Maggioranza più fragile o Partito democratico più forte? O meglio: un sotto-accordo tra Renzi e Verdini in modo che il governo abbia vita breve e le elezioni, come promesso, possano arrivare il prima possibile? Le tesi più fantasiose si rincorrono sull’esclusione di Ala dalla base su cui si sosterrà il governo Gentiloni. Il punto di partenza dell’uscita del quadro della maggioranza dei verdiniani – che si trascinano via anche l’ex viceministro Enrico Zanetti – è in ogni caso una serie di telefonate che l’ex garante del patto del Nazareno ha messo in fila prima della composizione della lista dei ministri con il presidente Sergio Mattarella, con il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, due volte con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e soprattutto con l’ex Matteo Renzi. L’ultima in vivavoce, durante l’ultima riunione di verdiniani e zanettiani nel loro quartier generale di via Poli. Verdini prende il telefono e chiama Renzi, lasciando che sentano tutti i presenti. L’ex braccio di Berlusconi manifesta tutta la sua delusione per l’esclusione dalla squadra di governo. Dall’altra parte Renzi dice di non voler “mettere bocca”, Ala lo accusa di essersi disinteressato a loro. “Chiedevamo un governo asciutto con una base parlamentare allargata, invece, hanno allargato il governo per accontentare le correnti del Pd e si sono ritrovati una base parlamentare traballante” dice uno dei verdiniani. Ribadisce Vincenzo D’Anna, una delle colonne del movimento di Verdini: “Renzi non ha voluto regalare diciotto voti di tranquillità a Gentiloni. Il suo disinteresse verso di noi mi pare molto interessato. Perché gli tornerebbe utile se volesse staccare anticipatamente la spina alla legislatura“. Insomma Renzi non ha messo bocca perché gli torna comodo.
Secondo le ricostruzioni del Corriere della Sera, infatti, Renzi ha volutamente lasciato a Gentiloni una maggioranza risicata, in modo da poter far cadere il governo e finire la legislatura quando lo riterrà più opportuno. Uno scenario confermato anche da chi Denis Verdini lo conosce molto bene, Altero Matteoli, ex ministro di centrodestra e tra i principali dirigentu di Forza Italia:”Chi non conosce il rapporto che c’è tra Renzi e Denis non può capire – racconta – Non mi stupirei che il primo abbia lasciato che la minoranza del Pd alzasse le barricate contro Verdini, consegnando a Gentiloni una maggioranza fragile, così da puntare al voto presto”.
Nel quartier generale del segretario del Partito democratico, conferma Repubblica, la sensazione diffusa è che alla fine un esecutivo appeso a pochi voti non sia per nulla un male. In questo modo, infatti, in qualunque momento Renzi potrà staccargli la spina: la probabilità di far cadere il governo nel giro di sei mesi si fa più concreta. A dimostrarlo ci sono i numeri: al Senato la maggioranza si regge su una manciata di voti. Su La Stampa si ipotizza però uno scenario alternativo: mentre alla Camera Enrico Zanetti motiverà il no al nuovo governo, a Palazzo Madama la strategia di Ala sarà più sottile. I verdiniani potrebbero uscire dall’aula per abbassare il quorum. Il nuovo presidente del Consiglio si sente sicuro: “Saremo più solidi senza Verdini”, ha detto ai suoi.
“Non mi meraviglierei se Verdini avesse assecondato Renzi nel gioco. Tanto Denis nemmeno si ricandida”, arriva a ipotizzare Matteoli sulle pagine del Corriere. Ma è difficile capire quali convenienze avrebbero i parlamentari di Ala a prestarsi al presunto gioco del leader democratico. Senza più la sponda di Renzi, ora il gruppo rischia di sfaldarsi, come teme Ignazio Abrignani: “Appoggiano Renzi il gruppo si spaccherebbe – dice il deputato verdiniano – perché non vedo disponibilità a fare il lavoro sporco per altri”.
E Zanetti l’ex montiano? Si era alleato in Parlamento proprio con Verdini per apparire più forte. E invece ora resta fregato perché se i gruppi Ala-Scelta Civica voteranno no alla fiducia, lui perderà la poltrona di viceministro, l’unica che ancora lo legittimava. Il rifiuto del Pd di allearsi con Verdini, dice ora Zanetti, “è una colossale sciocchezza: questo non è un accordo con Verdini ma con una forza che comprende 16 deputati e 18 senatori, alcuni certo di estrazione ex centrodestra, esattamente come lo sono i parlamentari Ncd. Renzi ha fatto un grande errore quando ha personalizzato il referendum, e oggi la personalizzazione sulla figura di Verdini è un altro errore”.
Certo, le cose possono cambiare. “Non staremo mai in posti di sottogoverno, non ci legittimano con le poltrone” hanno detto dai due partitini nati in Parlamento. Ma a tanta nettezza non crede nessuno.