A ben guardare, il risultato di Agropoli non è poi così lontano dall’auspicio clientelare di Vincenzo De Luca, nell’ormai celebre riunione segreta coi 300 sindaci e amministratori campani all’Hotel Ramada di Napoli, a metà novembre. Nel paesino del salernitano, dov’è sindaco l’ex dc Franco Alfieri, indagato per vicende varie, l’obiettivo da raggiungere era di 4mila voti, anche a costo di offrire sontuose fritture di pesce, e alla fine il Sì si è fermato a 3.475 voti, a 525 voti dalla fatidica meta. Il punto è che però i due Compari del Clientelismo per il Sì, De Luca e Alfieri, non avevano calcolato il boom dell’affluenza. E così, anziché in 8mila, ad Agropoli sono andati a votare in 10mila. Risultato finale: 7.309 voti per il No, pari al 67,78 per cento; 3.475 voti per il Sì e percentuale del 32,22. Un flop, meglio un disastro.
Ma è in tutta la Campania che il Pd deluchiano rimedia una catastrofica sconfitta. Il No vince in tutte e cinque le province: Napoli, Salerno, Benevento, Caserta e Avellino. E ovunque il Sì non riesce mai a toccare il 40 per cento della media nazionale. Sempre sotto. Addirittura a Napoli e provincia, dove sono concentrati 1.358.562 votanti (56,63 per cento) sui 2.689.070 dell’intera regione (affluenza totale del 58,88 per cento), il No ha sfondato il muro del 70 per cento, seppure di poco (70,38 per cento), col Sì sotto il 30: 29,62 per cento. Emblematico, in questa provincia, il risultato di Ercolano, culla del renzismo grazie al sindaco Ciro Buonajuto, uno dei volti della Leopolda: No al 68,10 per cento, Sì al 31,90. Qui, lo stesso premier, era venuto in visita solenne lo scorso 20 novembre, appena due settimane fa. La scoppola di Ercolano, la notte scorsa, al comitato dalemiano del No in via dei Cerchi, a Roma, è stata motivo di grande orgasmo per Massimo Paolucci, uomo macchina del Generale Massimo in Campania: “Hanno perso a casa loro, a Ercolano. Questi erano quelli che volevano cacciarci dal Pd”.
Poi c’è Salerno, ovviamente. La Betlemme dell’intera dinastia De Luca, non solo Vincenzo, ma anche i figli Roberto e Piero, il primo assessore cittadino, il secondo amico di Luca Lotti, responsabile del Sì da queste parti e futuro deputato del Pd. In città il Sì si è fermato al 39,93 per cento, nell’intera provincia il dato scende al 35,31 per cento. Tutti numeri che invecchiano di colpo il successo di De Luca alle regionali del 2015, appena un anno e mezzo fa.
La comparazione dei dati aiuta a comprendere meglio la nuova condizione di minorità e di minoranza dello Sceriffo di Salerno. Il 31 maggio del 2015, De Luca aveva vinto con il 41,15 per cento, a fronte di un’affluenza del 51,93, quasi sette punti in meno di quella di domenica. In termini assoluti, il governatore perde 150mila voti nell’intera regione: aveva preso 987.927 voti un anno fa, mentre ieri il Sì campano è stato di 839.692 voti, pari al 31,48.
La comparazione è naturale alla luce della sovrapposizione totale tra De Luca e il fronte del Sì renziano, come dimostra l’audio rivelato dal sito del Fatto quotidiano. Il No campano al 68,52 per cento, di conseguenza, è anche un gigantesco rifiuto della campagna tutta politica fatta dal governatore a favore della riforma Boschi, al punto da precettare 300 amministratori di sinistra, centro e destra per fare un ragionamento molto lineare e semplice: “Questo governo ci garantisce un fiume di soldi, circa 14 miliardi di euro, e non era mai successo. Dobbiamo fare una mobilitazione porta a porta per il Sì”. Ecco perché De Luca ha perso e dovrebbe fare come Renzi e dimettersi. L’audio delle fritture di pesce, insieme alle ignobili parole su Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia, l’hanno reso un personaggio centrale della campagna referendaria. Senza dimenticare che l’intero giglio magico (Renzi, Lotti e Nardella) è calato in massa nella Regione, ritenuta decisiva alla stregua di uno Stato americano come l’Ohio o la Florida.
