Le firme al momento non ci sono. L’accordo è però ai dettagli, perché conviene a tutti, compresa la famiglia Riva interessata ad ammorbidire la propria posizione nei procedimenti giudiziari. Di chiusura ufficiale della trattativa si parlerà comunque dopo il referendum. A pochi giorni dal voto Matteo Renzi ha bruciato le tappe, dopo le polemiche sui 50 milioni negati alla sanità tarantina da Palazzo Chigi: “Da Riva arriverà oltre un miliardo che servirà per l’Ilva, una compensazione”. Si parla di una cifra compresa tra 1,3 e 1,4 miliardi, ma alla fine potrebbe essere qualcosa in meno. Fatto sta che se il tavolo non salterà all’ultimo, i soldi rientreranno in Italia – probabilmente tra gennaio e febbraio – per attuare la parte portante dell’ambientalizzazione dell’Ilva. Ma li riceverà direttamente il governo, che ha inserito un emendamento nella legge di Bilancio specificando che i soldi confiscati serviranno per le bonifiche, o quel miliardo finirà all’azienda, che a breve potrebbe passare di mano, e quindi tutto sarà demandato agli acquirenti? Questo aspetto lo ha chiarito all’Ansa una fonte vicina al gruppo Riva: “I fondi verranno trasferiti a Ilva”. Di sicuro, quindi, non serviranno per fronteggiare l’emergenza sanitaria già in corso e per la quale il governo ha negato 50 milioni. I soldi sono per la fabbrica e i suoi futuri compratori, non per i danni provocati alla città.
Lo scenario: c’entrano anche i processi – Ma per comprendere a fondo l’accordo tra Riva, le società di Ilva e il governo bisogna allargare lo sguardo, arrivando alla vendita della fabbrica e soprattutto alla linea difensiva della famiglia Riva coinvolta in un procedimento a Milano per reati fiscali e nel processo Ambiente Svenduto, che di recente ha visto i pm tarantini appesantire la posizione del gruppo sotto la gestione degli ex re dell’acciaio. Il miliardo abbondante che dovrebbe permettere di chiudere la partita dell’ambientalizzazione è il tesoro nascosto in Svizzera dalla famiglia, brandito finora come uno scudo. Per quei soldi la procura di Milano aveva chiesto il sequestro, ma il tribunale di Bellinzona ha detto ‘no’ e il patrimonio sarebbe stato difficilmente aggredibile se non con un accordo tra le parti. A quello ha voluto puntare il governo, che ci aveva già provato con due decreti legge. Ora si è seduto al tavolo con i Riva per fare cassa e provare ad accelerare la partita ambientale: risanare la fabbrica attuando l’Autorizzazione integrata ambientale che manca ancora della parte portante (e più costosa). Come e in quanto tempo, è tutto da capire. Per il momento, al di là dell’annuncio a pochi giorni dal voto, l’accordo permette di dare garanzie ai futuri acquirenti, che si ritroverebbero i fondi per ammodernare l’impianto. Si capirà nei prossimi mesi se il siderurgico più grande d’Europa finirà nelle mani del gruppo Marcegaglia-ArcelorMittal oppure alla cordata Acciaitalia, di cui fanno parte da oggi anche gli indiani di Jindal, uno dei principali gruppi nel mondo dell’acciaio.
Da dove arrivano i soldi (e a cosa serviranno, forse) – Da qui la mossa: sbloccare quei soldi fermi da anni in Svizzera a causa dell’inchiesta che vede coinvolti i fratelli Adriano ed Emilio Riva, quest’ultimo scomparso anni fa, per reati fiscali. I pm avevano chiesto il sequestro di 1,2 miliardi ma, dopo l’autorizzazione arrivata da Zurigo, il tribunale di Bellinzona – su ricorso di due figlie dei Riva – aveva stoppato il rientro dei capitali perché non c’è ancora neanche una condanna di primo grado. Tuttavia dal momento in cui l’Ilva è stata commissariata dal governo, nel 2013, il tesoro elvetico è sempre stato inserito nelle varie leggi e decreti come la copertura per risanare il siderurgico. Soprattutto quel 20% delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale che manca secondo il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, la parte più costosa ma anche la più impattante sotto il profilo ambientale, in primis la copertura dei parchi minerali e ferrosi. Ma avverte Angelo Bonelli dei Verdi: “Il penultimo decreto Salva-Ilva prevede che la società acquirente possa cambiare il piano ambientale e proporlo al governo. Bisognerà vigilare su come quei soldi verranno spesi, se arriveranno”.
