Altre diciotto scosse oltre la magnitudo 4 nelle ventiquattr’ore successive a quella principale. E un possibile abbassamento del suolo “fino a 70 centimetri”, come annuncia l’Ingv all’Ansa, ed è visibile osservando due scatti del monte Vettore apparsi sul sito geologi.it poche ore dopo il sisma. Terremoto e conseguenza di un evento che, dice Alessandro Amato, sismologo dell’Ingv, “ci ha sorpreso”. Una prima analisi dei dati da parte dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, tuttavia, lascia ben sperare perché non si tratterebbe del ‘risveglio’ di nuova faglia ma del distacco di un pezzo di quella già attivatasi a fine agosto. Uno scenario confortante sotto il profilo scientifico ma che non esclude la possibilità che esista ancora energia da liberare nel breve periodo. Tutta colpa dell’allontanamento della costa tirrenica da quella adriatica, fenomeno lento ma costante all’origine dei 70 giorni che hanno messo in ginocchio le terre al confine tra Lazio, Marche e Umbria.
Alessandro Amato, cosa sta succedendo lungo l’Appennino?
Bisogna partire da una causa remota. È in atto un processo geologico che dura da diverse centinaia di migliaia di anni: lo stiramento della crosta terrestre. L’Appennino si sta allargando, dall’Adriatico al Tirreno. Lo vediamo dal gps. Le due parti si allontanano a una velocità media di circa 5 millimetri ogni anno. Questo è il motore, gli effetti sono stati i terremoti degli ultimi due mesi, probabilmente legati alla rotazione della microplacca adriatica che spinge contro le Alpi e la parte meridionale di questa che ruota in senso antiorario. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, questa è la più accreditata.
Cosa è accaduto negli ultimi due mesi?
Il processo di deformazione è continuo. Facciamo un esempio: cinque millimetri all’anno comportano nell’arco di due secoli una deformazione di un metro. Le faglie, che sono un sistema ramificato e complesso tra la Calabria e la Pianura Padana, resistono a questo ‘stiramento’ perché hanno un loro attrito. Quando però l’allargamento ‘batte’ la resistenza, queste si spostano in pochi secondi dello spazio che non avevano coperto nei due secoli precedenti. Dalla lunghezza del pezzo di faglia che si sposta dipende la magnitudo del terremoto. Ad agosto e negli scorsi giorni parliamo di una faglia di circa 20 chilometri. In Irpinia nel 1980 e ad Avezzano all’inizio del ‘900 si mosse una faglia di circa 40 km generando terremoti di magnitudo 7.
Perché al confine tra Lazio, Umbria e Marche si sono avuti quattro sismi così forti in così poco tempo?
Il primo terremoto di magnitudo 6 ha provocato uno spostamento nell’ordine di al massimo un metro nella direzione sud-sud est e nord-nord ovest. Il sistema è stato seguito da tanti aftershock (sismi più piccoli nei giorni successivi, nda). Il movimento di questa faglia ha perturbato i pezzi di faglia attorno. È come se lo spostamento del 24 agosto avesse stuzzicato la faglia più vicina. Questa quindi si è probabilmente mossa prima di quanto avrebbe fatto.
Parliamo dei due sismi dello scorso mercoledì?
Sì, i due terremoti di magnitudo 5.4 e 5.9 possono essere spiegati così. Perché siano passati due mesi è un’incognita: queste attivazioni successive di faglia – e ne conosciamo tante, storicamente – hanno tempi variabili. Passiamo da minuti a giorni fino a mesi, come nel caso appenninico. Tutti immaginavamo a quel punto che l’energia accumulata dalla ‘causa remota’ di cui parlavamo all’inizio fosse stata scaricata completamente.
La terrà è però tornata a tremare il 30 ottobre, con una scossa più forte di tutte le altre. Perché?
