Se aumentasse dello 0,5% gli investimenti pubblici, l’Italia vedrebbe il proprio pil salire da un minimo dello 0,29 a un massimo dello 0,49% in un anno e fino al 2% nel lungo periodo. Numeri di tutto rispetto per un Paese che ha attraversato due anni di recessione e non vede un +1% dal 2010. E il tutto potrebbe avvenire senza far crescere il livello del debito/pil, perché la crescita del denominatore compenserebbe l’incremento del debito. A fare i conti sui possibili risultati di una politica fiscale espansiva – il contrario dell’austerità – è l’Ocse, nel suo World economic outlook pubblicato lunedì. Il secondo capitolo rapporto, che tra l’altro aumenta dallo 0,8 allo 0,9% la crescita attesa per la Penisola nel 2017, si intitola “Usare le leve fiscali per sfuggire dalla trappola della bassa crescita“.
Non si può parlare di svolta, visto che da almeno due anni l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico auspica che il risanamento dei conti sia più graduale per non deprimere l’economia. Ma lo studio, che stima nel dettaglio gli effetti di un aumento della spesa pubblica, è particolarmente rilevante perché arriva a meno di due settimane dall’apertura in materia della Commissione Ue, che in un documento ad hoc ha invitato i Paesi Ue ad adottare politiche fiscali più espansive. Dall’analisi, peraltro, emerge che paradossalmente, tra gli Stati dell’Unione, sarebbe la Germania – alfiere dell’austerity – quello che nel lungo periodo trarrebbe i maggiori vantaggi in termini di crescita da politiche più espansive.
La premessa è che l’attuale debolezza dei tassi di interesse ha garantito all’Italia, dal 2012 a oggi, risparmi per “oltre 15 miliardi, quasi l’1% del pil”, stima il rapporto. Nel frattempo gli investimenti pubblici “sono crollati in termini nominali del 30% dall’inizio della crisi, al 2,2% del pil, il tasso più basso degli ultimi 25 anni”. In un contesto simile, ha spiegato il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria, “i responsabili dell’azione pubblica hanno un’occasione unica per azionare in modo più forte le leve di bilancio per stimolare la crescita e ridurre le diseguaglianze, senza compromettere i livelli di indebitamento. Ci appelliamo a loro affinché lo facciano”. Una spesa pubblica mirata, stando ai calcoli degli analisti dell’organizzazione, “potrebbe servire da catalizzatore all’attività economica nel settore privato e aiutare l’economia mondiale ad uscire dalla trappola della crescita debole”. L’impatto sarebbe “ulteriormente amplificato se questa iniziativa fosse accoppiata a riforme strutturali e se l’azione fosse condotta collettivamente nei paesi”.
Lo studio dimostra infatti che l’impatto sulla crescita sarebbe ancora maggiore, fino allo 0,6% del pil, nel caso in cui tutti i 34 Paesi membri dell’Ocse adottassero in contemporanea politiche espansive, nella forma di “investimenti pubblici di alta qualità“. Non solo: in questo caso il rapporto debito/pil si ridurrebbe in tutti gli Stati di più rispetto a quanto avverrebbe nello scenario in cui ognuno fa da sé. Secondo lo studio, comunque, anche agendo da sola l’Italia potrebbe finanziare per più di cinque anni gli investimenti con deficit temporanei senza aumentare il debito/pil nel lungo periodo.
Le avvertenze, però, non mancano: per prima cosa il piano funzionerebbe meglio se i paesi mandassero in porto anche le necessarie riforme strutturali in grado di aumentare la produttività e l’output potenziale. Si tratta per esempio di ridurre gli adempimenti burocratici per fare impresa e accrescere la mobilità del lavoro. Con i “compiti fatti”, i guadagni per l”Italia aumenterebbero di un ulteriore 0,4-1,18% del pil. Ma l’Ocse aggiunge anche che Roma “può fare di più per rendere il sistema fiscale più equo ed efficace, innanzitutto tagliando i contributi sociali sui redditi bassi e spostando la tassazione su consumi e immobili“.
Le priorità su cui puntare per rilanciare gli investimenti “potrebbero includere un programma pluriennale di sicurezza anti-sismica e la promozione di un’economia a basse emissioni in linea con gli obiettivi di COP21. In aggiunta”, conclude l’analisi dell’Ocse, “andrebbe alzata la spesa per la scuola e le famiglie, che sono basse, per accrescere la produttività e ridurre la povertà“.