Invece De Luca non si dimetterà affatto. Stamattina ha commentato il risultato parlando di “umiltà e responsabilità”, in attesa di capire come evolverà la faida del Pd e offrire il suo pacchetto di voti al potente di turno. Ma fino a quando il Nazareno continuerà a tollerare il metodo di De Luca, fatto di violenza verbale, populismo campano e clientelismo stile dc modello Gava? Per manifestare una serie volontà di rinascita, il Pd ha un urgente bisogno di fare i conti coi suoi macigni. Uno è l’Emerito Re Giorgio Napolitano, l’uomo che ha azzerato la Ditta di Bersani prima con il governo Monti poi con quello di Enrico Letta. L’altro è proprio De Luca, a meno che non si voglia proseguire con la logica della democristianizzazione e del Partito della Nazione, che in Campania un anno fa ebbe il suo battesimo coi verdiniani amici di Cosentino (a proposito a Casal di Principe il No ha vinto con l’81,53 per cento).
Fabrizio d'Esposito
Inviato del Fatto Quotidiano
Referendum Costituzionale - 5 Dicembre 2016
Referendum, la Campania vota No. Ora il Pd deve fare i conti con il De Luca perdente
A ben guardare, il risultato di Agropoli non è poi così lontano dall’auspicio clientelare di Vincenzo De Luca, nell’ormai celebre riunione segreta coi 300 sindaci e amministratori campani all’Hotel Ramada di Napoli, a metà novembre. Nel paesino del salernitano, dov’è sindaco l’ex dc Franco Alfieri, indagato per vicende varie, l’obiettivo da raggiungere era di 4mila voti, anche a costo di offrire sontuose fritture di pesce, e alla fine il Sì si è fermato a 3.475 voti, a 525 voti dalla fatidica meta. Il punto è che però i due Compari del Clientelismo per il Sì, De Luca e Alfieri, non avevano calcolato il boom dell’affluenza. E così, anziché in 8mila, ad Agropoli sono andati a votare in 10mila. Risultato finale: 7.309 voti per il No, pari al 67,78 per cento; 3.475 voti per il Sì e percentuale del 32,22. Un flop, meglio un disastro.
Ma è in tutta la Campania che il Pd deluchiano rimedia una catastrofica sconfitta. Il No vince in tutte e cinque le province: Napoli, Salerno, Benevento, Caserta e Avellino. E ovunque il Sì non riesce mai a toccare il 40 per cento della media nazionale. Sempre sotto. Addirittura a Napoli e provincia, dove sono concentrati 1.358.562 votanti (56,63 per cento) sui 2.689.070 dell’intera regione (affluenza totale del 58,88 per cento), il No ha sfondato il muro del 70 per cento, seppure di poco (70,38 per cento), col Sì sotto il 30: 29,62 per cento. Emblematico, in questa provincia, il risultato di Ercolano, culla del renzismo grazie al sindaco Ciro Buonajuto, uno dei volti della Leopolda: No al 68,10 per cento, Sì al 31,90. Qui, lo stesso premier, era venuto in visita solenne lo scorso 20 novembre, appena due settimane fa. La scoppola di Ercolano, la notte scorsa, al comitato dalemiano del No in via dei Cerchi, a Roma, è stata motivo di grande orgasmo per Massimo Paolucci, uomo macchina del Generale Massimo in Campania: “Hanno perso a casa loro, a Ercolano. Questi erano quelli che volevano cacciarci dal Pd”.
Poi c’è Salerno, ovviamente. La Betlemme dell’intera dinastia De Luca, non solo Vincenzo, ma anche i figli Roberto e Piero, il primo assessore cittadino, il secondo amico di Luca Lotti, responsabile del Sì da queste parti e futuro deputato del Pd. In città il Sì si è fermato al 39,93 per cento, nell’intera provincia il dato scende al 35,31 per cento. Tutti numeri che invecchiano di colpo il successo di De Luca alle regionali del 2015, appena un anno e mezzo fa.
La comparazione dei dati aiuta a comprendere meglio la nuova condizione di minorità e di minoranza dello Sceriffo di Salerno. Il 31 maggio del 2015, De Luca aveva vinto con il 41,15 per cento, a fronte di un’affluenza del 51,93, quasi sette punti in meno di quella di domenica. In termini assoluti, il governatore perde 150mila voti nell’intera regione: aveva preso 987.927 voti un anno fa, mentre ieri il Sì campano è stato di 839.692 voti, pari al 31,48.
