Tre visite in poco più di un mese, la Festa dell’Unità migrata eccezionalmente all’estremo Sud, il G7 a Taormina e una raffica di promesse: dai nuovi posti di lavoro defiscalizzati per il Mezzogiorno fino al sempreverde Ponte sullo Stretto. E poi non poteva mancare il solenne impegno antimafia: arrestare prima possibile Matteo Messina Denaro. Le aveva provate proprio tutte Matteo Renzi pur di provare a far cambiare idea alla Sicilia sul fronte del referendum costituzionale. Una campagna elettorale estenuante, con il fido Davide Faraone che fino all’ultimo aveva provato ad allargare il fronte del Sì, inglobando “cambiacasacca” di lungo corso, signori delle preferenze, perfino antichi nemici della rottamazione. E invece quella che secondo alcuni analisti era la Florida d’Italia ha sonoramente tradito le attese della maggioranza di governo.
La Florida? È la roccaforte del No – Nel day after del voto referendario la Sicilia si scopre roccaforte delle ragioni del No, seconda in termini percentuali soltanto alla Sardegna. Nella regione più a Sud d’Italia il Sì si è fermato a quota 28,42%, dodici punti in meno rispetto alla media nazionale. Al contrario sull’isola il No ha spiccato il volo con il 71,58% dei consensi: e dire che secondo i sondaggi della vigilia la forbice sarebbe stata contenuta tra i 3 e i 6 punti percentuali. Ipotesi quantomeno moderate, dato che le uniche città siciliane che hanno regalato la maggioranza al Sì sono i piccolissimi comuni di Santa Cristina Gela e San Marco D’Alunzio. Un risultato ancor più clamoroso se si considerano i dati provenienti dai due centri più grandi: a Palermo, la città del sottosegretario Faraone, dove Renzi ha fatto praticamente tappa fissa nei week end (compreso l’ultimo giorno di campagna elettorale), il No sfiora il 73%. Batte ogni record nazionale, invece, Catania che con il 75% di No è il capoluogo di provincia maggiormente contrario alla riforma firmata da Maria Elena Boschi. E pazienza se si tratta della città amministrata dal renzianissimo Enzo Bianco, che quest’estate era riuscito a portare sotto l’Etna la festa nazionale dell’Unità: il voto di 3 elettori su 4 non ammette repliche.
Cacicchi e acchiappavoti sconfitti – Non va meglio nelle province dei cacicchi arruolati per l’occasione sotto le insegne del Sì: nella Caltanissetta di Totò Cardinale, l’ex ministro dalemiano diventato king maker della campagna renziana, il No supera i 71 punti percentuali, nella Siracusa del sindaco Giancarlo Garozzo i contrari alla riforma sono il 71,75%, poco più di quelli registrati a Messina (69,55%), città dell’ex ministro Giampiero D’Alia che pur di sostenere il Sì è uscito dall’Udc di Lorenzo Cesa. Persino a Enna, il feudo elettorale di Mirello Crisafulli, storico nemico dei renziani poi arruolato come uomo sandwich per il Sì, il No ha sbancato con il 67% dei voti. C’è da dire che il 32,65% raccolto nella provincia al centro della Sicilia rappresenta il miglior risultato per il Sì sull’isola: anche quando perde, insomma, l’ex impresentabile riesce a fare meglio degli altri sconfitti. Una magra consolazione dato che quella odierna è comunque una disfatta totale per il fronte del Sì, amplificata dalla sconfitta rimediata da Renzi in tutto il Sud, nonostante in Sicilia siano andati alle urne appena il 56% degli aventi diritto: un’affluenza ben sotto la media nazionale.
La martellante campagna boomerang del premier – E in vista dei prossimi appuntamenti elettorali – nel 2017 si vota a Palermo, ma anche per le regionali – il segretario del Pd dovrà capire quanto e come ha influito al Meridione la sua martellante campagna elettorale. Improbabile che il continuo ritorno del premier in Sicilia abbia davvero fatto conquistare voti al fronte del Sì: in questo caso, con una campagna più morbida i No avrebbero potuto raggiungere percentuali plebiscitarie. Molto più realistica l’ipotesi che vede nel continuo presenzialismo del premier la “molla” che ha convinto molta gente a recarsi alle urne per esprimere una bocciatura nei confronti del governo. Un presupposto avvalorato dal fatto che sull’isola non si è praticamente vista alcun tipo di campagna organizzata sul fronte del No: a parte qualche evento del Movimento 5 Stelle, si può dire che i contrari alla riforma siano andati in ordine sparso. Persino i leader apolidi, senza un partito di riferimento ma con un buon consenso personale come Leoluca Orlando, non hanno praticamente mosso un dito sul fronte della mobilitazione elettorale. Ciò nonostante la Florida d’Italia non solo ha votato No, ma lo ha fatto in massa. E adesso in tanti provano a passare all’incasso.
