Le presunte bufale che circolano sulla riforma della Costituzione, selezionate dai renziani e smontate da Maria Elena Boschi e Matteo Richetti. L’operazione verità del Pd è andata in scena sul palco della settima edizione della Leopolda: sul megaschermo i volti dei gufi che diffondono notizie false, sul palco la ministra per le Riforme e il deputato promosso da poco a frontman per il Sì, in platea mezzo governo in versione casual. La prima giornata della kermesse renziana è stata dedicata a un processo di difesa dettagliato della riforma con un botta e risposta di quasi due ore tra domande e interventi. A fare la parte dei cattivi alcuni volti che per la narrazione storica del governo rappresentano “i cattivi”: il ritmo del dibattito è stato scandito da estratti video in cui comparivano tra gli altri il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, i deputati M5s Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, il professore Tommaso Montanari, il presidente della Puglia Michele Emiliano e l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema. Il messaggio è stato molto chiaro: quelle pronunciate dagli interlocutori sono tutte bufale. A sostenere i due presentatori, ben quattro costituzionalisti: Vassallo, Ceccanti, Pinelli e Clementi. “Di Battista parla ma senza sapere neanche di cosa, così come fa sempre”, ha detto il professore Pinelli interpellato dai conduttori. “Tutti lo stanno a sentire specialmente su certi canali. Anche Marco Travaglio tutte le sere dice un sacco di stupidaggini sull’articolo 70”. E la ministra ha replicato: “Ecco, ti sei meritato un editoriale sul Fatto”. Quando poi sul megaschermo è comparso il volto di D’Alema sono iniziati i fischi, subito bloccati dalla Boschi: “Noi non fischiamo nessuno. Con grande rispetto cerchiamo di dimostrare che non si può fare una riforma costituzionale in sei mesi, ma penso lo abbia già dimostrato lui negli anni”. Tra il pubblico a seguire i dibattiti c’era mezzo governo, dai ministri Poletti, Padoan e Gentiloni fino ai sottosegretari Ivan Scalfarotto e Teresa Bellanova e all’ex consigliere di Palazzo Chigi Andrea Guerra. Poi i volti “pop” a cui tanto tiene il presidente del Consiglio: dal conduttore di Pechino Express Costantino della Gherardesca all’imprenditore del cachmire Brunello Cucinelli. Senza dimenticare gli amministratori delle zone terremotate.
Nel comizio di Boschi e Richetti si sono toccati i punti più contestati della riforma: ad esempio la lunghezza dell’art.70 (“Troppo lungo? 5 minuti in più per leggerlo, 5 anni in meno per fare le leggi”, ha ribattuto la ministra), l’elezione dei nuovi senatori e il processo con cui è stata approvata la riforma. Matteo Renzi ha chiesto direttamente al pubblico in sala e a casa di mandare domande “cattive”: “Ciascuno di voi si senta parte in causa”, ha detto, “chi vota Sì e chi vota No e anche chi sta a casa tra gli indecisi o quelli che ci detestano”. Boschi è intervenuta direttamente per smentire quelle che per lei sono frasi “false”: “E così anche Travaglio è stato alla Leopolda…”, ha detto dopo aver trasmesso il video del direttore del Fatto quotidiano che parlava del cambiamento della procedura per i referendum popolari e dell’aumento del numero di firme necessarie per farne richiesta. “E’ falso”, ha detto la ministra. Ma l’intervento video è stato tagliato: Travaglio spiegava infatti che l’aumento è previsto per far abbassare il quorum.
Il cavallo di battaglia della Boschi è stata la “velocità“: con la riforma, ha detto, tutto sarà più rapido ed efficiente. E chissene se l’articolo 70 è molto lungo o poco comprensibile. “Noi prendiamo seriamente in considerazione le critiche: chi dice che resta il bicameralismo rispondiamo che resta per un’ipotesi molto limitata di leggi, il 3 per cento di quelle che si approvano in parlamento mentre per il 97 per cento la parola è alla Camera”. Insomma, ha detto: “Non ci vorranno più 464 giorni per la legge contro i reati della Pa e avremmo approvato in tempi molti più rapidi la legge sulle unioni civili e sul caporalato”.
La ministra ha poi replicato all’accusa che il Parlamento sia illegittimo perché eletto col Porcellum: “Parlamento di illegittimi? Non lo penso. Se qualcuno pensa di essere illegittimamente eletto, perché non si dimette?”. Per quanto riguarda l’elezione diretta dei componenti del futuro Senato, la Boschi ha detto che è sbagliato parlare di “senatori nominati”: “Qualunque legge elettorale approveremo in Parlamento per l’elezione dei futuri senatori“, ha detto, “non potrà non tener conto di quello che i cittadini sceglieranno nel momento i cui voteranno per i consiglieri regionali. Dovrete indicare quali consiglieri regionali vi rappresentano in Senato e noi dovremo tener conto di quello che i cittadini dicono”. Di fatto non è stato ancora stabilito come saranno eletti i futuri componenti di Palazzo Madama se passerà la riforma: Renzi davanti alla direzione Pd ha detto di voler partire dalla proposta Fornaro-Chiti che prevede l’elezione diretta, ma ancora l’iter non è partito in Parlamento (si aspetta appunto l’esito del referendum). Altro tema contro cui si è scagliata la Boschi è il fatto che la riforma sia stata approvata grazie all’uso della fiducia in Parlamento: “Lo posso dire perché metto io la fiducia in Parlamento e negli anni mi è stato tirato di tutto, dai crisantemi ai libri. Ho messo la fiducia sulle Unioni civili, sulla riforma costituzionale no”. Sulla questione dell’immunità ai nuovi senatori, si sono scaldati gli animi dei renziani: “I 5 stelle non rinunciano alle prerogative parlamentari quando offendono le nostre colleghe, più che votare no dicano che loro rinunciano alla loro immunità parlamentare”, ha detto la Boschi. E il professor Ceccanti ha attaccato: “L’unico Paese a togliere l’immunità è stata la Turchia di Erdogan. Quelle sono le derive autoritarie che ci spaventano”.
Poi l’accusa che più ha divertito la ministra: “La riforma è stata scritta da banchieri e speculatori“. E dopo le risatine, ha replicato: “La riforma raccoglie l’esperienza migliore di oltre 30 anni di dibattito tra esperti, opinionisti, politici e opinione pubblica. Poi, votando al referendum, la riforma la scrivono i cittadini, questo lavoro non vale niente se non ci impegniamo a far vincere il referendum”. La ministra ha quindi ricordato il percorso fatto in Aula: “Il testo è stato scritto in Parlamento che l’ha votata sei volte tra Camere e Senato in due anni di lavoro con 5600 votazioni. Gli esperti del governo Letta avevano proposto le stesse cose. Anche loro erano sotto dettatura di speculatori e banchieri?“.