La vendita e la strategia dei Riva – Intanto il braccio di ferro tra lo Stato e i Riva potrebbe concludersi con un sostanziale pareggio. Perché se da un lato il miliardo potrebbe permettere in futuro di ridurre l’inquinamento derivante dai processi produttivi della fabbrica, presentando alle cordate interessate alla vendita un’azienda con in pancia i soldi per risanare, dall’altro potrebbero guadagnarci anche gli ex proprietari. Dal punto di vista giudiziario. Certamente a Milano. E poi a Taranto, dove Nicola e Fabio Riva devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. Su di loro grava anche la costituzione di circa mille parti civili tra privati, associazioni ed enti pubblici. Secondo la Reuters, in cambio del miliardo, Ilva, che in questo momento è dello Stato, “rinuncerà ad almeno due cause contro i Riva a Milano, del valore di oltre 2.5 miliardi”. Secondo la ricostruzione fatta dall’Agi – poi – nelle scorse settimane i vertici delle procure tarantina e milanese si sono incontrati nel capoluogo pugliese: “Pare che a fronte della richiesta dei legali di Riva di accedere al patteggiamento nel processo di Taranto – scrive l’agenzia – i magistrati abbiano parlato anche del rientro in Italia del miliardo e 200 milioni”. Uno scenario confermato anche da fonti vicine al gruppo Riva, secondo cui l’accordo “ha come oggetto le vicende giudiziarie di Taranto”. E’ bene sottolineare che recentemente i pm hanno alleggerito la posizione dell’Ilva commissariata, riformulando allo stesso tempo alcuni capi d’imputazione per la gestione Riva. Se tutto dovesse filare liscio, il miliardo sarebbe una sorta di compensazione che permetterebbe di evitare il peggior scenario possibile: condanna pesante e risarcimenti miliardari allo Stato.
Politica
Ilva, Renzi e l’accordo sui soldi in Svizzera: Fondi all’azienda per le bonifiche. I Riva sperano di uscire dai processi
Il premier, dopo le polemiche sui 50 milioni negati dal governo, ha annunciato che tornerà in Italia il tesoro della famiglia Riva custodito in Svizzera. Ma gli 1,3-1,4 miliardi saranno trasferiti al siderurgico, che a breve dovrebbe passare a una cordata di aziende private, e usati per le bonifiche e l'ambientalizzazione. Gli ex proprietari puntano a evitare condanne pesanti nei procedimenti che li vedono coinvolti
Le firme al momento non ci sono. L’accordo è però ai dettagli, perché conviene a tutti, compresa la famiglia Riva interessata ad ammorbidire la propria posizione nei procedimenti giudiziari. Di chiusura ufficiale della trattativa si parlerà comunque dopo il referendum. A pochi giorni dal voto Matteo Renzi ha bruciato le tappe, dopo le polemiche sui 50 milioni negati alla sanità tarantina da Palazzo Chigi: “Da Riva arriverà oltre un miliardo che servirà per l’Ilva, una compensazione”. Si parla di una cifra compresa tra 1,3 e 1,4 miliardi, ma alla fine potrebbe essere qualcosa in meno. Fatto sta che se il tavolo non salterà all’ultimo, i soldi rientreranno in Italia – probabilmente tra gennaio e febbraio – per attuare la parte portante dell’ambientalizzazione dell’Ilva. Ma li riceverà direttamente il governo, che ha inserito un emendamento nella legge di Bilancio specificando che i soldi confiscati serviranno per le bonifiche, o quel miliardo finirà all’azienda, che a breve potrebbe passare di mano, e quindi tutto sarà demandato agli acquirenti? Questo aspetto lo ha chiarito all’Ansa una fonte vicina al gruppo Riva: “I fondi verranno trasferiti a Ilva”. Di sicuro, quindi, non serviranno per fronteggiare l’emergenza sanitaria già in corso e per la quale il governo ha negato 50 milioni. I soldi sono per la fabbrica e i suoi futuri compratori, non per i danni provocati alla città.