Stiamo aspettando i dati dei satelliti, che saranno probabilmente decisivi perché ci permetteranno di vedere esattamente i movimenti orizzontali e verticali. Capiremo così dove inizia e dove finisce la rottura della faglia verificatasi domenica mattina. Certo è che siamo rimasti stupiti. Siamo già sicuri, infatti, che la rottura del 30 ottobre riprende in parte quella del 24 agosto – verificatasi tra Amatrice, Accumoli e Norcia – e quella di Norcia-Visso dei giorni precedenti. L’ultimo terremoto ha avuto origine in mezzo alle altre due e ha attivato una faglia di 20-25 km, quasi 30, che vanno da un po’ più a nord dell’epicentro fino a sud, verso Amatrice. Al momento la spiegazione più plausibile è che la parte di faglia che si è mossa il 24 agosto non fosse slittata completamente, continuando nelle scorse ore il suo smottamento. Il trattamento dei dati sismologici ci ha già permesso di capire che l’ultimo evento ha la stessa direzione delle altre faglie. E se non si tratta della stessa, parliamo comunque di una parallela.
Questo vuol dire che il movimento è concluso?
Non possiamo saperlo, perché non si può calcolare quanta energia è stata caricata durante il processo geologico di cui parlavamo all’inizio. Non conosciamo tutte le faglie che ci sono e quanta resistenza hanno agli sforzi né come interagiscono tra di loro. Le incognite da questo punto di vista sono ancora molte. Il fatto che il terremoto del 30 ottobre abbia ‘ricalcato’ parte delle due faglie già attive potrebbe non essere negativo. Se si fosse ‘svegliata’ un’altra faglia sarebbe stato più preoccupante. Questo non toglie che gli ultimi eventi possano aver provocato l’attivazione di un altro pezzo della stessa faglia o di una contigua.
Ambiente & Veleni
Terremoto, Ingv: “L’allontanamento della costa tirrenica da quella adriatica all’origine delle scosse da agosto a oggi”
Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia dopo il sisma di domenica: "Ci aspettiamo un abbassamento del suolo superiore ai 70 centimetri". Alessandro Amato spiega a ilfattoquotidiano.it cosa è accaduto negli ultimi 70 giorni
Altre diciotto scosse oltre la magnitudo 4 nelle ventiquattr’ore successive a quella principale. E un possibile abbassamento del suolo “fino a 70 centimetri”, come annuncia l’Ingv all’Ansa, ed è visibile osservando due scatti del monte Vettore apparsi sul sito geologi.it poche ore dopo il sisma. Terremoto e conseguenza di un evento che, dice Alessandro Amato, sismologo dell’Ingv, “ci ha sorpreso”. Una prima analisi dei dati da parte dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, tuttavia, lascia ben sperare perché non si tratterebbe del ‘risveglio’ di nuova faglia ma del distacco di un pezzo di quella già attivatasi a fine agosto. Uno scenario confortante sotto il profilo scientifico ma che non esclude la possibilità che esista ancora energia da liberare nel breve periodo. Tutta colpa dell’allontanamento della costa tirrenica da quella adriatica, fenomeno lento ma costante all’origine dei 70 giorni che hanno messo in ginocchio le terre al confine tra Lazio, Marche e Umbria.
Alessandro Amato, cosa sta succedendo lungo l’Appennino?
Bisogna partire da una causa remota. È in atto un processo geologico che dura da diverse centinaia di migliaia di anni: lo stiramento della crosta terrestre. L’Appennino si sta allargando, dall’Adriatico al Tirreno. Lo vediamo dal gps. Le due parti si allontanano a una velocità media di circa 5 millimetri ogni anno. Questo è il motore, gli effetti sono stati i terremoti degli ultimi due mesi, probabilmente legati alla rotazione della microplacca adriatica che spinge contro le Alpi e la parte meridionale di questa che ruota in senso antiorario. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, questa è la più accreditata.
Cosa è accaduto negli ultimi due mesi?
