Il segnale che viene dal viaggio ecumenico di papa Francesco, appena concluso, non sta tanto nell’omaggio rivolto dal pontefice argentino al padre della Riforma protestante e nei programmi di cooperazione comune. Anche Benedetto XVI, durante il suo viaggio in Germania del 2011, aveva rievocato la sete di Dio di Lutero e già nel 1999 aveva firmato con la Chiesa evangelica un’importante documento sulla “Giustificazione”: concetto centrale nella teologia di Lutero.
L’orizzonte nuovo, che si apre dopo il pellegrinaggio di Francesco, deriva dall’aver aperto una breccia nel confine, che fin qui delimitava i rapporti fra le Chiese cristiane. Un limite rappresentato precisamente dal fatto che le loro relazioni, anche dialogiche, erano sempre improntate allo stile di rapporti tra entità distinte, ognuna chiusa nel recinto della propria storia.
Con un balzo in avanti Francesco rovescia questa impostazione. Con lui per la prima volta un pontefice romano considera le vicende della Riforma protestante come parte di una comune storia cristiana. Lutero, ha fatto capire recandosi a Lund per la celebrazione dei 500 anni della Riforma, è parte di una storia che cattolici e luterani devono sentire condivisa.
Già l’aver deciso di presenziare a una commemorazione dell’evento è stato il segnale di questo salto di qualità. Commemorare insieme significa festeggiare insieme, rendere grazie per i frutti che l’evento del 1517 ha prodotto. Il Papa ha usato poche parole, sottili, sufficienti a dare il segno della svolta.
La storia del protestantesimo, ha spiegato Francesco nell’intervista a Civiltà Cattolica prima di partire per la Svezia, ha qualcosa da insegnare alla Chiesa cattolica: “Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo. Riforma e Scrittura sono le due cose fondamentali che possiamo approfondire guardando alla tradizione luterana”. Ancora più esplicito è stato durante la preghiera ecumenica nella cattedrale luterana di Lund: “Con gratitudine riconosciamo che la Riforma ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”. Più netto ancora il riconoscimento nella Dichiarazione congiunta firmata con il presidente della Federazione luterana mondiale, vescovo Munib Yunan. Cattolici e luterani sono “profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma”. Parole che sono pietre miliari.
Di questa storia cristiana, che d’ora innanzi dovrà essere considerata “comune”, fa parte (al di là della richiesta di perdono per le ferite reciprocamente inflitte già preparata dal grande mea culpa voluto da Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000), fa parte un concetto tipicamente bergogliano: le guerre in nome della religione sono sempre combattute da “uomini di potere”.
Con questa idea-guida di una comune storia cristiana papa Bergoglio seppellisce dolcemente la grande pietra d’inciampo ad un autentico riavvicinamento delle Chiese cristiane rappresentata a suo tempo dal documento “Dominus Jesus” pubblicato nel 2000 dal Joseph Ratzinger, prefetto del Sant’Uffizio, con l’avallo di Giovanni Paolo II. Documento che degradava le altre Chiese cristiane a “comunità ecclesiali” e sanciva che l’unica Chiesa di Cristo “sussiste” nella Chiesa cattolica. Come dire che c’era una Chiesa di prima classe, la cattolica.
Nella visione del papa argentino simili elucubrazioni teologiche non trovano spazio. Se i cristiani sono una sola famiglia, con una sola storia, non esistono figli di rango maggiore degli altri.
Vale la pena notare che anche nei confronti del mondo ortodosso Francesco segue da anni questa strategia di condivisione. Più volte ha ricordato che la Chiesa cattolica ha da imparare dalle Chiese ortodosse in tema di “sinodalità”, cioè di metodo collegiale. E se nella sua enciclica ecologica “Laudato si’” egli cita più volte il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo è perché vuole sottolineare che anche il patriarca ecumenico ortodosso può essere “maestro” per i fedeli cattolici.
Certamente dopo il viaggio del pontefice in Svezia restano le differenze tra cattolici e protestanti in tema di ordine sacerdotale, eucaristia e sacerdozio femminile. Sicuramente nei prossimi anni sarà intensificato l’ecumenismo pratico del “servizio al mondo” come lo chiama Francesco, iniziative di carità e giustizia sociale. Ma tutto ormai è collocato in una dimensione diversa, che dovrà essere sviluppata. La visione di un cammino comune attraverso la storia. Cattolici, ortodossi, evangelici, ma anche pentecostali e altri movimenti cristiani visti come “tralci della stessa vite”, sorta dall’avvento di Cristo.
Per questo il presidente della Federazione luterana mondiale Yunan, riferendosi alla commemorazione congiunta con Francesco, ha potuto parlare di “moderno miracolo dello Spirito Santo”. Uno Spirito che “semina unità tra i seguaci di Gesù”.
In ultima analisi il 31 ottobre 2016 a Lund e Malmö costituisce un passo in avanti verso la realizzazione del traguardo che il teologo protestante Juergen Moltmann ha espresso nel suo colloquio con il cardinale Walter Kasper alla vigilia del viaggio papale. “Quel che io desidero – ha detto il grande pensatore di tradizione evangelica – è un concilio mondiale di tutte le Chiese cristiane”.