Lo scenario: c’entrano anche i processi – Ma per comprendere a fondo l’accordo tra Riva, le società di Ilva e il governo bisogna allargare lo sguardo, arrivando alla vendita della fabbrica e soprattutto alla linea difensiva della famiglia Riva coinvolta in un procedimento a Milano per reati fiscali e nel processo Ambiente Svenduto, che di recente ha visto i pm tarantini appesantire la posizione del gruppo sotto la gestione degli ex re dell’acciaio. Il miliardo abbondante che dovrebbe permettere di chiudere la partita dell’ambientalizzazione è il tesoro nascosto in Svizzera dalla famiglia, brandito finora come uno scudo. Per quei soldi la procura di Milano aveva chiesto il sequestro, ma il tribunale di Bellinzona ha detto ‘no’ e il patrimonio sarebbe stato difficilmente aggredibile se non con un accordo tra le parti. A quello ha voluto puntare il governo, che ci aveva già provato con due decreti legge. Ora si è seduto al tavolo con i Riva per fare cassa e provare ad accelerare la partita ambientale: risanare la fabbrica attuando l’Autorizzazione integrata ambientale che manca ancora della parte portante (e più costosa). Come e in quanto tempo, è tutto da capire. Per il momento, al di là dell’annuncio a pochi giorni dal voto, l’accordo permette di dare garanzie ai futuri acquirenti, che si ritroverebbero i fondi per ammodernare l’impianto. Si capirà nei prossimi mesi se il siderurgico più grande d’Europa finirà nelle mani del gruppo Marcegaglia-ArcelorMittal oppure alla cordata Acciaitalia, di cui fanno parte da oggi anche gli indiani di Jindal, uno dei principali gruppi nel mondo dell’acciaio.
Da dove arrivano i soldi (e a cosa serviranno, forse) – Da qui la mossa: sbloccare quei soldi fermi da anni in Svizzera a causa dell’inchiesta che vede coinvolti i fratelli Adriano ed Emilio Riva, quest’ultimo scomparso anni fa, per reati fiscali. I pm avevano chiesto il sequestro di 1,2 miliardi ma, dopo l’autorizzazione arrivata da Zurigo, il tribunale di Bellinzona – su ricorso di due figlie dei Riva – aveva stoppato il rientro dei capitali perché non c’è ancora neanche una condanna di primo grado. Tuttavia dal momento in cui l’Ilva è stata commissariata dal governo, nel 2013, il tesoro elvetico è sempre stato inserito nelle varie leggi e decreti come la copertura per risanare il siderurgico. Soprattutto quel 20% delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale che manca secondo il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, la parte più costosa ma anche la più impattante sotto il profilo ambientale, in primis la copertura dei parchi minerali e ferrosi. Ma avverte Angelo Bonelli dei Verdi: “Il penultimo decreto Salva-Ilva prevede che la società acquirente possa cambiare il piano ambientale e proporlo al governo. Bisognerà vigilare su come quei soldi verranno spesi, se arriveranno”.
