Prima non avevano elementi per decidere, ora che li hanno, serviti su un piatto d’argento dal Presidente Grasso, non li vogliono. Arrivano a votare pur di non averli. Nella giunta per le autorizzazioni del Senato va avanti la pantomima sul caso Albertini-Robledo, con l’ex sindaco che pretende a tutti i costi l’immunità dal processo che lo chiama in causa per una vecchia storia di calunnie ai danni di del magistrato. Tanto vecchia che al tempo era sindaco, ma oggi – che è senatore – vuole godere a tutti i costi della protezione dello status parlamentare, al punto da ricattare apertamente il Pd: “Se la maggioranza non mi sostiene tolgo i miei voti”.
Il caso Albertini tiene banco da febbraio e fa scuola perché anticipa gli effetti della riforma del Senato che consentirà ai sindaci-senatori di godere dell’immunità per le opinioni espresse in qualità di amministratori. Nell’attesa, i senatori Pd gli fanno quadrato alimentando una telenovela che riserva colpi di scena ad ogni seduta. L’ultimo della serie è un vero capolavoro.
Il caso vuole che Albertini, nel frattempo, sia stato condannato in sede civile dal Tribunale di Brescia a risarcire Robledo con 35mila euro. Neppure questo, però, conta. La giunta a Palazzo Madama a trazione Pd resta allineata al diktat dell’ex sindaco e ancora una volta resiste in nome del patto non scritto. Le precedenti sedute erano terminate con un rimando della decisione in attesa di ulteriori elementi. A soccorrere gli indecisi è lo stesso Robledo che in vista della riunione di giunta del 19 ottobre invia alla Presidenza del Senato, che la trasmette in Giunta, la richiesta di rinvio a giudizio nell’ambito del procedimento penale, nonché la sentenza di condanna del Tribunale ordinario di Brescia pubblicata il 2 settembre 2016.
Il dispositivo della sentenza certifica in modo definitivo e ineludibile che i fatti oggetto della disputa giudiziaria risalgono a quanto Albertini vestiva i panni del primo cittadino. La giunta, dopo varie liti, vota per non acquisire quegli atti perché “irricevibili”. La motivazione, recita il verbale di seduta, è che “sono state fornite da un soggetto terzo” (Cucca, Pd) e dunque “non possono essere prese in considerazione”. A quel punto è il senatore Giarruso (M5S) a insistere per richiederla all’autorità giudiziaria. Si vota, risultato: “la Giunta respinge, a maggioranza. Il seguito dell’esame è quindi rinviato”. La maggioranza Pd in Senato è salva. Fino alla prossima puntata, stessa giunta, in onda da martedì.