Sapevano di essere indagati dalla procura di Palermo ma hanno deciso di non autosospendersi, nonostante le richieste dei vertici fossero chiare. Poi davanti ai pm si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: una scelta comprensibile per un normale indagato, ma che entra in contrasto con il ruolo di deputato eletto dal Movimento 5 Stelle. Quindi a esplicita richiesta degli inquirenti hanno persino rifiutato di produrre un campione della propria calligrafia. E alla fine sono andati incontro a quella che sembrava la soluzione più scontata: la sospensione de imperio.
È questa la prima decisione presa dal neo eletto collegio dei probiviri del Movimento 5 Stelle. A 48 ore dalla nomina, i parlamentari Paola Carinelli, Nunzia Catalfo, Riccardo Fraccaro hanno ordinato il momentaneo allontanamento dal M5s di tre colleghi deputati e di un’attivista: si tratta di Riccardo Nuti, di Claudia Mannino, di Giulia Di Vita e di Samantha Busalacchi. Sono gli esponenti del Movimento 5 Stelle coinvolti nell’inchiesta sulle firme false depositate dai grillini alle comunali palermitane del 2012 che non si erano autosospesi dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia da parte della procura. “Chiediamo a tutti gli indagati nell’inchiesta di Palermo di sospendersi immediatamente dal Movimento 5 Stelle non appena verranno a conoscenza dell’indagine nei loro confronti a tutela dell’immagine del Movimento e di tutti i suoi iscritti”, era stata la richiesta di Beppe Grillo. E infatti Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio – i due consiglieri regionali che hanno collaborato con i pm – avevano subito fatto un passo indietro.
Fermi sulle loro posizioni sono rimasti invece Nuti, Mannino, Di Vita e Busalacchi: prima avevano spiegato di aspettare l’arrivo di garanzia, poi avevano continuato a professarsi innocenti senza fare nel frattempo neanche un minimo passo indietro. “È stato segnalato come comportamento lesivo il non aver raccolto l’appello del garante del Movimento 5 Stelle che aveva chiesto un’autosospensione a tutela dell’immagine del MoVimento non appena si fosse venuti a conoscenza di un’indagine a carico”, dicono quindi adesso i probiviri con una nota comparsa nella tarda serata di ieri sul blog di Grillo. Ma non solo. Perché mentre Di Vita attende ancora di essere interrogata in qualità di indagata – lo è già stata qualche settimana fa, ma solo come persona informata sui fatti – Busalacchi, Nuti e Mannino hanno già ricevuto l’avviso di comparizione da parte della procura.
Tra sabato e martedì, infatti, al secondo piano del palazzo di giustizia di Palermo sono andati in onda una serie di interrogatori lampo. Sia l’attivista che i due deputati si sono infatti avvalsi della facoltà di non rispondere. Ai tre è stato anche chiesto di sottoposti ad un “saggio grafico”. Gli inquirenti, infatti, stanno chiedendo a tutti gli indagati di scrivere su un foglio bianco una frase di fantasia: saranno poi i periti a stabilire se esistono somiglianze con la grafia delle firme depositate in municipio dal M5s. E mentre sabato mattina Busalacchi aveva accettato di rilasciare davanti ai pm un campione della sua scrittura, così non è stato lunedì: la chiusura di Nuti e Mannino è stata totale. E infatti adesso il tono dei probiviri è durissimo: “Per quanto riguarda Nuti, Mannino e Busalacchi – scrivono – sono stati segnalati inoltre come comportamenti non conformi ai principi del MoVimento l’avvalersi della facoltà di non rispondere di fronte ai Pm e il rifiuto di procurare un saggio grafico (come appreso dalle agenzie di stampa)”.
È per questo motivo che Carinelli, Catalfo e Fraccaro hanno ordinato “la sospensione cautelare dal Movimento 5 Stelle dei signori Mannino, Di Vita, Nuti, Busalacchi. Ogni valutazione definitiva sull’eventuale addebito disciplinare sarà effettuata nella piena cognizione di tutti i fatti rilevanti di cui al presente procedimento, anche all’esito delle valutazioni svolte dall’autorità giudiziaria e nel contraddittorio con gli interessati”.
Come dire: prima di assumere qualunque altra decisione – il reintegro o l’espulsione definitiva – bisognerà aspettare che l’inchiesta delle procura faccia il suo corso. Nel frattempo a Montecitorio Mannino, Di Vita e Nuti dovranno aggregarsi al gruppo Misto. Dovrà probabilmente ritirare la sua candidatura dalle comunarie di Palermo – e cioè le consultazioni online con le quali i grillini scelgono il loro candidato sindaco per le amministrative del 2017 – Samantha Busalacchi, ex collaboratrice del gruppo parlamentare M5s all’Assemblea regionale siciliana, allontanata la scorsa settimana dopo aver ricevuto l’avviso di comparizione dalla procura. Sempre nella loro nota, i probiviri del M5s spiegano di avere assunto la loro decisione dopo aver ritenuto che sussistono “le condizioni previste dall’art. 4 del regolamento” (quello che regola le sanzioni disciplinari per gli iscritti al M5s) e “considerato che il comportamento tenuto dal principio dai signori Mannino, Di Vita, Nuti e Busalacchi, è suscettibile di pregiudicare l’immagine del Movimento 5 Stelle”.
I tre deputati e l’attivista (più Pietro Salvino, marito della deputata Mannino) hanno finora tenuto la stessa condotta: non hanno risposto alle domande dei pm, non hanno fatto dichiarazioni pubbliche, non hanno spiegato le loro ragioni neanche ai giornalisti. Un comportamento che ha fatto attirato molteplici polemiche sul Movimento, non solo da parte degli altri partiti, ma provenienti anche dalla cosiddetta base. La condotta di Nuti, Busalacchi, Mannino e Di Vita, infatti, è radicalmente opposta rispetto a quella tenuta dai deputati regionali La Rocca e Ciaccio che si sono autosospesi per tempo, e hanno chiesto di loro spontanea volontà di parlare con i pm: stessa scelta operata dagli attivisti Giuseppe Ippolito e Stefano Paradiso, a loro volta indagati nell’inchiesta.
Davanti ai magistrati hanno dunque raccontato tutto quello che sapevano sulla notte del 4 aprile 2012, quando le firme, raccolte originariamente in moduli che contenevano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale, vennero ricopiate. La loro collaborazione – soprattutto quella di La Rocca – sembra aver di fatto “blindato” l’inchiesta della procura. E ai piani alti del Movimento – ma anche a quelli “bassi”, cioè quelli regionali – lo sanno. Viceversa sono stati soprattutto i silenzi di Nuti, ex capogruppo alla Camera, e Mannino, ad esporre il Movimento ad un fuoco incrociato di critiche.
D’altra parte si tratta pur sempre dei primi deputati nazionali che nella storia del M5s sono stati convocati da una procura in qualità di indagati: interrogati dai pm hanno scelto l’imbarazzante via del silenzio. Un diritto che rimane sacrosanto per ogni privato cittadino: e infatti saranno i magistrati ad accertare la verità giudiziaria di una vicenda che lo stesso Grillo ha bollato come “il dramma dell’ignoranza”. La questione politica, però, è un’altra cosa.