La vendita e la strategia dei Riva – Intanto il braccio di ferro tra lo Stato e i Riva potrebbe concludersi con un sostanziale pareggio. Perché se da un lato il miliardo potrebbe permettere in futuro di ridurre l’inquinamento derivante dai processi produttivi della fabbrica, presentando alle cordate interessate alla vendita un’azienda con in pancia i soldi per risanare, dall’altro potrebbero guadagnarci anche gli ex proprietari. Dal punto di vista giudiziario. Certamente a Milano. E poi a Taranto, dove Nicola e Fabio Riva devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. Su di loro grava anche la costituzione di circa mille parti civili tra privati, associazioni ed enti pubblici. Secondo la Reuters, in cambio del miliardo, Ilva, che in questo momento è dello Stato, “rinuncerà ad almeno due cause contro i Riva a Milano, del valore di oltre 2.5 miliardi”. Secondo la ricostruzione fatta dall’Agi – poi – nelle scorse settimane i vertici delle procure tarantina e milanese si sono incontrati nel capoluogo pugliese: “Pare che a fronte della richiesta dei legali di Riva di accedere al patteggiamento nel processo di Taranto – scrive l’agenzia – i magistrati abbiano parlato anche del rientro in Italia del miliardo e 200 milioni”. Uno scenario confermato anche da fonti vicine al gruppo Riva, secondo cui l’accordo “ha come oggetto le vicende giudiziarie di Taranto”. E’ bene sottolineare che recentemente i pm hanno alleggerito la posizione dell’Ilva commissariata, riformulando allo stesso tempo alcuni capi d’imputazione per la gestione Riva. Se tutto dovesse filare liscio, il miliardo sarebbe una sorta di compensazione che permetterebbe di evitare il peggior scenario possibile: condanna pesante e risarcimenti miliardari allo Stato.
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Marvin Vettori torna a combattere. Due anni dopo, il lottatore italiano torna a disputare un incontro di MMA domani, sabato 15 marzo, contro il georgiano Roman Dolidze all'Apex Center di Las Vegas. Vettori è stato assente dall'ottagono a causa di un grave infortunio alla spalla destra che ha interessato anche i muscoli del bicipite. Dopo un'operazione chirurgica e un lento processo di recupero e allenamento, è finalmente pronto.
Vettori ha già affrontato Dolidze nel 2023 in un match disputatosi a Londra e vinto, per verdetto unanime, proprio dall'italiano. "Pensavo che avrei combattuto contro Kopylov, invece è Dolidze", ha commentato Vettori, "ma era tanta la voglia di tornare che non mi interessava contro chi". L’ultima apparizione di Vettori sull’ottagono è stata sempre nel 2023, quando ha subito una dura sconfitta dall’allora numero 4 dei ranking Jared Cannonier.
Il match sarà molto importante per il proseguo della carriera di Vettori, che a 31 anni e dopo due fermo non può più permettersi pause. Al momento è ottavo nel ranking Ufc, posizione ottenuta due anni fa e mantenuta anche nel periodo di stop. L'incontro con Dolidze potrebbe rilanciare le speranze del trentino di guadagnarsi una sfida per il titolo pesi medi, oppure potrebbe affondarlo.
Il match tra Marvin Vettori e Roman Dolidze è in programma sabato 15 marzo alle 22 ora italiana. L'incontro sarà trasmesso in diretta televisiva sui canali Eurosport e sarà visibile anche in streaming sull'app SkyGo, sulla piattaforma Eurosport, su Discovery+ e Dazn.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Accade che le richieste di connessione alla rete di progetti di impianti rinnovabili dopo 4-5 anni non vengono realizzati, creando una congestione virtuale della rete stessa e tenendo fuori nuovi entranti, magari più performanti. Si dovrà "capire la credibilità di 350 gigawatt di richieste di connessione", anche se sono stati "fatti passi avanti su trasparenza e visibilità". Lo afferma il presidente Arera, Stefano Besseghini, intervenendo alla presentazione del piano di sviluppo 2025 di Terna.