Marco Politi
Scrittore e vaticanista
Cronaca - 2 Novembre 2016
La strategia della condivisione del Papa: Lutero parte della comune storia cristiana
L’orizzonte nuovo, che si apre dopo il pellegrinaggio di Francesco, deriva dall’aver aperto una breccia nel confine, che fin qui delimitava i rapporti fra le Chiese cristiane. Un limite rappresentato precisamente dal fatto che le loro relazioni, anche dialogiche, erano sempre improntate allo stile di rapporti tra entità distinte, ognuna chiusa nel recinto della propria storia.
Con un balzo in avanti Francesco rovescia questa impostazione. Con lui per la prima volta un pontefice romano considera le vicende della Riforma protestante come parte di una comune storia cristiana. Lutero, ha fatto capire recandosi a Lund per la celebrazione dei 500 anni della Riforma, è parte di una storia che cattolici e luterani devono sentire condivisa.
Già l’aver deciso di presenziare a una commemorazione dell’evento è stato il segnale di questo salto di qualità. Commemorare insieme significa festeggiare insieme, rendere grazie per i frutti che l’evento del 1517 ha prodotto. Il Papa ha usato poche parole, sottili, sufficienti a dare il segno della svolta.
La storia del protestantesimo, ha spiegato Francesco nell’intervista a Civiltà Cattolica prima di partire per la Svezia, ha qualcosa da insegnare alla Chiesa cattolica: “Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo. Riforma e Scrittura sono le due cose fondamentali che possiamo approfondire guardando alla tradizione luterana”. Ancora più esplicito è stato durante la preghiera ecumenica nella cattedrale luterana di Lund: “Con gratitudine riconosciamo che la Riforma ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”. Più netto ancora il riconoscimento nella Dichiarazione congiunta firmata con il presidente della Federazione luterana mondiale, vescovo Munib Yunan. Cattolici e luterani sono “profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma”. Parole che sono pietre miliari.
Di questa storia cristiana, che d’ora innanzi dovrà essere considerata “comune”, fa parte (al di là della richiesta di perdono per le ferite reciprocamente inflitte già preparata dal grande mea culpa voluto da Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000), fa parte un concetto tipicamente bergogliano: le guerre in nome della religione sono sempre combattute da “uomini di potere”.
Con questa idea-guida di una comune storia cristiana papa Bergoglio seppellisce dolcemente la grande pietra d’inciampo ad un autentico riavvicinamento delle Chiese cristiane rappresentata a suo tempo dal documento “Dominus Jesus” pubblicato nel 2000 dal Joseph Ratzinger, prefetto del Sant’Uffizio, con l’avallo di Giovanni Paolo II. Documento che degradava le altre Chiese cristiane a “comunità ecclesiali” e sanciva che l’unica Chiesa di Cristo “sussiste” nella Chiesa cattolica. Come dire che c’era una Chiesa di prima classe, la cattolica.
Nella visione del papa argentino simili elucubrazioni teologiche non trovano spazio. Se i cristiani sono una sola famiglia, con una sola storia, non esistono figli di rango maggiore degli altri.
Vale la pena notare che anche nei confronti del mondo ortodosso Francesco segue da anni questa strategia di condivisione. Più volte ha ricordato che la Chiesa cattolica ha da imparare dalle Chiese ortodosse in tema di “sinodalità”, cioè di metodo collegiale. E se nella sua enciclica ecologica “Laudato si’” egli cita più volte il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo è perché vuole sottolineare che anche il patriarca ecumenico ortodosso può essere “maestro” per i fedeli cattolici.
Certamente dopo il viaggio del pontefice in Svezia restano le differenze tra cattolici e protestanti in tema di ordine sacerdotale, eucaristia e sacerdozio femminile. Sicuramente nei prossimi anni sarà intensificato l’ecumenismo pratico del “servizio al mondo” come lo chiama Francesco, iniziative di carità e giustizia sociale. Ma tutto ormai è collocato in una dimensione diversa, che dovrà essere sviluppata. La visione di un cammino comune attraverso la storia. Cattolici, ortodossi, evangelici, ma anche pentecostali e altri movimenti cristiani visti come “tralci della stessa vite”, sorta dall’avvento di Cristo.
Per questo il presidente della Federazione luterana mondiale Yunan, riferendosi alla commemorazione congiunta con Francesco, ha potuto parlare di “moderno miracolo dello Spirito Santo”. Uno Spirito che “semina unità tra i seguaci di Gesù”.
In ultima analisi il 31 ottobre 2016 a Lund e Malmö costituisce un passo in avanti verso la realizzazione del traguardo che il teologo protestante Juergen Moltmann ha espresso nel suo colloquio con il cardinale Walter Kasper alla vigilia del viaggio papale. “Quel che io desidero – ha detto il grande pensatore di tradizione evangelica – è un concilio mondiale di tutte le Chiese cristiane”.
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Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.