L’Italia è pronta a cambiare la propria posizione riguardo alla risoluzione dell’Unesco sul riconoscimento dei luoghi santi di Gerusalemme, adottata il 18 ottobre scorso e al centro di numerose polemiche nelle scorse settimane. Nel testo infatti si definisce Israele potenza occupante e si utilizza solo la terminologia araba per definire posti simbolici come “il Monte del Tempio”. “Se ci verranno riproposte anche nel mese di aprile le stesse condizioni”, ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni rispondendo a un’interrogazione di Mariano Rabino (Scc-Maie) durante il question time alla Camera, “passeremo dal voto di astensione al voto contrario“. Il documento è stato presentato all’Unesco da Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan e sostenuto dall’Autorità palestinese, finalizzato a “tutelare il patrimonio culturale della Palestina e il carattere distintivo di Gerusalemme Est“. La delegazione diplomatica italiana nel merito si è astenuta, confermando una tradizione decennale della politica estera di Roma sul tema.
Gentiloni: “L’Unesco non sia cassa di risonanza di tensioni politiche” – L’astensione della delegazione italiana alla risoluzione dell’Unesco era stata commentata negativamente dal presidente del Consiglio Renzi, che aveva anche affermato di essere disposto a rompere l’unità europea su questo tema. “La risoluzione su Israele – ha spiegato il ministro – si ripropone due volte l’anno dal 2010 e dal 2014 contiene le formulazioni che negano le radici ebraiche del Monte del Tempio”. Bisogna “lavorare affinché l’Unesco faccia l’Unesco. Non c’è dubbio – ha detto Gentiloni – che si tratti di una delle organizzazioni Onu che ha un ruolo importante, soprattutto per noi che abbiamo molti siti patrimonio umanità. Ma non si può accettare l’idea che invece di concentrarsi sul patrimonio culturale diventi cassa di risonanza di tensioni politiche”.
Presidente comunità ebraiche: “Registriamo un deciso cambio di rotta” – Le parole del responsabile del dicastero della politica estera arrivano poche ore dopo l’incontro avvenuto questa mattina alla Farnesina tra il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, e lo stesso Gentiloni. “Un incontro positivo e costruttivo – ha commentato con un comunicato Di Segni -. Con grande apprezzamento, accolto le rassicurazioni e le indicazioni fornite dal ministro. Siamo certi che d’ora in poi in sede Unesco e nelle altre istituzioni internazionali i nostri rappresentanti faranno registrare un deciso cambio di rotta“. “In questi tempi di grave minaccia alla sicurezza e ai più fermi valori dell’integrazione europea e di radicamento del fondamentalismo islamico, come ha sottolineato il ministro, la politica estera deve svolgere la sua seria azione. L’Italia – ha aggiunto la presidente Ucei – ha tutte le potenzialità, oltre che il dovere, di essere un punto di riferimento credibile anche per le altre grandi nazioni d’Europa e del mondo”.
“Riconoscimento della Palestina? Utile alla pace” – Nell’intervento alla Camera, Gentiloni si è soffermato anche sulla questione del riconoscimento di uno Stato palestinese. Bisogna “tenere la carta del riconoscimento formale nel momento in cui sarà utile al processo di pace e non solo come atto simbolico”.
La “posizione italiana” è “chiara e coerente: insistere sulla necessità di portare avanti la soluzione di due stati, Israele e Palestina” e “continuiamo a collaborare in questo quadro con l’autorità palestinese e facciamo sentire la nostra voce come farà da sabato prossimo nella sua missione il presidente Mattarella“. La “prospettiva negoziale è in una situazione di stallo che produce elementi di grandissime difficoltà come il proliferare degli insediamenti, la violenza che condanniamo ‘senza se e senza ma’, ha poi aggiunto il ministro spiegando che “in questo contesto il riconoscimento formale dello stato palestinese deve essere un passo dentro questo percorso”.
Comitato dell’Unesco: approvata un’altra risoluzione su Gerusalemme – Il comitato ristretto per il Patrimonio universale dell’Unesco, di cui però l’Italia non fa parte, ha approvato oggi un’altra controversa risoluzione che ignora i legami ebraici con i luoghi santi situati in particolare a Gerusalemme est. Il testo è stato approvato con voto segreto fra i 21 membri del comitato: dieci hanno votato a favore, due contro, otto si sono astenuti e uno era assente. Gli attuali Paesi che compongono il comitato sono: Angola, Azerbaigian, Burkina Faso, Croazia, Cuba, Finlandia, Indonesia, Giamaica, Kazakistan, Kuwait, Libano, Perù, Filippine, Polonia, Portogallo, Corea del Sud, Tanzania, Tunisia, Turchia, Vietnam e Zimbabwe. I palestinesi hanno accolto favorevolmente il voto: “Contrariamente a quanto sostiene il governo israeliano, la risoluzione punta a riaffermare l’importanza di Gerusalemme per le tre religioni monoteiste e chiede il rispetto dello status quo nei luoghi religiosi”, ha affermato il segretario generale dell’Olp Saeb Erekat. Di avviso opposto è Benjamin Netanyahu. Il premier conservatore israeliano si dice pronto a richiamare in patria per consultazioni l’ambasciatore israeliano all’Unesco Carmel Shama Cohen. La mossa è stata decisa – hanno scritto i media anticipando una comunicazione formale di stasera da parte del premier – per protesta contro l’ultima risoluzione sulla Città Vecchia di Gerusalemme.