In questo contesto, spiega Besseghini, "tenere Terna costantemente agganciata a questi processi autorizzativi è il modo migliore perché il sistema evolva coerentemente nella capacità di programmazione e essere sempre proattivo" perchè ''qualunque disallineamento temporale tra capacità di programmazione e capacità di realizzazione diventa da qualche parte uno stranded cost che ci portiamo dietro''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Lo sviluppo delle infrastrutture, previsto dal piano 2025 di Terna ''costituisce un elemento fondamentale del nostro progetto''. La struttura della società ''sta accompagnando la trasformazione del nostro paese''. Lo afferma il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto, intervenendo alla presentazione del piano di Terna. Il sistema industriale sta vivendo ''un cambiamento di pelle'' verso l'elettrificazione che ''diventa cruciale per lo sviluppo nei prossimi anni e già attualmente'', sottolinea. Quanto è accaduto, le tensioni sui prezzi del gas, l'automatico ribaltamento sul prezzo dell'energia, ''ha messo anche alla prova quella che è la nostra capacità di dare sicurezza e, naturalmente, di lavorare su quello che è un obiettivo che dobbiamo avere di indipendenza e di governo di quelle che sono le tensioni anche sui prezzi''.
I 23 miliardi di investimenti, annunciati da Terna, "sono una cosa importante perché questa e' l'ossatura dell'energia nazionale, e se non abbiamo l'ossatura della rete non possiamo rispondere alla domanda di cittadini e imprese". "L'obiettivo è creare un mix di produzione che riesca a soddisfare la domanda di energia che sta crescendo in modo vertiginoso ed oggi ne abbiamo avuto la dimostrazione dai dati di Terna di quanto cresca la domanda ed automaticamente debbano crescere le rinnovabili in ottica di neutralità e decarbonizzazione", aggiunge Pichetto.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Il piano di sviluppo 2025 è "il più importante mai realizzato da Terna nella sua storia ed è un piano che credo sottolinei tre elementi in questa mia veloce introduzione che voglio portare sul tavolo oggi". Lo afferma il presidente di Terna, Igor De Biasio, nel corso della presentazione del piano.
"E' un piano che migliora il Paese perché attraverso quegli investimenti riusciamo a essere abilitatori verso la transizione energetica, verso la decarbonizzazione, consentendo allacciamenti alle nuove forme di produzione green ma soprattutto anche unendo, connettendo e integrando i territori quindi aiutando tutte le comunità italiane verso lo sviluppo della transizione energetica", sottolinea il presidente.
Il piano, aggiunge De Biasio, ''porta con sé una serie di investimenti che aumenteranno la sicurezza, la resilienza, l'efficacia della rete che è un elemento competitivo nella trazione degli investimenti internazionali. Prima il video citava il caso dei data center, non è un caso che tantissimi investitori italiani e stranieri oggi puntino sull'Italia per la realizzazione di data center e non in Francia, non in Germania. E non più in Inghilterra. E grazie alla qualità della rete che oggi Terna gestisce e amministra e quindi è un fattore straordinario per la trazione e la competitività dell'Italia''.
Terzo elemento, prosegue il presidente, è che ''questo patrimonio di conoscenze e esperienze che Terna ha è un'opportunità nelle relazioni internazionali e nella costruzione di partnership con altri Paesi, essendo oggi l'energia un elemento qualificante e strategico proprio in ambito geopolitico''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - ''Le richieste di connessione di impianti rinnovabili, di sistemi di accumulo e, sempre più negli ultimi mesi, di data center, sono in costante aumento''. Lo afferma l'amministratore delegato di Terna, Giuseppina Di Foggia., nel corso della presentazione del piano 2025. ''Per far fronte al rischio di saturazione virtuale della rete e per contribuire a mantenere l’attrattività del Paese per gli investitori, anche internazionali, abbiamo adottato, a seguito dell’approvazione del cosiddetto decreto legge sicurezza energetica, un nuovo processo di programmazione territoriale delle nostre infrastrutture'', sottolinea l'ad.