La comparazione è naturale alla luce della sovrapposizione totale tra De Luca e il fronte del Sì renziano, come dimostra l’audio rivelato dal sito del Fatto quotidiano. Il No campano al 68,52 per cento, di conseguenza, è anche un gigantesco rifiuto della campagna tutta politica fatta dal governatore a favore della riforma Boschi, al punto da precettare 300 amministratori di sinistra, centro e destra per fare un ragionamento molto lineare e semplice: “Questo governo ci garantisce un fiume di soldi, circa 14 miliardi di euro, e non era mai successo. Dobbiamo fare una mobilitazione porta a porta per il Sì”. Ecco perché De Luca ha perso e dovrebbe fare come Renzi e dimettersi. L’audio delle fritture di pesce, insieme alle ignobili parole su Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia, l’hanno reso un personaggio centrale della campagna referendaria. Senza dimenticare che l’intero giglio magico (Renzi, Lotti e Nardella) è calato in massa nella Regione, ritenuta decisiva alla stregua di uno Stato americano come l’Ohio o la Florida.
Invece De Luca non si dimetterà affatto. Stamattina ha commentato il risultato parlando di “umiltà e responsabilità”, in attesa di capire come evolverà la faida del Pd e offrire il suo pacchetto di voti al potente di turno. Ma fino a quando il Nazareno continuerà a tollerare il metodo di De Luca, fatto di violenza verbale, populismo campano e clientelismo stile dc modello Gava? Per manifestare una serie volontà di rinascita, il Pd ha un urgente bisogno di fare i conti coi suoi macigni. Uno è l’Emerito Re Giorgio Napolitano, l’uomo che ha azzerato la Ditta di Bersani prima con il governo Monti poi con quello di Enrico Letta. L’altro è proprio De Luca, a meno che non si voglia proseguire con la logica della democristianizzazione e del Partito della Nazione, che in Campania un anno fa ebbe il suo battesimo coi verdiniani amici di Cosentino (a proposito a Casal di Principe il No ha vinto con l’81,53 per cento).
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Roma, 8 feb. (Adnkronos) - "Le vergognose scritte apparse nella notte alla foiba di Basovizza -a poche ore dal Giorno del Ricordo- ci ricordano che il riconoscimento della crudeltà di questo dramma ancora non è condiviso da tutti i cittadini italiani. Non possiamo accettarlo. Le foibe hanno rappresentato un pagina buia della nostra storia -per troppo tempo nascosta- in cui migliaia di uomini, donne e bambini sono stati perseguitati e uccisi in nome della follia comunista". Lo afferma il deputato di Fratelli d'Italia e presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone.
"Anche quest'anno -grazie ad una risoluzione della commissione Cultura della Camera del 2023 e all'impegno del presidente Meloni, del ministro Abodi e delle Ferrovie dello Stato- partirà da Trieste -ricorda- 'Il Treno del Ricordo' per mantenere viva la memoria dell’esodo giuliano-istriano-fiumano-dalmata, che lo scorso anno ha avuto un enorme successo con lunghissime file nelle stazioni italiane delle più grandi città italiane. Dobbiamo continuare questo percorso di riconoscimento e di sensibilizzazione della terribile strage delle Foibe e restituire queste pagine strappate della nostra storia alla Nazione, per evitare che episodi come quelli di questa notte si ripetano".
Roma, 8 feb. (Adnkronos) - "Se fosse confermata la notizia del commissariamento di tre aziende municipalizzate su quattro del Comune di Bari, si avrebbe la dimostrazione della gravità, dello 'stato di emergenza' sul fronte della legalità in cui si è trovato il capoluogo pugliese. Anni e anni di silenzi e omessi controlli. Il sindaco Decaro deteneva la delega alle municipalizzate: dove era quando la mafia si appropriava della gestione di queste società pubbliche come un cancro? Ci sono responsabilità politiche pesantissime. Se confermata la notizia delle società, avremmo l’ulteriore dimostrazione della cura e dell’attenzione del Governo verso Bari e i baresi: il commissariamento di tutto il Comune avrebbe delle conseguenze disastrose e il bollino rosso delle infiltrazioni mafiose verrebbe posto, così, senza investire tutta la comunità”. Lo affermano i parlamentari pugliesi di Forza Italia Dario Damiani, Rita Dalla Chiesa, Andrea Caroppo, Giandiego Gatta, Vito De Palma, Giorgio Lovecchio e Antonio Trevisi.
