Non solo quelle ricopiate, ma in almeno un paio d’occasioni spunta l’ipotesi di falso integrale per le firme depositate dal Movimento 5 Stelle alle amministrative di Palermo del 2012. Due professionisti – un avvocato e un commercialista – convocati dalla Digos non hanno infatti riconosciuto la propria firma che però era inclusa nei moduli depositati dai grillini in municipio. Ma non solo. Perché i due professionisti non ricordano di aver mai firmato per sostenere la lista dei 5 Stelle alle amministrative.

“Non ricordo di avere firmato per le liste elettorali ma ricordo con certezza di avere firmato per il quesito sull’acqua pubblica”, dice il legale a Repubblica. Solo che il referendum sull’acqua pubblica risale al 2011, e cioè addirittura un anno prima rispetto alle elezioni comunali palermitane: quelle firme, quindi, non solo sarebbero state ricopiate ma non sarebbero mai state raccolte. Il dramma dell’ignoranza, come ha definito Beppe Grillo la vicenda, rischia quindi di ingigantirsi sempre di più.

La Digos sta continuando in questi giorni a convocare tutte le persone che figurano nei moduli depositati dai grillini nel 2012 per presentare la loro lista: sono parecchi quelli che messi di fronte alla loro firma si sono trovati costretti a disconoscerne la grafia. Tra lunedì e martedì, invece, il procuratore aggiunto Dino Petralia e la pm Claudia Ferrari cominceranno gli interrogatori delle persone indagate: in totale sarebbero otto tra deputati nazionali, regionali e attivisti.

Ieri sera Giorgio Ciaccio, uno dei due consiglieri regionali inserito tra gli indagati da indiscrezioni giornalistiche, ha deciso di autosospendersi dal Movimento. “A oggi non mi è stata notificata nessuna iscrizione nel registro degli indagati – dice – ma nel rispetto e nella tutela del progetto politico del Movimento 5 Stelle ho presentato la mia autosospensione”. Risale invece a due giorni fa il passo indietro di Claudia La Rocca, la deputata regionale che davanti ai pm si è autoaccusata della ricopiatura delle firme, raccontando nei dettagli quello che era successo nella notte del 4 aprile del 2012 nella sede del meet up palermitano.

“Io non voglio essere l’eroina – ha scritto oggi sulla sua pagina facebook – non voglio essere la protagonista, volevo solo mettere la parola fine ad una situazione che stava degenerando, tirando dentro tutto e tutti, e l’ho fatto nell’unico modo che conoscevo, la cosa che mio padre più apprezzava di me: dicendo la verità”. Restano al loro posto, almeno fino a questo momento, i deputati Claudia Mannino e Riccardo Nuti: la prima era stata accusata dall’attivista Vincenzo Pitragro di avere materialmente ricopiato le firme, il secondo, invece, è accusato di essere stato a conoscenza di tutta la vicenda sin dal primo momento. Ad infiammare i comunicati i deputati del Pd, però, è l’ipotesi delle firme raccolte per il referendum sull’acqua ma utilizzate per presentare la lista del M5s alle amministrative.

“A Palermo dal M5s sono state falsificate le firme di persone che non hanno sottoscritto le candidature per le elezioni comunali. E dicevano che erano solo copiate. Vergogna”, scrive su twitter la vicecapogruppo dem alla Camera Alessia Morani. “Non solo ma anche copiate da altri elenchi”, twitta la deputata, Laura Coccia, che poi aggiunge: “Grillo chiede ai responsabili di sospendersi, loro non lo fanno. Uno vale 2.0”.“Non facciamo sconti a nessuno, valutiamo chi sono gli indagati e chiederemo loro di auto sospendersi”, dice invece il deputato M5s Alessandro Di Battista alla fine di un comizio sul referendum a Messina. “Pensate – ha aggiunto – comunque se tutti avessero i comportamenti del M5s di fronte alle inchieste di mafia, non di fronte ad inchieste su delle firme ricopiate. Nonostante ciò, se è tutto vero, è stato un errore grande e grossolano per delle elezioni dove comunque nessuno del movimento è stato eletto. Applicheremo la fermezza e chiederemo loro di sospendersi“.

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