M5s chiede dimissioni di Crocetta – Il Movimento 5 Stelle, che in Sicilia è ormai saldamente il primo partito, parte all’attacco chiedendo le dimissioni del governatore Rosario Crocetta. “Il risultato del referendum in Sicilia non è solo la bocciatura del governo Renzi, ma, soprattutto, del suo maggiore sponsor nell’Isola: il governo del Pd e di Crocetta”, dicono i grillini. Una richiesta avanzata anche da Forza Italia e da Nello Musumeci. Il governatore era un pubblico sostenitore del Sì, ma adesso cerca un improbabile asilo fuori tempo massimo tra le file dei vincitori. “Credo che in Italia se c’è qualcuno che non viene scalfito dall’esito del referendum sono proprio io: non ho mai attaccato il fronte del No, sono stato leale nei confronti del segretario del mio partito ma non penso di essere stato tra i falchi del Sì. Paradossalmente il mio governo sarebbe stato messo in discussione da pezzi della maggioranza se avesse vinto il Sì: penso a cosa avrebbero urlato i renziani di Sicilia”, dice Crocetta con una dichiarazione ai limiti dell’assurdo. Provano a mettere il cappello sulla vittoria del No anche i leghisti di Sicilia. “In Sicilia le percentuali raggiunte dal No rappresentano un risultato davvero straordinario, chiaramente merito dell’ottima campagna d’informazione che abbiamo portato avanti con determinazione”, sostiene fiero Angelo Attaguile, leader di Noi con Salvini, la costola siciliana del Carroccio praticamente scomparsa dai radar dopo alcune modestissime performance elettorali. Attaguile, però, è sicuro: se i siciliani hanno votato No è merito della Lega. Come sdebitarsi dunque? Ma ovviamente invitando sull’isola il leader Matteo Salvini, atteso il 17 dicembre per una sorta di festicciola elettorale. E involontariamente l’indirizzo del locale palermitano scelto per l’occasione sfiora la boutade: via Faraone, come il sottosegretario renziano commissario di una campagna elettorale fallimentare.
Referendum Costituzionale
Referendum 2016, Sicilia roccaforte del No: inutili promesse e ras acchiappavoti. Un boomerang la campagna di Renzi
Inutili per il fronte del Sì tre visite in poco più di un mese, la Festa dell'Unità migrata eccezionalmente all'estremo Sud, il G7 a Taormina e una raffica di promesse: dai nuovi posti di lavoro defiscalizzati per il Mezzogiorno fino al sempreverde Ponte sullo Stretto. Il M5S chiede le dimissioni di Crocetta. Ma il governatore: "Io non ero un falco del Sì"
Tre visite in poco più di un mese, la Festa dell’Unità migrata eccezionalmente all’estremo Sud, il G7 a Taormina e una raffica di promesse: dai nuovi posti di lavoro defiscalizzati per il Mezzogiorno fino al sempreverde Ponte sullo Stretto. E poi non poteva mancare il solenne impegno antimafia: arrestare prima possibile Matteo Messina Denaro. Le aveva provate proprio tutte Matteo Renzi pur di provare a far cambiare idea alla Sicilia sul fronte del referendum costituzionale. Una campagna elettorale estenuante, con il fido Davide Faraone che fino all’ultimo aveva provato ad allargare il fronte del Sì, inglobando “cambiacasacca” di lungo corso, signori delle preferenze, perfino antichi nemici della rottamazione. E invece quella che secondo alcuni analisti era la Florida d’Italia ha sonoramente tradito le attese della maggioranza di governo.
La Florida? È la roccaforte del No – Nel day after del voto referendario la Sicilia si scopre roccaforte delle ragioni del No, seconda in termini percentuali soltanto alla Sardegna. Nella regione più a Sud d’Italia il Sì si è fermato a quota 28,42%, dodici punti in meno rispetto alla media nazionale. Al contrario sull’isola il No ha spiccato il volo con il 71,58% dei consensi: e dire che secondo i sondaggi della vigilia la forbice sarebbe stata contenuta tra i 3 e i 6 punti percentuali. Ipotesi quantomeno moderate, dato che le uniche città siciliane che hanno regalato la maggioranza al Sì sono i piccolissimi comuni di Santa Cristina Gela e San Marco D’Alunzio. Un risultato ancor più clamoroso se si considerano i dati provenienti dai due centri più grandi: a Palermo, la città del sottosegretario Faraone, dove Renzi ha fatto praticamente tappa fissa nei week end (compreso l’ultimo giorno di campagna elettorale), il No sfiora il 73%. Batte ogni record nazionale, invece, Catania che con il 75% di No è il capoluogo di provincia maggiormente contrario alla riforma firmata da Maria Elena Boschi. E pazienza se si tratta della città amministrata dal renzianissimo Enzo Bianco, che quest’estate era riuscito a portare sotto l’Etna la festa nazionale dell’Unità: il voto di 3 elettori su 4 non ammette repliche.