Questo processo, spiega Di Foggia, ''assicura efficienza nella realizzazione delle opere abilitanti la connessione di nuove risorse, consentendo di ridurre le congestioni amministrative, e di minimizzare i costi per il sistema”. La gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, si legge nella nota diffusa in occasione della presentazione del piano, ''permette a Terna di avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete''.
Secondo i dati di Terna, al 31 dicembre 2024, risultano 348 GW di richieste di connessione per impianti rinnovabili (di cui 152 GW di solare, 110 GW di eolico on-shore e 86 GW di eolico off-shore) e 277 GW per sistemi di accumulo. Questi numeri, che superano ampiamente il fabbisogno nazionale individuato dal Documento di Descrizione degli Scenari 2024 Terna-Snam e dai target nazionali, confermano che il Paese rappresenta una significativa opzione di investimento, anche grazie a meccanismi legislativi di sostegno alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili e ad una regolamentazione che ne incentiva lo sviluppo.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Terna annuncia che entro il 2030 saranno ''operative le infrastrutture elettriche che abiliteranno la transizione energetica del paese: Tyrrhenian link, Adriatic link, il collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana e il ponte energetico Italia-Tunisia''. Nel corso della presentazione del pano 2025 l'amministratore delegato, Giuseppina Di Foggia, spiega che ''una rete di trasmissione adeguata e interconnessa, insieme alle attuali misure legislative e agli strumenti di incentivazione, è il fattore abilitante per raggiungere i target previsti dal Piano Nazionale per l’energia e il clima al 2030''.
''L’avvio della fase realizzativa delle nostre principali infrastrutture elettriche, come il Tyrrhenian Link, l’Adriatic Link e il collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana, conferma l’impegno di Terna nel gestire la transizione energetica del Paese”, aggiunge Di Foggia. “Le richieste di connessione di impianti rinnovabili, di sistemi di accumulo e, sempre più negli ultimi mesi, di Data Center, sono in costante aumento''.
''Per far fronte al rischio di saturazione virtuale della rete e per contribuire a mantenere l’attrattività del Paese per gli investitori, anche internazionali, abbiamo adottato a seguito dell’approvazione del decreto legge sicurezza energetica, un nuovo processo di programmazione territoriale delle nostre infrastrutture. Questo processo assicura efficienza nella realizzazione delle opere abilitanti la connessione di nuove risorse, consentendo di ridurre le congestioni amministrative, e di minimizzare i costi per il sistema”, spiega l'ad.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Il piano Terna 2025 prevede oltre 23 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni per favorire l’integrazione delle fonti rinnovabili e incrementare la capacità di trasporto della rete. I dati sono stati comunicati nel corso della presentazione del piano.
Nel corso della presentazione si spiega che ''il piano di sviluppo 2025-2034 di Terna, con oltre 23 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni (+10% rispetto al precedente Piano), consolida il ruolo di Terna al servizio del Paese per un futuro sostenibile e decarbonizzato. Gli interventi previsti dal Piano sono essenziali per il perseguimento degli obiettivi nazionali ed europei di transizione energetica, indipendenza, resilienza ed efficienza del sistema elettrico''.
Il piano di sviluppo 2025 ''è coerente con i target definiti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2024, declinati nel documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam, che prevede un incremento della capacità installata solare ed eolica di oltre 65 GW al 2030 e di 94 GW al 2035, entrambi rispetto all’installato al 2023'', si evidenzia.
“Il piano di sviluppo presentato oggi risponde alle urgenti necessità che il contesto attuale impone'', sottolinea l'amministratore delegato, Giuseppina Di Foggia. ''Investire nella pianificazione, nell’ammodernamento e nella digitalizzazione delle reti elettriche è infatti essenziale per far fronte alla crescente domanda di energia e all’integrazione delle fonti rinnovabili. Con 23 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, puntiamo ad assicurare al Paese un sistema affidabile, resiliente e sostenibile”, sottolinea l'ad.