Appena compaiono gli attivisti indagati la folla si spacca in due: c’è chi va via, ma anche chi rimane ostentando inedito garantismo. E quello che doveva essere un innocuo banchetto informativo del Movimento 5 Stelle si trasforma in una spaccatura pubblica. A Palermo la tensione è alta tra i grillini travolti dall’inchiesta sulle firme false e ormai divisi in due fazioni contrapposte: quelli che rimangono fedeli ai deputati e attivisti indagati e i cosiddetti dissidenti, che invece marcano le distanze da questi ultimi.
Il casus belli va in onda in quello che sembra un tranquillo sabato pomeriggio. In piazza Mario Francese i pentastellati hanno organizzato un banchetto informativo dedicato ai residenti della sesta circoscrizione cittadina sotto il simbolo del Movimento 5 Stelle. A un certo punto però tra i presenti compare anche Riccardo Ricciardi, marito della deputata Loredana Lupo: è uno dei 13 indagati nell’inchiesta sulle firme false, che davanti ai pm Dino Petralia e Claudia Ferrari si è avvalso della facoltà di non rispondere, rifiutandosi anche di rilasciare agli inquirenti un campione della sua calligrafia. Ricciardi è l’attivista che nel 2012 ha consegnato le firme per sostenere la lista del M5s alle amministrative, ma secondo la procura di Palermo molte di quelle sigle furono ricopiate, dato che in primo momento erano state raccolte in alcuni moduli che contenevano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale.
Nonostante sia indagato, però, il marito della deputata Lupo non è stato sospeso dai probiviri del Movimento, che invece hanno preso provvedimenti nei confronti dei parlamentari Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Giulia Di Vita e dell’attivista Samantha Busalacchi. E infatti quando quest’ultima si materializza al banchetto di piazza Francese, una decina di attivisti decide di allontanarsi polemicamente. “Quella di oggi è stata una vera e propria provocazione – racconta uno dei grillini della prima ora – già ieri sul nostro forum avevamo discusso sull’opportunità che gli indagati continuassero a frequentare i banchetti con il simbolo del Movimento e la nota dei probiviri è chiarissima in questo senso”. E in effetti Paola Carinelli, Nunzia Catalfo e Riccardo Fraccaro avevano utilizzato parole nettissime per motivare la sospensione cautelare di Nuti, Di Vita, Mannino e Busalacchi dal M5s. “Sono stati segnalati come comportamenti non conformi ai principi del MoVimento – scrivevano – l’avvalersi della facoltà di non rispondere di fronte ai pm e il rifiuto di procurare un saggio grafico”.
È per questo motivo che adesso molti attivisti rumoreggiano. “Sembra quasi che abbiano voluto mettere in scena una prova di forza”, dice un altro dei dissidenti, mentre tra i grillini c’è anche chi sostiene gli indagati, in nome della presunzione d’innocenza. “Bisogna aspettare la sentenza definitiva. Fino a prova contraria siamo tutti innocenti”, dice per esempio un’altra attivista presente a Repubblica Tv. “Sono cittadini come tutti gli altri perché non dovrebbero essere qua? È un problema personale, a loro discrezione: chiunque può venire”.
E mentre a Palermo il meet up si spacca sugli attivisti indagati, a Roma il M5s dovrà discutere presto della posizione di Nuti, Di Vita e Mannino. I tre deputati, infatti, non hanno ancora lasciato il gruppo parlamentare pentastellato alla Camera, nonostante i probiviri ne avessero decretato la “sospensione cautelare dal Movimento 5 Stelle” già dieci giorni fa. La crisi di governo e le consultazioni al Quirinale hanno ovviamente rinviato la discussione di qualche giorno, ma l’impressione è che i tre intendano tenere duro: si professano innocenti e dunque non vogliono lasciare il gruppo dei 5 Stelle.