Cacicchi e acchiappavoti sconfitti – Non va meglio nelle province dei cacicchi arruolati per l’occasione sotto le insegne del Sì: nella Caltanissetta di Totò Cardinale, l’ex ministro dalemiano diventato king maker della campagna renziana, il No supera i 71 punti percentuali, nella Siracusa del sindaco Giancarlo Garozzo i contrari alla riforma sono il 71,75%, poco più di quelli registrati a Messina (69,55%), città dell’ex ministro Giampiero D’Alia che pur di sostenere il Sì è uscito dall’Udc di Lorenzo Cesa. Persino a Enna, il feudo elettorale di Mirello Crisafulli, storico nemico dei renziani poi arruolato come uomo sandwich per il Sì, il No ha sbancato con il 67% dei voti. C’è da dire che il 32,65% raccolto nella provincia al centro della Sicilia rappresenta il miglior risultato per il Sì sull’isola: anche quando perde, insomma, l’ex impresentabile riesce a fare meglio degli altri sconfitti. Una magra consolazione dato che quella odierna è comunque una disfatta totale per il fronte del Sì, amplificata dalla sconfitta rimediata da Renzi in tutto il Sud, nonostante in Sicilia siano andati alle urne appena il 56% degli aventi diritto: un’affluenza ben sotto la media nazionale.
La martellante campagna boomerang del premier – E in vista dei prossimi appuntamenti elettorali – nel 2017 si vota a Palermo, ma anche per le regionali – il segretario del Pd dovrà capire quanto e come ha influito al Meridione la sua martellante campagna elettorale. Improbabile che il continuo ritorno del premier in Sicilia abbia davvero fatto conquistare voti al fronte del Sì: in questo caso, con una campagna più morbida i No avrebbero potuto raggiungere percentuali plebiscitarie. Molto più realistica l’ipotesi che vede nel continuo presenzialismo del premier la “molla” che ha convinto molta gente a recarsi alle urne per esprimere una bocciatura nei confronti del governo. Un presupposto avvalorato dal fatto che sull’isola non si è praticamente vista alcun tipo di campagna organizzata sul fronte del No: a parte qualche evento del Movimento 5 Stelle, si può dire che i contrari alla riforma siano andati in ordine sparso. Persino i leader apolidi, senza un partito di riferimento ma con un buon consenso personale come Leoluca Orlando, non hanno praticamente mosso un dito sul fronte della mobilitazione elettorale. Ciò nonostante la Florida d’Italia non solo ha votato No, ma lo ha fatto in massa. E adesso in tanti provano a passare all’incasso.
M5s chiede dimissioni di Crocetta – Il Movimento 5 Stelle, che in Sicilia è ormai saldamente il primo partito, parte all’attacco chiedendo le dimissioni del governatore Rosario Crocetta. “Il risultato del referendum in Sicilia non è solo la bocciatura del governo Renzi, ma, soprattutto, del suo maggiore sponsor nell’Isola: il governo del Pd e di Crocetta”, dicono i grillini. Una richiesta avanzata anche da Forza Italia e da Nello Musumeci. Il governatore era un pubblico sostenitore del Sì, ma adesso cerca un improbabile asilo fuori tempo massimo tra le file dei vincitori. “Credo che in Italia se c’è qualcuno che non viene scalfito dall’esito del referendum sono proprio io: non ho mai attaccato il fronte del No, sono stato leale nei confronti del segretario del mio partito ma non penso di essere stato tra i falchi del Sì. Paradossalmente il mio governo sarebbe stato messo in discussione da pezzi della maggioranza se avesse vinto il Sì: penso a cosa avrebbero urlato i renziani di Sicilia”, dice Crocetta con una dichiarazione ai limiti dell’assurdo. Provano a mettere il cappello sulla vittoria del No anche i leghisti di Sicilia. “In Sicilia le percentuali raggiunte dal No rappresentano un risultato davvero straordinario, chiaramente merito dell’ottima campagna d’informazione che abbiamo portato avanti con determinazione”, sostiene fiero Angelo Attaguile, leader di Noi con Salvini, la costola siciliana del Carroccio praticamente scomparsa dai radar dopo alcune modestissime performance elettorali. Attaguile, però, è sicuro: se i siciliani hanno votato No è merito della Lega. Come sdebitarsi dunque? Ma ovviamente invitando sull’isola il leader Matteo Salvini, atteso il 17 dicembre per una sorta di festicciola elettorale. E involontariamente l’indirizzo del locale palermitano scelto per l’occasione sfiora la boutade: via Faraone, come il sottosegretario renziano commissario di una campagna elettorale fallimentare.
Lady Etruria
di Davide Vecchi 11.4€ Acquista su AmazonArticolo Precedente
Riforme, minoranza Pd non segue Boccia: “Mai chieste dimissioni di Renzi. Né da premier né da segretario”
Articolo Successivo
Referendum Costituzione, cari 5 stelle ora tocca a voi: primo, abolire il Jobs act e le leggi filo-banche
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Starmer chiede “pressioni su Putin” e annuncia una “riunione militare” dei Paesi ‘volenterosi’. Meloni: “L’Italia non invierà truppe. Lavoriamo con Ue e Usa”
Mondo
Attacco Usa su larga scala contro lo Yemen controllato dagli Houthi. “È anche un avvertimento all’Iran”
Cronaca
Manifestazione per l’Europa, “Siamo 50mila”. In piazza bandiere Ue, arcobaleno e “Bella ciao”. Dalla difesa comune al riarmo: le parole
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.