“Gli americani sono stufi di vedere milioni di dollari risucchiati dalla nostra economia, grazie alle regolamentazioni non necessarie di EPA”. La frase è stata pronunciata da Scott Pruitt, l’uomo che Donald Trump ha chiamato a dirigere proprio l’Environmental Protection Agency (EPA), l’organo che si occupa di protezione ambientale e salute pubblica. Pruitt ha detto di voler guidare questa agenzia del governo in modo da contemperare “protezione dell’ambiente e libertà per il mondo degli affari americano”. Tradotto: Pruitt vuole smantellare gran parte delle leggi fatte approvare negli otto anni di Barack Obama.

Nei giorni scorsi Donald Trump ha incontrato Al Gore e Leonardo DiCaprio. La figlia Ivanka, hanno detto le cronache, è particolarmente attenta ai temi legati al climate change. Eppure, quando si viene agli atti concreti, alle scelte che contano, non ci possono essere molti dubbi. Trump, che ha definito una “balla confezionata dai cinesi” la tesi del riscaldamento globale, intende fare piazza pulita dell’accordo sul clima di Parigi e tornare a una politica energetica basata sullo sfruttamento delle risorse fossili senza più molti vincoli ambientali. Da questo punto di vista, proprio EPA diventa il grande nemico. In campagna elettorale, Trump aveva detto di voler ridurre l’agenzia a “solo qualche pezzetto, nel caso diventassi presidente”.

Ora Trump è presidente e Pruitt è il suo braccio armato per smantellare e distruggere. Questo avvocato repubblicano, che è stato attorney general dell’Oklahoma, è al momento coinvolto nello sforzo legale condotto da 27 Stati americani contro il “Clean Power Plan”, la legislazione fatta approvare da Barack Obama nel 2015 e che mira a ridurre del 32% le emissioni inquinanti di diossido di carbonio entro il 2040. Ma Pruitt ha anche combattuto contro alcune delle regole che la sua futura agenzia ha cercato di far rispettare in questi anni; regole per prevenire l’inquinamento dell’aria nei parchi pubblici, contro le fughe di idrocarburi durante le trivellazioni, contro le infiltrazioni di arsenico e mercurio dalle centrali elettriche.

Pruitt si è rivelato un sostenitore così entusiasta dei combustibili fossili da permettere che una società energetica, la Devon Energy, usasse la sua carta intestata per inviare una nota di protesta contro EPA. Va da sé che in tema di cambiamenti climatici Pruitt abbia più volte espresso tutti i suoi dubbi. Il tema, ha spiegato il futuro direttore dell’EPA, è tutt’altro che definito una volta per tutte. “Gli scienziati continuano a dividersi su grado ed estensione del riscaldamento globale e sui suoi legami con le azioni degli uomini” ha spiegato Pruitt. Non siamo alla radicalità delle espressioni di Trump – la “balla confezionata dai cinesi” – ma la sostanza è all’incirca la stessa. Pruitt è a favore di una liberalizzazione totale e priva di regole delle politiche energetiche fondate sui combustibili fossili.

Gli obiettivi di Trump, Pruitt e del mondo industriale e degli affari che sta dietro ai nuovi padroni della politica americana potrebbero però andare anche al di là dello smantellamento delle misure fatte approvare da Obama. L’obiettivo potrebbe essere più ambizioso e dirigersi contro il “Clean Air Act”, la legge ambientale più importante mai approvata negli Stati Uniti, confermata e allargata proprio da un presidente repubblicano, George H. Bush, nel 1990. Trump potrà emettere ordini esecutivi o cancellare ordini emessi dal suo predecessore in tema ambientale. Avrà l’autorità per interpretare la legislazione esistente, incluso appunto il “Clean Air Act”; potrà agire, in collaborazione con Pruitt, per regolare la produzione di energia e il rilascio di nuove concessioni e permessi.

La posta in gioco è grande ed è per questo che molte associazioni ambientalistiche si stanno muovendo. “Pruitt non crede nella missione di EPA, che è quella di proteggere la salute e l’ambiente”, ha spiegato Lisa Garcia di Earthjustice. I democratici promettono di sottopore Pruitt a un processo di conferma particolarmente rigoroso – fino, se possibile, a bloccarne la nomina. “Siamo all’emergenza totale – ha spiegato Brian Schatz, senatore democratico delle Hawaii – Pruitt è un negazionista dei cambiamenti climatici di professione, uno che non crede nella scienza”. A livello statale, c’è chi promette di resistere. “Farò tutto quello che è in mio potere per costringere EPA a rispettare le leggi federali sull’ambiente”, ha detto l’attorney general dello Stato di New York, Eric Schneiderman.

I critici della nomina fanno poi notare due cose. Il ritorno a politiche energetiche che privilegiano i carburanti fossili potrebbe nuocere a un settore che in questi anni ha fatto enormi progressi. L’economia Usa ha goduto di un aumento di 88 mila posti di lavoro nell’eolico (nel 2016) e di 209 mila nel fotovoltaico solare (nel 2015), a dimostrazione di come un approccio attivo alle minacce del climate change possa tradursi in un vantaggio economico. C’è poi un altro aspetto che preoccupa. In anni recenti, EPA ha preso in carico – per esempio con la EJ 2020 Action Agenda – i temi legati all’impatto dell’inquinamento sulla salute dei più deboli, delle minoranze etniche, delle fasce di popolazione svantaggiate economicamente.

Il tema dell’ambiente è insomma sempre più diventato anche un tema di giustizia ambientale, seguendo i principi contenuti dall’Executive Order 12898 approvato da Bill Clinton nel 1994, che imponeva alle agenzie federali “di considerare la giustizia ambientale come parte integrante della propria missione”. Tra i primi atti di Trump, ci potrebbe essere proprio la revoca di quest’ordine esecutivo; e quindi la cancellazione del principio stesso di giustizia ambientale.

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