“Nessun festino, né trenini, né champagne. Noi qui non prendiamo indennità da quasi due anni”. Il “day after” a Villa Lubin, la palazzina che ospita gli uffici del Cnel, sembra un giorno come gli altri. Il giorno dopo il referendum costituzionale che ha respinto, fra le altre cose, l’abolizione del Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro, il vicepresidente Gian Paolo Gualaccini, rilancia per una riforma dell’organo previsto dall’articolo 99 della Costituzione: “In 80 paesi del mondo esistono i Cnel. Ne ha uno anche l’Unione Europea e si chiama Cese. In Italia la legge ordinaria che lo regola è vecchia di 30 anni e andrebbe riformata per cambiare mission, governance, numero di consiglieri. Per renderlo uno strumento utile a Governo e Parlamento”. Poi Gualaccini spiega come il bilancio di 8 milioni l’anno non sarebbe stato tagliato anche con una vittoria del Sì: “I dipendenti andavano comunque a lavorare in altri uffici statali e la villa storica dove stiamo non sarebbe stata abbattuta, andava comunque mantenuta”. Già dal 2015 i consiglieri rimasti in carica non percepiscono più la loro indennità di 25mila euro lordi l’anno. Inoltre il Cnel, sempre dal 2015, era stato messo in regime di proroga in attesa della sua abolizione e i suoi organi non erano stati rinnovati. I consiglieri che hanno continuato a riunirsi e lavorare erano rimasti 24 sui 64 previsti
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