Il processo di deformazione è continuo. Facciamo un esempio: cinque millimetri all’anno comportano nell’arco di due secoli una deformazione di un metro. Le faglie, che sono un sistema ramificato e complesso tra la Calabria e la Pianura Padana, resistono a questo ‘stiramento’ perché hanno un loro attrito. Quando però l’allargamento ‘batte’ la resistenza, queste si spostano in pochi secondi dello spazio che non avevano coperto nei due secoli precedenti. Dalla lunghezza del pezzo di faglia che si sposta dipende la magnitudo del terremoto. Ad agosto e negli scorsi giorni parliamo di una faglia di circa 20 chilometri. In Irpinia nel 1980 e ad Avezzano all’inizio del ‘900 si mosse una faglia di circa 40 km generando terremoti di magnitudo 7.
Perché al confine tra Lazio, Umbria e Marche si sono avuti quattro sismi così forti in così poco tempo?
Il primo terremoto di magnitudo 6 ha provocato uno spostamento nell’ordine di al massimo un metro nella direzione sud-sud est e nord-nord ovest. Il sistema è stato seguito da tanti aftershock (sismi più piccoli nei giorni successivi, nda). Il movimento di questa faglia ha perturbato i pezzi di faglia attorno. È come se lo spostamento del 24 agosto avesse stuzzicato la faglia più vicina. Questa quindi si è probabilmente mossa prima di quanto avrebbe fatto.
Parliamo dei due sismi dello scorso mercoledì?
Sì, i due terremoti di magnitudo 5.4 e 5.9 possono essere spiegati così. Perché siano passati due mesi è un’incognita: queste attivazioni successive di faglia – e ne conosciamo tante, storicamente – hanno tempi variabili. Passiamo da minuti a giorni fino a mesi, come nel caso appenninico. Tutti immaginavamo a quel punto che l’energia accumulata dalla ‘causa remota’ di cui parlavamo all’inizio fosse stata scaricata completamente.
La terrà è però tornata a tremare il 30 ottobre, con una scossa più forte di tutte le altre. Perché?
Stiamo aspettando i dati dei satelliti, che saranno probabilmente decisivi perché ci permetteranno di vedere esattamente i movimenti orizzontali e verticali. Capiremo così dove inizia e dove finisce la rottura della faglia verificatasi domenica mattina. Certo è che siamo rimasti stupiti. Siamo già sicuri, infatti, che la rottura del 30 ottobre riprende in parte quella del 24 agosto – verificatasi tra Amatrice, Accumoli e Norcia – e quella di Norcia-Visso dei giorni precedenti. L’ultimo terremoto ha avuto origine in mezzo alle altre due e ha attivato una faglia di 20-25 km, quasi 30, che vanno da un po’ più a nord dell’epicentro fino a sud, verso Amatrice. Al momento la spiegazione più plausibile è che la parte di faglia che si è mossa il 24 agosto non fosse slittata completamente, continuando nelle scorse ore il suo smottamento. Il trattamento dei dati sismologici ci ha già permesso di capire che l’ultimo evento ha la stessa direzione delle altre faglie. E se non si tratta della stessa, parliamo comunque di una parallela.
Questo vuol dire che il movimento è concluso?
Non possiamo saperlo, perché non si può calcolare quanta energia è stata caricata durante il processo geologico di cui parlavamo all’inizio. Non conosciamo tutte le faglie che ci sono e quanta resistenza hanno agli sforzi né come interagiscono tra di loro. Le incognite da questo punto di vista sono ancora molte. Il fatto che il terremoto del 30 ottobre abbia ‘ricalcato’ parte delle due faglie già attive potrebbe non essere negativo. Se si fosse ‘svegliata’ un’altra faglia sarebbe stato più preoccupante. Questo non toglie che gli ultimi eventi possano aver provocato l’attivazione di un altro pezzo della stessa faglia o di una contigua.
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.