Roma, 8 feb. (Adnkronos) - "L’oltraggio ai caduti è un atto vile che vuole seppellire ancora la memoria. Ricordare le vittime italiane è fondamentale per costruire un futuro di pace tra i popoli. Non possiamo permettere che la storia venga distorta, dimenticata e oltraggiata. Ferma condanna per l’ignobile atto di vandalizzazione della foiba di Basovizza". Così il ministro del Turismo, Daniela Santanchè.
Roma, 8 feb. (Adnkronos) - "Basta con questi atti brutali, provocatori e intolleranti. La memoria delle vittime delle foibe deve essere rispettata, i morti si ricordano e si piangono. È particolarmente odioso dover ancora una volta constatare che qualcuno a ridosso del Giorno del Ricordo tenta di speculare e di scavare ancora solchi ideologici. Pochi vandali non rovineranno la solennità della cerimonia di lunedì a Basovizza né incrineranno oggi l'inaugurazione della Capitale europea della cultura a Gorizia-Nova Gorica". Lo afferma Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd.
Roma, 8 feb. (Adnkronos) - "La vicenda Lo Voi ci rattrista profondamente. Perché la Procura di Roma ha inserito atti riservati dei Servizi segreti in un fascicolo giudiziario? Non possiamo immaginare che si tratti di una ripicca per la famosa vicenda dei voli di Stato da 13mila euro a tratta negati al procuratore di Roma. Non è possibile. Ma allora perché agire in maniera così maldestra? Bisogna valutare con serenità la prosecuzione della permanenza di Lo Voi alla guida della Procura di Roma. Ha competenze su organi istituzionali i cui segreti potrebbero essere ulteriormente divulgati. Io credo che dovrebbe essere Lo Voi stesso a trarne le conclusioni. E se il Csm fosse un organo libero e autorevole dovrebbe occuparsene con immediatezza". Lo afferma il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri.
"Quali che siano le valutazioni che si faranno in futuro, allo stato -aggiunge- non c'è una condizione di sicurezza per servizi dello Stato fondamentali le cui sedi centrali sono a Roma e quindi raggiungibili dalle competenze del procuratore Lo Voi. Poi ricorrono sempre condotte inquietanti di alcuni giornali stranamente sempre in possesso delle giuste notizie, sia che si tratti della super procura antimafia sia che si tratti dei Servizi segreti. La libertà di stampa è un caposaldo della Repubblica, ma a volte ci si può interrogare sulla natura reale di alcune testate spuntate all'improvviso con enorme dispendio di risorse visti i bilanci passivi. C'è poi da riprendere la vicenda della super procura antimafia, ovverosia dello scandalo De Raho e Striano. Anche in questo caso la competenza è finita nelle mani di Lo Voi, che probabilmente non appaiono quelle più adatte. Dobbiamo riprendere l'iniziativa nella commissione Antimafia. Il Parlamento deve difendere istituzioni fondamentali e principi di diritto che sono baluardo stesso della democrazia”.
Roma, 8 feb. (Adnkronos) - “Dal mancato scioglimento del Comune di Bari trapelano comunque elementi di interesse dell’Antimafia: perciò, durante il prossimo Ufficio di presidenza, chiederò l’audizione in commissione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. È un passaggio imprescindibile perché la notizia del commissariamento di tre delle quattro aziende municipalizzate del Comune è un campanello d’allarme serissimo”. Lo afferma Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia e vicepresidente della commissione Antimafia.
Roma, 8 feb. (Adnkronos) - "L'oltraggio compiuto al monumento che ricorda i morti della Foiba di Basovizza dimostra l'abisso morale e umano di chi ha perpetrato quel gesto vile". Lo afferma Piero Fassino, deputato del Pd e vicepresidente della commissione Esteri della Camera.
"La Giornata del Ricordo, che si celebra il 10 febbraio di ogni anno, è stata istituita dal Parlamento all'unanimità -ricorda-proprio per riconoscere una tragica pagina di storia italiana per troppo tempo rimossa e per restituire onore e giustizia a chi ne fu vittima. Non sarà l'azione scellerata di qualche nostalgico a offuscare il valore di un ricordo in cui tutti gli italiani possono riconoscersi".