A poco più di un mese dal referendum costituzionale, mentre il governo prima ipotizza (Alfano) e poi smentisce (Renzi) l’ipotesi di rinviare il voto del 4 dicembre, c’è chi si chiede se sia la Corte costituzionale a poter congelare la consultazione. Questo perché in attesa del Tribunale civile di Milano, che deve decidere sul destino dei ricorsi presentati dall’ex presidente della Consulta Valerio Onida e da un pool di legali, molti ragionano sui possibili scenari. Se i ricorsi dovessero essere respinti ci sarebbe ancora spazio per un reclamo, ma se l’istanza dovesse essere accolta e la Consulta dichiararla ammissibile potrebbero essere i giudici a congelare il voto e quindi rinviarlo? Il Fattoquotidiano.it ha rivolto questa domanda a due docenti di Diritto costituzionale che si sono espressi in modo opposto sulla riforma e la risposta, con i dovuti distinguo in considerazione della delicatezza, è la stessa: “No”.
Roberto Bin, professore ordinario di Diritto costituzionale all’università di Ferrara, che sostiene le ragioni del Sì, dice: “L’eventuale decisione del giudice di investire la Corte costituzionale di una questione di legittimità sulla legge che disciplina il referendum, perché non garantirebbe l’omogeneità del quesito, non comporterebbe la necessità di rinviare lo svolgimento del referendum stesso. La Corte costituzionale – prosegue – è padrona di fissare la propria agenda di lavoro, e potrebbe anticipare la trattazione della questione. È già capitato, per esempio, nel 2006 quando l’associazione La rosa nel pugno sollevò conflitto di attribuzione contro le Camere che, modificando le norme sulla raccolta delle firme necessarie alla presentazione delle liste dei candidati alle elezioni politiche, avrebbero ostacolato la presentazione delle sue liste. Il ricorso, depositato il 7 febbraio, fu deciso in quindici giorni, con decisione depositata il 22 febbraio. I tempi tecnici per la pronuncia della Corte ci sono però solo se la Corte decidesse (come nel 2006) di liberarsi della questione senza entrare nel merito. Se invece la Corte ritenesse necessario affrontare il merito della questione – ragiona il costituzionalista – i tempi si allungherebbero superando la data del 4 dicembre. Ma la Corte non avrebbe alcun potere di rimandare la votazione: questo lo dovrebbe fare semmai il Governo, probabilmente ricorrendo a un decreto-legge di proroga dei tempi fissati tassativamente proprio dalla legge sul referendum. In teoria però il radicamento della questione davanti alla Corte costituzionale non inciderebbe in modo diretto sullo svolgimento del referendum, che potrebbe essere regolamento votato. Se poi la Corte decidesse di accogliere il ricorso e dichiarare illegittima la legge sulla cui base è stato scritto il quesito del referendum, il suo esito sarebbe ovviamente annullato”.