Mentre in molti città Usa molte persone sono scese in piazza contro l’elezione di Donald Trump, c’è un’altra comunità in subbuglio. È la comunità trasversale degli scienziati. Il prossimo inquilino della Casa Bianca sembra suscitare sgomento, incredulità, paura in molti dei ricercatori che lavorano negli Stati Uniti dopo. I loro commenti a caldo, affidati per lo più ai social network, sono riportati sul sito della rivista Nature, che ha aperto perfino un sondaggio online per rilevare gli umori dei cervelli che hanno trovato casa negli Stati Uniti.

“Trump sarà il primo presidente anti-scientifico che avremo mai avuto: le conseguenze saranno molto, molto gravi”, è il commento fulminante di Michael Lubell, direttore degli affari pubblici della Società americana di fisica. Suona invece come una chiamata alle armi, la frase di Jennifer Zeitzer, direttrice delle relazioni legislative presso la Federazione delle società americane di biologia sperimentale, che afferma: “sarà di cruciale importanza che i ricercatori lottino per la scienza”.

I campi di battaglia saranno davvero molti, visto le controverse posizioni di Trump sulla ricerca: dai cambiamenti climatici, bollati come una bufala dei cinesi, alle politiche sull’immigrazione che rischiano di compromettere la mobilità dei cervelli, passando per i National Institutes of Health (Nih) per la ricerca biomedica, di cui il magnate ha detto di aver sentito “cose terribili”, e perfino la Nasa, ridicolizzata come una “agenzia logistica per le attività in orbita bassa”.

Non tutti i ricercatori, però, sono disposti a lottare, anzi: qualcuno pensa già a fare le valigie. “Come canadese che lavora in un ateneo statunitense, prenderò in considerazione la possibilità di tornare in Canada”, scrive su Twitter Murray Rudd, che si occupa di politiche ambientali alla Emory University di Atlanta.

Toni più catastrofici quelli di Maria Escudero Escribano, una ricercatrice che si occupa di energia sostenibile a Stanford, in California che definisce l’elezione di Trump “terrificante per la scienza, la ricerca, l’educazione e il futuro del pianeta: credo che per me sia giunto il momento di tornare in Europa”.

L’Associazione americana per l’avanzamento delle scienze (Aaas), la più grande società scientifica a livello mondiale, ha poi chiesto subito la nomina di un autorevole consigliere scientifico alla Casa Bianca e certezza dei finanziamenti destinati alla ricerca. Trump sarà chiamato ad affrontare grandi sfide a livello globale, come quelle su clima, salute ed energia: per questo “deve essere pronto a far avanzare la scienza, la tecnologia e l’educazione per guidare il progresso economico, l’innovazione e l’occupazione e per migliorare la vita delle persone”, afferma Rush Holt, a capo della Aaas.

Come prima mossa, il neopresidente eletto “dovrebbe nominare rapidamente un autorevole scienziato o ingegnere come consigliere scientifico, in modo da assicurare un contributo immediato per la scienza e la tecnologia”, spiega Holt, sostenendo che questa figura chiave dovrà essere integrata in una posizione di rilievo nel processo decisionale dell’amministrazione “non solo su temi palesemente legati alla scienza, come la risposta alle malattie infettive, ma su questioni che riguardano anche la diplomazia, la sicurezza informatica, l’agricoltura, l’industria manifatturiera più avanzata e le infrastrutture”. L’auspicio, continua Holt, è che nel frattempo anche il Congresso collabori, occupandosi dei finanziamenti per il governo per l’anno fiscale 2017 in modo da garantire l’aumento dei fondi federali destinati a ricerca e sviluppo, “benzina fondamentale per il motore dell’innovazione”. L’associazione Aaas ribadisce ancora una volta la sua piena disponibilità alla collaborazione con la nuova amministrazione, così come con i Repubblicani e i Democratici, per mettere la scienza e la tecnologia “al servizio della società”.

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