Derogare alle regole della Mifid nella speranza che 40mila “gonzi impauriti” decidano di convertire “volontariamente” i loro bond subordinati in azioni MontePaschi. E’ su questo punto che si gioca oggi tutto il piano di salvataggio dell’istituto senese, il cui cda – come da attese – ha dato il via all’aumento di capitale da 5 miliardi e alla riapertura dell’offerta di conversione delle obbligazioni al retail incassando in tarda serata l’autorizzazione della Consob.
Una vera porcheria, perché non si capisce per quale ragione un risparmiatore che non abbia la cultura finanziaria e le caratteristiche previste per effettuare un investimento azionario (e probabilmente nemmeno quelle per acquistare bond subordinati), possa oggi essere sollecitato dalla banca a farlo con il via libera dell’autorità di controllo. Ma non è certo l’unica porcata: al termine del consiglio d’amministrazione del MontePaschi di giovedì 15 dicembre, ben prima che la Consob ufficialmente decidesse in merito all’operazione, si è diffusa la voce, riportata da alcuni organi d’informazione, che l’autorità presieduta da Giuseppe Vegas avesse dato un via libera ufficioso a MontePaschi, facendo impennare il titolo in Borsa (è arrivato a guadagnare quasi il 6% a 21,229 euro per poi chiudere in rialzo del 2,99% a 20,66 euro). In serata un portavoce della Commissione ha smentito categoricamente quell’indiscrezione, ma era ormai troppo tardi: né la banca, né la Consob si sono premurate di intervenire tempestivamente per evitare turbative di mercato. E se la banca in fin dei conti un po’ la si può capire (le indiscrezioni andavano a favore dell’operazione appena varata e alla fine si sono dimostrate più che fondate), la Consob no, dato che è appunto l’autorità di controllo del mercato e che le indiscrezioni riguardavano addirittura una decisione che essa stessa doveva – almeno ufficialmente – ancora assumere.
Qualcuno sulla base di questa indiscrezione ha comperato e guadagnato, qualcun altro – più fortunato perché magari ha saputo in anticipo – ha comperato addirittura prima e probabilmente ha guadagnato di più. La cosa buffa è che spetterà alla stessa Consob eventualmente accertare chi ha comprato e quando. Ma sarebbe sbagliato gettare la croce solo sulla Commissione, quando pochi giorni fa – sempre a mercato aperto – sono filtrate addirittura dalla Bce le indiscrezioni sul “no” alla proroga dei termini dell’aumento di capitale di Siena.
A ridurre così drasticamente la soglia di attenzione di chi sarebbe tenuto a vigilare su una società, peraltro quotata, contribuisce probabilmente il fatto che nella bislacca operazione di salvataggio del MontePaschi sia alla fine costretto a intervenire lo Stato con i soldi dei contribuenti. Uno Stato peraltro già primo azionista della banca attraverso il Tesoro che ha fatto da cabina di regia in questi mesi nella messa a punto del piano fallimentare firmato dai vertici dell’istituto e dagli advisor Jp Morgan e Mediobanca. In questo atteggiamento così distratto c’è forse un tentativo di dare una mano a un governo sempre più in difficoltà nell’affrontare la partita delle banche? E’ possibile perché, a dirla tutta, la conversione “volontaria” dei bond in azioni fa molto comodo al Tesoro e al governo: più “gonzi” abboccheranno, minore sarà la grana – sia politica sia finanziaria – dei risarcimenti ai risparmiatori truffati che si dovrà affrontare nazionalizzando l’istituto.
Stiamo parlando di oltre 2 miliardi di euro e di decine di migliaia di risparmiatori cui Mps, a dispetto delle regole sulla sollecitazione al risparmio e nel silenzio di Consob e Bankitalia, ha piazzato obbligazioni subordinate emesse per finanziare il disastroso acquisto di Antonveneta. Convertendo volontariamente i bond, infatti, ci si assume in toto il rischio azionario e si perde contestualmente il diritto a ottenere qualsivoglia risarcimento sull’investimento pregresso in bond. Per far abboccare i gonzi del parco buoi, Mps “valorizza” i bond a premio rispetto all’attuale prezzo di mercato (mercato che su diverse emissioni è fatto dalla stessa Mps). Qual è il rischio della non adesione all’offerta di conversione volontaria? Che con l’intervento dello Stato a sostegno della banca i bond vengano cancellati o convertiti obbligatoriamente in azioni, a seconda delle modalità con le quali verrà effettuato l’intervento, ma si mantiene però intatto il diritto a far valere le proprie ragioni e a pretendere il risarcimento del danno. Chi sarà tanto gonzo da abboccare?
