Compagnie assicurative in pressing sul governo per introdurre polizze obbligatorie sulla casa contro il rischio sisma. Ma per gli italiani, popolo di proprietari nel mattone, l’operazione rischia di avere un conto assai salato. Senza peraltro la certezza matematica del risarcimento nel caso di danni provocati da un eventuale terremoto. La concreta possibilità di intascare l’indennizzo dipenderà infatti da un insieme di fattori: codici, clausole e franchigie che faranno parte integrante dei contratti assicurativi. L’intera vicenda rischia insomma solo di trasformarsi in un regalo alle compagnie peraltro difficilmente quantificabile per i cittadini: un eventuale premio obbligatorio dovrà infatti tener conto delle diversità orografiche del Paese e della fragilità di un patrimonio immobiliare vetusto che non è di certo in regola con le norme antisismiche.
“Il problema principale sarà la definizione dei corretti criteri assuntivi. È una terminologia propria del linguaggio assicurativo, e possiamo spiegarla definendola come l’assicurabilità di un bene”, spiega Massimo Quezel, fondatore della rete recupero danni Studio blu e autore del libro Assicurazione a delinquere. “Mi chiedo: quale compagnia assicurerebbe un’abitazione con evidenti carenze strutturali che certamente, in caso di terremoto, rovinerebbe all’istante magari determinando la morte di tutti coloro che vi abitano? Se la polizza contro gli eventi sismici dovesse diventare un obbligo rischieremmo di avere un risultato paradossale: chi è più a rischio pagherebbe, con ogni probabilità, una fortuna. Più la casa è fragile, infatti, più costerà assicurarla”, prosegue. Evidenziando anche i problemi legati al patrimonio immobiliare. “Se vige un obbligo ma l’abitazione non risponde ai requisiti minimi per essere assicurata come se ne esce? Indirettamente nascerebbe un obbligo a ristrutturare” per essere in regola, che peserà sul proprietario dell’immobile con un elevato rischio di elusione”. Preoccupa infine “anche la probabile facilità con la quale le compagnie potranno far valere cause di esclusione della copertura assicurativa, così da evitare di pagare in caso di crollo”.
La questione in sintesi è assai complessa e rischia di diventare un’arma a doppio taglio per i cittadini e per lo stesso governo. Non a caso, per il momento, l’esecutivo ha deciso di non dare seguito alla richiesta delle compagnie: il governo teme infatti che l’introduzione di un obbligo di assicurazione antisismica sulla casa venga percepita come una nuova tassa sul mattone, un bene su cui lo Stato conta spesso per gli incassi “certi”.
Dal canto loro, le compagnie assicurative non hanno alcuna intenzione di desistere. A loro il progetto polizza obbligatoria antisismica sulla casa piace molto. Lo ha ribadito il numero uno dell’Associazione nazionale imprese assicuratrici (Ania), Maria Bianca Farina, che ha chiesto all’esecutivo di valutare la possibilità di iniziare dagli “immobili ricostruiti e quelli messi in sicurezza nell’ambito del piano Casa Italia”. “Tali coperture potrebbero fruire, unitamente ai costi di costruzione e ristrutturazione, delle agevolazioni fiscali previste”, ha spiegato Farina nell’audizione del 4 novembre scorso davanti alle commissioni Bilancio, Tesoro e Programmazione della camera dei deputati e della commissione bilancio del senato. Zero rischi, insomma, massimi rendimenti per le compagnie che confidano in un questo primo passo all’interno di un progetto ben più ambizioso: la copertura dell’intero patrimonio edilizio italiano, che, secondo l’ultimo censimento Istat, conta più di 24 milioni di abitazioni.
Ma di che numeri, esattamente, stiamo parlando? Difficile definire con esattezza le cifre, anche se è possibile una stima approssimata del mercato di riferimento: se per ipotesi si immaginasse un costo per polizza pari a 80 euro annui, l’introduzione dell’obbligo di assicurazione antisismica sulle case varrebbe per le compagnie circa 2 miliardi. Inutile dire che la cifra fa assai gola alle compagnie le quali potrebbero contare su un introito aggiuntivo certo che vale il 6,25% di quello delle polizze obbligatorie sui veicoli (32 miliardi).
“Se tutti gli italiani assicurassero la loro abitazione, la spesa sarebbe molto più bassa di quella attuale, che va da 50 a 500-600 euro anni per ogni 100 mila euro assicurati” ha spiegato il direttore generale dell’Ania, Mauro Montagnini, in occasione in occasione del convegno Nens sulle opere di manutenzione straordinaria dello scorso 18 novembre. Per Montagnini si potrebbe “stare all’interno di un costo sui 70-80 euro l’anno per ogni 100mila euro assicurati”, una cifra contenuta, che si può raggiungere “solo se si assicurano tutti”. E poi “con i sistemi non obbligatori non si va da nessuna parte, perché non c’è nell’italiano l’attitudine ad assicurarsi se non per l’auto – perché è obbligato – e per la previdenza”, ha concluso, spiegando che “noi possiamo offrire un vantaggio al cliente che in questo caso è un cittadino. Questa la scommessa che possiamo giocare insieme. Da soli non andiamo da nessuna parte”. E’ indubbio infatti che l’operazione polizza antisismica obbligatoria sugli immobili avrebbe il vantaggio di condividere i rischi e alleggerire le prospettive di esborso dello Stato in caso di terremoto. Inoltre, in alcuni Paesi, come la Nuova Zelanda, il meccanismo funziona grazie ad una copertura assicurativa del 90% e anche al ruolo dello Stato come riassicuratore di ultima istanza. Sul piano teorico, insomma, il discorso dell’Ania non fa una grinza. Ma l’Italia non è la Nuova Zelanda. E per gli italiani le tasse sulla casa sono un tema assai caldo. Soprattutto in un clima di instabilità politica come quello attuale.