Forte calo delle assunzioni stabili rispetto allo stesso periodo del 2015, ulteriore incremento dell’uso dei voucher per pagare prestazioni occasionali, aumento dei licenziamenti. I dati Inps sui primi nove mesi del 2016 confermano tutte le tendenze in atto dall’inizio dell’anno, quando è scattata la riduzione degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato. Tra gennaio e settembre, in particolare, i datori di lavoro privati hanno firmato 4.314.000 assunzioni, il 7,7% in meno rispetto al 2015, ma i contratti stabili sono stati il 32% in meno rispetto a quelli attivati nello stesso periodo del 2015. Sono poi stati venduti 109,5 milioni di buoni lavoro da 10 euro, con un aumento del 34,6% rispetto all’anno prima, quando erano stati 81,3 milioni. Si tratta di fatto della nuova frontiera del precariato: 1,4 milioni di lavoratori con compensi medi annui che non arrivano a 500 euro.
L’Inps nel suo Osservatorio sul precariato rileva che, per quanto riguarda i tempi indeterminati, il saldo positivo per 47.455 unità è di oltre il 90% inferiore a quello dello stesso periodo del 2015 (519.690), quando era in vigore l’esonero contributivo previdenziale totale. Al contrario i contratti a tempo determinato attivati nei primi 9 mesi sono stati 2.751.000, in aumento sia sul 2015 (+3,4%) sia sul 2014 (+5,9%). Per i contratti in apprendistato si osserva una crescita, rispetto all’analogo periodo del 2015, del 20,8%. Gli stagionali invece registrano una riduzione del 7,3%.
Per quanto riguarda i licenziamenti, nei primi 9 mesi del 2016 sono cresciuti nel complesso del 4% rispetto allo stesso periodo del 2015, da 430.894 a 448.544, mentre sono aumentati del 28% quelli per motivi disciplinari (giusta causa e giustificato motivo). Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha spiegato però che il cambiamento che ha avuto maggiore effetto sull’aumento dei licenziamenti disciplinari è l’introduzione delle dimissioni on line. Questa normativa ha di fatto portato a una riduzione delle dimissioni volontarie (la procedura infatti è troppo complicata, soprattutto per gli stranieri) e un aumento dei licenziamenti disciplinari, meno costoso e più rapido per le aziende. “Le dimissioni on line hanno determinato una ricomposizione delle cause di cessazione. Una dinamica che ha coinvolto soprattutto lavoratori stranieri e con particolare intensità etnie ad alta imprenditorialità come quella cinese“, ha detto Boeri. Sempre alla voce dei contratti a tempo indeterminato, i licenziamenti per motivi oggettivi come la crisi aziendale sono ammontati a poco meno di 354mila in aumento del 6% sul 2015.
Stando a un focus dello stesso istituto previdenziale, comunque, nel 2016 scende la probabilità che un lavoratore a tempo indeterminato possa venire licenziato: la percentuale stimata su base annua infatti potrebbe passare a fine anno dal 7% del 2014 al 6%. Sui primi nove mesi dell’anno, infatti, in rapporto allo stesso periodo dell’anno scorso, il rischio di venire licenziati è passato dallo 0,38% al mese per il 2015 allo 0,36% al mese per il 2016. Una riduzione “significativa”, questa, secondo l’Inps, dovuta all’aumento dei posti di lavoro cresciuti, in termini di saldo tra cessazioni ed assunzioni, di quasi 500mila unità.