Le nuove azioni verranno emesse a un prezzo compreso tra i 24,9 euro e 1 euro, questa la “forchetta” annunciata giovedì dal consiglio d’amministrazione ed è essa stessa la presa d’atto di un fallimento, così come quando pochi mesi fa le due ex popolari venete collocarono le loro azioni al Fondo Atlante a 10 centesimi. L’euro indicato come prezzo minimo dal MontePaschi corrisponde in realtà a 1 centesimo, perché poche settimane fa è stato fatto un raggruppamento di azioni nell’ordine di 1 a 100 e non certo perché il titolo si è rivalutato in Borsa (dall’inizio dell’anno la perdita per gli azionisti è pari all’83,2%).
Intanto, sempre giovedì, si è svolta a Milano la prima udienza del processo penale nei confronti degli ex vertici dell’istituto senese tra cui figurano Giuseppe Mussari, Antonio Vigni, Gianluca Baldassarri, Daniele Pirondini, diversi dirigenti di Deutsche Bank e di Nomura. Al centro del processo ci sono le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, il prestito Fresh e la cartolarizzazione Chianti Classico. Nell’udienza preliminare si sono costituiti parte civile circa 2.500 risparmiatori, è stata accolta la richiesta del Codacons di inserire nel processo come responsabili civili la stessa Mps, Deutsche Bank e Nomura, e c’è stato anche un vero e proprio colpo di scena. Infatti l’Adusbef ha presentato, chiedendo che venga acquisito agli atti, l’originale della delibera del 17 marzo 2008 con cui la Banca d’Italia autorizzò l’acquisto di Antonveneta. Come ha spiegato Elio Lannutti, portavoce dell’Adusbef, quella delibera finora inedita è la “pistola fumante” che dimostra “le evidenti responsabilità sul crac Mps” da parte di Bankitalia, dato che la banca senese non aveva i mezzi necessari per realizzare l’acquisizione. Per questa ragione i legali dei risparmiatori costituiti parte civile nel processo hanno chiesto l’esclusione “dalla posizione di parti civili di Bankitalia e Consob, perché sapevano, quando autorizzarono l’acquisto di Antonveneta, che l’operazione sarebbe costata non solo 9 miliardi, ma altri 7 miliardi di interessi”. Secondo gli avvocati, “Bankitalia e Consob sapevano tutto ed è dal peccato originale dell’acquisto di Antonveneta che è derivato il disastro”.
Per quanto riguarda il via libera all’attuale operazione di salvataggio e alla conversione dei bond detenuti dal retail, poi, il Codacons preannuncia battaglia: “Se la Consob autorizzerà la ricapitalizzazione di Mps senza prevedere adeguate tutele per i risparmiatori sarà inevitabile un ricorso al Tar per bloccare l’operazione”. E chissà, magari anche una richiesta di danni alla stessa autorità di controllo.
Lobby
Monte dei Paschi, più gonzi abboccano alla conversione “volontaria” dei bond meno grane dovrà affrontare il governo
La banca ha riaperto l'offerta in attesa dell'autorizzazione Consob, arrivata in serata dopo le smentite sul via libera "ufficioso" circolato nelle indiscrezioni del pomeriggio. A ridurre la soglia di attenzione di chi dovrebbe vigilare contribuisce il fatto che alla fine dovrà intervenire lo Stato con i soldi dei contribuenti. E chi converte non avrà diritto a risarcimenti. Il Codacons preannuncia battaglia
Derogare alle regole della Mifid nella speranza che 40mila “gonzi impauriti” decidano di convertire “volontariamente” i loro bond subordinati in azioni MontePaschi. E’ su questo punto che si gioca oggi tutto il piano di salvataggio dell’istituto senese, il cui cda – come da attese – ha dato il via all’aumento di capitale da 5 miliardi e alla riapertura dell’offerta di conversione delle obbligazioni al retail incassando in tarda serata l’autorizzazione della Consob.
