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La mafia uccide solo d’estate, la fiction. Finalmente la Rai si è svegliata

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Dico la verità: avevo un po’ di timori accingendomi a guardare in tv la versione seriale di La mafia uccide solo d’estate. Avevo amato moltissimo il film, un’opera davvero eccezionale per la sua capacità di costruire un racconto originale su un tema già trattato mille volte e spesso anche bene dal cinema italiano. Qualche settimana fa, poi, avevo visto il secondo film di Pif, In guerra per amore e , pur avendolo visto proprio a Palermo in una sala gremita da pubblico molto partecipe, insomma nelle condizioni migliori per farsi trascinare dall’entusiasmo, mi aveva lasciato un po’freddo. Intendiamoci: non certo un brutto film, anzi interessante con un finale travolgente, ma non all’altezza delle sorprese regalateci dal precedente.

D’altronde, si sa, la cosa più difficile per un regista dopo un esordio felice, è fare il secondo film. Troisi diceva che dopo il successo del suo primo film, Ricomincio da tre, sarebbe passato direttamente a fare il terzo. A parte gli scherzi, il timore che la serie televisiva fosse un doppione del film, un po’ inutile vista la ricchezza del modello c’era ma, per fortuna, si è rivelato assolutamente ingiustificato. A giudicare dai primi due episodi siamo di fronte a un prodotto di grande qualità. Il segreto della riuscita del non facile lavoro sta in una scelta di scrittura molto coerente.

Tutto è narrato all’insegna di una piacevole, intelligente esasperazione. Esagerati i personaggi (lo zio fimminaro per cui la mafia non esiste, la sorella catturata dall’impegno politico e sentimentale, Ciancimino di inaudita crudeltà), esagerate le situazioni pericolose in cui il ragazzino protagonista si caccia, esagerata la dolcezza di Boris Giuliano, esagerata la bellezza del paesaggio urbano palermitano. E’ lo sguardo “esagerato” del bambino, voce narrante. Ma il bello è che tutti questi elementi eccessivi, irrealistici, fantastici si inseriscono in un quadro storico ricostruito con precisione.

Non solo per quanto riguarda gli avvenimenti, i delitti mafiosi, ma anche nella ricostruzione dei contesti: la politica, la vita culturale – strepitosa la storia della circolazione di Porci con le ali, l’urbanistica. E la sorpresa più piacevole è che il rapporto tra due piani così diversi non è mai stridente: l’incredibile, il tono fantastico e bambinesco funzionano perfettamente, con un strizzata d’occhio autoironica, a fare da armonioso sostegno al discorso serio, documentato, storico sulla mafia. Quasi non ci credo. Lunedì Pif, martedì la scelta tra l’effervescenza di Mika e la fiction civile, mercoledì Schiavone: la Rai si è svegliata. Se anche Rai 3 si desse una mossa…

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