, di accette e di pionieri della motosega. Uno dice, come possono mai interessarmi i vecchi metodi per abbattere un albero? Cioè, ora so che abbattere un albero tagliandolo a circa 80-100 cm dal suolo, badando a farlo restare parzialmente attaccato al ceppo per poi “sramarlo” funziona. Ma a che cosa potrà mai servirmi una nozione del genere? Eppure si va avanti, pagina dopo pagina: la strada è lunga, perché bisogna saperne anche di taglio e di essiccatura e di un mucchio di altre cose. Non ci si capacita di come leggere questo percorso, perché un punto d’arrivo c’è, possa essere così interessante. E tranquillizzante. Quasi ti sembra di sentirlo il crepitio del fuoco. Eppure sei in tram.

E poi “arriva, finalmente, la bella stagione fredda” ed è ora di accendere il fuoco. E’ il traguardo, il punto d’arrivo del manuale. Così, alle ultime pagine, t’accorgi che mentre leggevi di legna ti sei rilassato, hai immaginato posti rassicuranti, visto foto di gente che t’è parsa felice, imparato qualcosa che non metterai mai in pratica ma che, accidenti, sì che ti riguarda da vicino. Perché si tratta del fuoco, non si può fare senza. E allora chiudi il libro e vorresti avere un bosco a portata di mano anche solo per camminarci dentro, ma hai solo parco Ravizza. E così ti viene in mente Murakami, quello di ‘Tutti i figli di Dio danzano‘, con una frase che dice pressappoco così: “La forma del fuoco è libera. E siccome è libera chi la guarda può vederci qualunque cosa. Se lei guardando il fuoco prova una sensazione di pace, è perché la sensazione di pace che ha dentro ci si riflette”. Oppure perché conosce il metodo scandinavo.

 

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