Una vera porcheria, perché non si capisce per quale ragione un risparmiatore che non abbia la cultura finanziaria e le caratteristiche previste per effettuare un investimento azionario (e probabilmente nemmeno quelle per acquistare bond subordinati), possa oggi essere sollecitato dalla banca a farlo con il via libera dell’autorità di controllo. Ma non è certo l’unica porcata: al termine del consiglio d’amministrazione del MontePaschi di giovedì 15 dicembre, ben prima che la Consob ufficialmente decidesse in merito all’operazione, si è diffusa la voce, riportata da alcuni organi d’informazione, che l’autorità presieduta da Giuseppe Vegas avesse dato un via libera ufficioso a MontePaschi, facendo impennare il titolo in Borsa (è arrivato a guadagnare quasi il 6% a 21,229 euro per poi chiudere in rialzo del 2,99% a 20,66 euro). In serata un portavoce della Commissione ha smentito categoricamente quell’indiscrezione, ma era ormai troppo tardi: né la banca, né la Consob si sono premurate di intervenire tempestivamente per evitare turbative di mercato. E se la banca in fin dei conti un po’ la si può capire (le indiscrezioni andavano a favore dell’operazione appena varata e alla fine si sono dimostrate più che fondate), la Consob no, dato che è appunto l’autorità di controllo del mercato e che le indiscrezioni riguardavano addirittura una decisione che essa stessa doveva – almeno ufficialmente – ancora assumere.
Qualcuno sulla base di questa indiscrezione ha comperato e guadagnato, qualcun altro – più fortunato perché magari ha saputo in anticipo – ha comperato addirittura prima e probabilmente ha guadagnato di più. La cosa buffa è che spetterà alla stessa Consob eventualmente accertare chi ha comprato e quando. Ma sarebbe sbagliato gettare la croce solo sulla Commissione, quando pochi giorni fa – sempre a mercato aperto – sono filtrate addirittura dalla Bce le indiscrezioni sul “no” alla proroga dei termini dell’aumento di capitale di Siena.
A ridurre così drasticamente la soglia di attenzione di chi sarebbe tenuto a vigilare su una società, peraltro quotata, contribuisce probabilmente il fatto che nella bislacca operazione di salvataggio del MontePaschi sia alla fine costretto a intervenire lo Stato con i soldi dei contribuenti. Uno Stato peraltro già primo azionista della banca attraverso il Tesoro che ha fatto da cabina di regia in questi mesi nella messa a punto del piano fallimentare firmato dai vertici dell’istituto e dagli advisor Jp Morgan e Mediobanca. In questo atteggiamento così distratto c’è forse un tentativo di dare una mano a un governo sempre più in difficoltà nell’affrontare la partita delle banche? E’ possibile perché, a dirla tutta, la conversione “volontaria” dei bond in azioni fa molto comodo al Tesoro e al governo: più “gonzi” abboccheranno, minore sarà la grana – sia politica sia finanziaria – dei risarcimenti ai risparmiatori truffati che si dovrà affrontare nazionalizzando l’istituto.
Stiamo parlando di oltre 2 miliardi di euro e di decine di migliaia di risparmiatori cui Mps, a dispetto delle regole sulla sollecitazione al risparmio e nel silenzio di Consob e Bankitalia, ha piazzato obbligazioni subordinate emesse per finanziare il disastroso acquisto di Antonveneta. Convertendo volontariamente i bond, infatti, ci si assume in toto il rischio azionario e si perde contestualmente il diritto a ottenere qualsivoglia risarcimento sull’investimento pregresso in bond. Per far abboccare i gonzi del parco buoi, Mps “valorizza” i bond a premio rispetto all’attuale prezzo di mercato (mercato che su diverse emissioni è fatto dalla stessa Mps). Qual è il rischio della non adesione all’offerta di conversione volontaria? Che con l’intervento dello Stato a sostegno della banca i bond vengano cancellati o convertiti obbligatoriamente in azioni, a seconda delle modalità con le quali verrà effettuato l’intervento, ma si mantiene però intatto il diritto a far valere le proprie ragioni e a pretendere il risarcimento del danno. Chi sarà tanto gonzo da abboccare?
Le nuove azioni verranno emesse a un prezzo compreso tra i 24,9 euro e 1 euro, questa la “forchetta” annunciata giovedì dal consiglio d’amministrazione ed è essa stessa la presa d’atto di un fallimento, così come quando pochi mesi fa le due ex popolari venete collocarono le loro azioni al Fondo Atlante a 10 centesimi. L’euro indicato come prezzo minimo dal MontePaschi corrisponde in realtà a 1 centesimo, perché poche settimane fa è stato fatto un raggruppamento di azioni nell’ordine di 1 a 100 e non certo perché il titolo si è rivalutato in Borsa (dall’inizio dell’anno la perdita per gli azionisti è pari all’83,2%).
