“Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico, diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per registrare le impronte digitali]”. Questa è la testimonianza di un ragazzo di 16 anni originario della regione sudanese del Darfur.
Quella che segue invece, è di un uomo di 27 anni: a Catania gli agenti di polizia l’hanno picchiato e sottoposto a scariche elettriche, poi lo hanno fatto spogliare e lo hanno colpito con una pinza dotata di tre estremità: “Ero su una sedia di alluminio, con un’apertura sulla seduta. Mi hanno bloccato spalle e gambe, poi mi hanno preso i testicoli con la pinza e hanno tirato per due volte. Non riesco a dire quanto è stato doloroso”.
Sulla base di questa e di altre 170 testimonianze di migranti e rifugiati raccolte nel corso di quattro distinte ricerche condotte quest’anno nel nostro paese, Amnesty International oggi ha pubblicato un rapporto nel quale denuncia come le pressioni dell’Unione europea affinché l’Italia usi la “mano dura” nei confronti dei rifugiati e dei migranti abbiano dato luogo a espulsioni illegali e a maltrattamenti che, in alcuni casi, possono equivalere a vere e proprie torture.
Il cosiddetto “approccio hotspot”, introdotto nel 2015 su raccomandazione della Commissione europea, prevede che l’Italia prenda le impronte digitali a tutti i nuovi arrivati. Per soddisfare la richiesta della Commissione, l’Italia ha adottato misure coercitive, soprattutto nei confronti di chi volendo chiedere asilo in altri paesi – magari perché lì ha già legami familiari – cerca di non prendere le impronte digitali dalle autorità italiane, per non rischiare di essere rimandato in Italia ai sensi del cosiddetto sistema di Dublino.
Amnesty International ha ricevuto denunce di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali. Su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte da Amnesty International, in 16 si parla di pestaggi.
Una donna di 25 anni proveniente dall’Eritrea ha riferito che un agente di polizia l’ha ripetutamente schiaffeggiata sul volto fino a quando non ha accettato di farsi prendere le impronte digitali. In alcuni casi, migranti e rifugiati hanno denunciato di essere stati colpiti con bastoni elettrici.
Intendiamoci: nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia è e resta professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali è stata presa senza incidenti. Ma la necessità di un riesame indipendente e complessivo delle prassi attualmente utilizzate, alla luce di queste ultime denunce, rimane intatta. Queste prassi, tra l’altro, affidano alle forze di polizia un ruolo che va oltre l’aspetto dell’ordine pubblico.
I nuovi arrivati in Italia devono essere esaminati tempestivamente al fine di separare i richiedenti asilo da coloro che sono considerati migranti irregolari. Ciò significa, peraltro, che persone spesso esauste e traumatizzate dal viaggio e senza accesso a informazioni adeguate o a consigli sulle procedure d’asilo, sono costrette a rispondere a domande che possono avere profonde implicazioni per il loro futuro.
Sulla base di interviste estremamente brevi, agenti di polizia che non hanno ricevuto una formazione adeguata sono chiamati a prendere a tutti gli effetti una decisione sui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte: anziché limitarsi a domandare se intendono chiedere asilo, devono chiedere ai nuovi arrivati di spiegare perché sono arrivati in Italia. E poiché lo status di rifugiato non è determinato dal motivo per cui una persona è arrivata in un paese ma dalla situazione cui andrebbe incontro in caso di rimpatrio, questo approccio è fondamentalmente difettoso.
Coloro che sono giudicati privi di un motivo per chiedere asilo ricevono un ordine di espulsione, incluso il rimpatrio forzato nel paese di origine, che può esporli a gravi violazioni dei diritti umani.
Sempre più incalzata dall’Unione europea, l’Italia sta cercando di aumentare il numero dei migranti rinviati nei paesi di origine, anche negoziando accordi di riammissione con paesi in cui vengono commesse sistematiche violazioni dei diritti umani. Uno di questi accordi è stato firmato nell’agosto 2016 tra le polizia di Italia e Sudan. Consente procedure d’identificazione sommarie che, in determinate circostanze, possono essere espletate persino in Sudan a espulsione avvenuta. Anche quando l’identificazione avviene in Italia, si tratta di una procedura talmente superficiale e così fortemente delegata alle autorità sudanesi da non poter determinare caso per caso se una persona sarà o meno a rischio di subire violazioni dei diritti umani al suo rientro in Sudan.
Il 24 agosto 2016, come denunciato all’epoca da ilfattoquotidiano.it, 40 cittadini sudanesi – tra cui persone provenienti dal Darfur – sono stati rinviati in aereo dall’Italia in Sudan. Da tempo Amnesty International chiede chiarimenti al ministro dell’Interno Angelino Alfano sulla gestione dell’approccio hotspot e sulle espulsioni ma finora non ha mai ricevuto risposta.
Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Diritti - 3 Novembre 2016
Migranti, ‘pestaggi negli hotspot ed espulsioni illegali’. Questa è l’accoglienza dell’Italia
“Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico, diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per registrare le impronte digitali]”. Questa è la testimonianza di un ragazzo di 16 anni originario della regione sudanese del Darfur.
Quella che segue invece, è di un uomo di 27 anni: a Catania gli agenti di polizia l’hanno picchiato e sottoposto a scariche elettriche, poi lo hanno fatto spogliare e lo hanno colpito con una pinza dotata di tre estremità: “Ero su una sedia di alluminio, con un’apertura sulla seduta. Mi hanno bloccato spalle e gambe, poi mi hanno preso i testicoli con la pinza e hanno tirato per due volte. Non riesco a dire quanto è stato doloroso”.
Sulla base di questa e di altre 170 testimonianze di migranti e rifugiati raccolte nel corso di quattro distinte ricerche condotte quest’anno nel nostro paese, Amnesty International oggi ha pubblicato un rapporto nel quale denuncia come le pressioni dell’Unione europea affinché l’Italia usi la “mano dura” nei confronti dei rifugiati e dei migranti abbiano dato luogo a espulsioni illegali e a maltrattamenti che, in alcuni casi, possono equivalere a vere e proprie torture.
Il cosiddetto “approccio hotspot”, introdotto nel 2015 su raccomandazione della Commissione europea, prevede che l’Italia prenda le impronte digitali a tutti i nuovi arrivati. Per soddisfare la richiesta della Commissione, l’Italia ha adottato misure coercitive, soprattutto nei confronti di chi volendo chiedere asilo in altri paesi – magari perché lì ha già legami familiari – cerca di non prendere le impronte digitali dalle autorità italiane, per non rischiare di essere rimandato in Italia ai sensi del cosiddetto sistema di Dublino.
Amnesty International ha ricevuto denunce di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali. Su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte da Amnesty International, in 16 si parla di pestaggi.
Una donna di 25 anni proveniente dall’Eritrea ha riferito che un agente di polizia l’ha ripetutamente schiaffeggiata sul volto fino a quando non ha accettato di farsi prendere le impronte digitali. In alcuni casi, migranti e rifugiati hanno denunciato di essere stati colpiti con bastoni elettrici.
Intendiamoci: nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia è e resta professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali è stata presa senza incidenti. Ma la necessità di un riesame indipendente e complessivo delle prassi attualmente utilizzate, alla luce di queste ultime denunce, rimane intatta. Queste prassi, tra l’altro, affidano alle forze di polizia un ruolo che va oltre l’aspetto dell’ordine pubblico.
I nuovi arrivati in Italia devono essere esaminati tempestivamente al fine di separare i richiedenti asilo da coloro che sono considerati migranti irregolari. Ciò significa, peraltro, che persone spesso esauste e traumatizzate dal viaggio e senza accesso a informazioni adeguate o a consigli sulle procedure d’asilo, sono costrette a rispondere a domande che possono avere profonde implicazioni per il loro futuro.
Sulla base di interviste estremamente brevi, agenti di polizia che non hanno ricevuto una formazione adeguata sono chiamati a prendere a tutti gli effetti una decisione sui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte: anziché limitarsi a domandare se intendono chiedere asilo, devono chiedere ai nuovi arrivati di spiegare perché sono arrivati in Italia. E poiché lo status di rifugiato non è determinato dal motivo per cui una persona è arrivata in un paese ma dalla situazione cui andrebbe incontro in caso di rimpatrio, questo approccio è fondamentalmente difettoso.
Coloro che sono giudicati privi di un motivo per chiedere asilo ricevono un ordine di espulsione, incluso il rimpatrio forzato nel paese di origine, che può esporli a gravi violazioni dei diritti umani.
Sempre più incalzata dall’Unione europea, l’Italia sta cercando di aumentare il numero dei migranti rinviati nei paesi di origine, anche negoziando accordi di riammissione con paesi in cui vengono commesse sistematiche violazioni dei diritti umani. Uno di questi accordi è stato firmato nell’agosto 2016 tra le polizia di Italia e Sudan. Consente procedure d’identificazione sommarie che, in determinate circostanze, possono essere espletate persino in Sudan a espulsione avvenuta. Anche quando l’identificazione avviene in Italia, si tratta di una procedura talmente superficiale e così fortemente delegata alle autorità sudanesi da non poter determinare caso per caso se una persona sarà o meno a rischio di subire violazioni dei diritti umani al suo rientro in Sudan.
Il 24 agosto 2016, come denunciato all’epoca da ilfattoquotidiano.it, 40 cittadini sudanesi – tra cui persone provenienti dal Darfur – sono stati rinviati in aereo dall’Italia in Sudan. Da tempo Amnesty International chiede chiarimenti al ministro dell’Interno Angelino Alfano sulla gestione dell’approccio hotspot e sulle espulsioni ma finora non ha mai ricevuto risposta.
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.