Una corsa contro il tempo, non priva di rischi, perché la trasparenza non resti uno slogan o peggio un gigantesco “pacco”. Giusto all’antivigilia di Natale, il 23 dicembre, va a pieno regime il decreto che disciplina il Freedom of information act, le norme sull’accesso civico introdotte nel 2013 e perfezionate con il “decreto trasparenza” del maggio scorso. A partire da quel giorno le Pa dovranno gestire le richieste dei cittadini, forti dei diritti/doveri disciplinati da una legge in materia di pubblicità e trasparenza che sulla carta promette di allineare il nostro Paese alle democrazie più avanzate in materia, tanto che la sua sola emanazione è valsa un balzo avanti dell’Italia nel rating mondiale di accesso all’informazione di accesso pubblico a dati, documenti e informazioni: siamo passati dalla 97sima posizione alla 55esima.

Il collaudo è ormai alle porte, mancava l’ultimo passaggio: la definizione di linee guida da parte dell’Anticorruzione e del Garante per la Privacy per le amministrazioni, con le indicazioni espresse su quali richieste accogliere o rigettare in caso di  accessi documentali e “generalizzati”, le due chiavi a disposizione del cittadino per ottenere i documenti che chiede. La prima per atti la cui pubblicazione è obbligatoria, la seconda per tutti gli altri, con le uniche limitazioni del “rispetto della tutela degli interessi pubblici e/o privati” e “delle norme che prevedono specifiche esclusioni”. Le linee guida non hanno efficacia vincolante, né dalla loro violazione potrebbero scaturire conseguenze in punto di diritto. Tuttavia, non si esclude che la loro inosservanza possa essere considerata in sede di valutazione giurisdizionale.

Foia, esperti e associazioni all’Anac: “Le sue linee guida affosseranno la legge”

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