Intanto, sempre giovedì, si è svolta a Milano la prima udienza del processo penale nei confronti degli ex vertici dell’istituto senese tra cui figurano Giuseppe Mussari, Antonio Vigni, Gianluca Baldassarri, Daniele Pirondini, diversi dirigenti di Deutsche Bank e di Nomura. Al centro del processo ci sono le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, il prestito Fresh e la cartolarizzazione Chianti Classico. Nell’udienza preliminare si sono costituiti parte civile circa 2.500 risparmiatori, è stata accolta la richiesta del Codacons di inserire nel processo come responsabili civili la stessa Mps, Deutsche Bank e Nomura, e c’è stato anche un vero e proprio colpo di scena. Infatti l’Adusbef ha presentato, chiedendo che venga acquisito agli atti, l’originale della delibera del 17 marzo 2008 con cui la Banca d’Italia autorizzò l’acquisto di Antonveneta. Come ha spiegato Elio Lannutti, portavoce dell’Adusbef, quella delibera finora inedita è la “pistola fumante” che dimostra “le evidenti responsabilità sul crac Mps” da parte di Bankitalia, dato che la banca senese non aveva i mezzi necessari per realizzare l’acquisizione. Per questa ragione i legali dei risparmiatori costituiti parte civile nel processo hanno chiesto l’esclusione “dalla posizione di parti civili di Bankitalia e Consob, perché sapevano, quando autorizzarono l’acquisto di Antonveneta, che l’operazione sarebbe costata non solo 9 miliardi, ma altri 7 miliardi di interessi”. Secondo gli avvocati, “Bankitalia e Consob sapevano tutto ed è dal peccato originale dell’acquisto di Antonveneta che è derivato il disastro”.
Per quanto riguarda il via libera all’attuale operazione di salvataggio e alla conversione dei bond detenuti dal retail, poi, il Codacons preannuncia battaglia: “Se la Consob autorizzerà la ricapitalizzazione di Mps senza prevedere adeguate tutele per i risparmiatori sarà inevitabile un ricorso al Tar per bloccare l’operazione”. E chissà, magari anche una richiesta di danni alla stessa autorità di controllo.
MORTE DEI PASCHI
di Elio Lannutti e Franco Fracassi 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "I fondi di coesione sono fondamentali per ridurre i divari e le disuguaglianze nel nostro paese e in tutta Europa, non possono e non devono essere usati per spese militari. Il Pd oggi ha difeso questa impostazione. Un’Europa forte e sicura e’ innanzitutto un’Europa più coesa. Elly Schlein e Giuseppe Provenzano hanno detto anche questo oggi al vertice socialista a Bruxelles. Dobbiamo essere tutti uniti per la tutela di questo strumento necessario a garantire protezione sociale e opportunità per una crescita giusta". Così in una nota Marco Sarracino, responsabile Coesione territoriale, Sud e aree interne nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Un episodio grave e inaccettabile che deve essere condannato con forza e determinazione: la sofferenza del popolo palestinese non può e non deve essere strumentalizzata da delinquenti intenzionati a spargere nelle nostre città odio antisemita profanando un luogo nato per coltivare la memoria dell’orrore della Shoah". Lo dice all'Adnkronos il deputato del Pd Andrea Casu a proposito della vicenda del museo della Shoah di Roma.
Milano, 6 mar. (Adnkronos) - La Procura di Milano ha chiesto al Comune - nell'ambito dell'inchiesta sull'urbanistica - la consegna delle dichiarazioni e delle comunicazioni (previste per legge) concernenti "l'assenza di conflitti di interesse, anche potenziali", sottoscritte da Giovanni Oggioni (arrestato ieri per corruzione), sia riguardo l'incarico di direttore del Sportello unico per l'edilizia (Sue), che per quello di componente della Commissione per il paesaggio; dell'ex dirigente Franco Zinna; degli indagati Andrea Viaroli e Carla Carbone e "di tutti i membri delle Commissioni per il paesaggio, a partire almeno dal 2015 in poi", ossia delle quattro commissioni (compresa l'attuale) che si sono succedute nel corso degli ultimi dieci anni.
Per la procura, si legge nel provvedimento, è "altrettanto necessario completare (aggiornandole sino alla data odierna) le acquisizioni dei 'verbali delle riunioni cosiddette di staff', nonché i verbali della Commissione attuazione nuovo Pgt e la relativa determina del 23 luglio 2020, nonché del 'Gruppo di lavoro' istituito in seno all'Area Rigenerazione Urbana", a partire dal primo giugno 2024 a oggi.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.