Finita la pausa referendaria, terminato il periodo di congelamento di alcune attività investigative per non turbare la campagna elettorale, dalla Procura di Napoli ripartono come le ciliegie le cattive notizie per Vincenzo De Luca: una tira l’altra. Ieri l’iscrizione nel registro degli indagati per induzione al voto di scambio dopo il ‘patto della frittura di pesce’ coi 300 sindaci all’Hotel Ramada, in tarda mattinata un avviso conclusa indagine nei confronti di uno degli uomini dell’inner circle deluchiano, Enrico Coscioni, il consigliere politico alla Sanità del Governatore Pd della Campania. I finanzieri del Nucleo Tributario hanno notificato l’avviso a Palazzo Santa Lucia, dove Coscioni ha un ufficio. Il pm Giancarlo Novelli e il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino accusano il cardiochirurgo salernitano di tentata concussione ai danni di tre ex commissari di Asl e ospedali pubblici.

Fatti risalenti al periodo dal settembre al dicembre 2015, commissari designati dalla giunta Caldoro che Coscioni, una sorta di assessore ombra alla Sanità con carta bianca per mettere ordine negli equilibri politici delle nomine, avrebbe provato a ‘sloggiare’. Invitandoli a dimettersi con le buone o con le cattive, per far posto a persone di gradimento della nuova maggioranza di centrosinistra. “L’onda è partita verrete sostituiti tutti”, la frase clou di Coscioni secondo la Procura. Un grido di battaglia. Una vicenda scivolosa. Una inchiesta attivata su un esposto di una delle ‘vittime’, Salvatore Panaro, l’ex commissario dell’Asl Napoli 3, che ricopre l’area della provincia vesuviana e stabiese. Assistito dall’avvocato Fabio Carbonelli, Panaro ha fatto un ricorso al Tar contro il suo avvicendamento e poi ha messo nero su bianco accuse precise che il pm ha così riassunto nel capo d’imputazione: Coscioni avrebbe invitato Panaro a rassegnare le dimissioni “per evitare un contenzioso” usando le espressioni “che stai a fare con Postiglione tanto tra tre giorni ti mandiamo via… nessuno ti vuole i sindaci non ti vogliono, Casillo non ti vuole (si tratta di Franco Casillo, indagato in un filone parallelo e stralciato, padre del capogruppo Pd in Regione Campania, ndr), tu devi andare via”. Altrimenti avrebbe azionato “controlli strumentali sulla sua gestione”.

Le acquisizioni documentali e le testimonianze raccolte hanno appurato che questo metodo sarebbe stato utilizzato anche nei confronti della commissaria dell’ospedale Cardarelli Patrizia Caputo e della commissaria dell’Asl Napoli 2 Agnese Iovino. Un metodo sintetizzabile in queste poche parole: o ti dimetti o ti sguinzaglio ispezioni che, nel disastrato mondo della sanità campana dai conti in rosso, avrebbero sicuramente portato alla luce qualche irregolarità. Alla dottoressa Caputo, Coscioni avrebbe provato a indurla a scrivere “una lettera di dimissioni al presidente De Luca… come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio” nella quale avrebbe anche dovuto premurarsi di ringraziarlo per l’opportunità ricevuta. Il consigliere del Governatore le avrebbe detto che lei “non capiva niente e che si trovava al posto di commissario straordinario per caso, e che doveva lasciare il posto a persone loro”. Anche per la dottoressa Iovino, Coscioni avrebbe riservato un trattamento simile affermando “che non c’era niente di personale ma che si trattava soltanto di un problema di schieramento politico: nominata da Caldoro, non era ben vista da De Luca”. La Iovino fu poi sospesa e le fu detto che “se si fosse dimessa i controlli disposti nel frattempo sulla sua gestione non avrebbero avuto ulteriori conseguenze”. Pochi giorni fa la Iovino, ricollocata nel ruolo di direttore sanitario del distretto 44, ha subito ben altre conseguenze: la sospensione di un anno dai pubblici uffici, decisa dal Gip di Napoli sulle basi di una inchiesta parallela della pm Graziella Arlomede, che ne aveva chiesto gli arresti domiciliari. La Iovino è indagata perché negli anni dal 2012 al 2014, quando era direttore sanitario dell’Asl, si sarebbe attivata per far ottenere borse di studio alla figlia e alla nuora. Le indagini del pm Novelli hanno appurato che questa ‘parentopoli’ era conosciuta da diverse persone che sentite come testimoni hanno dichiarato che anche le notizie sugli incarichi ai congiunti della Iovino furono in qualche modo utilizzate come strumento di ulteriore pressione per condurla verso le dimissioni, anche se non sono contestate nel capo d’imputazione. Si procede per concussione solo tentata perché nessuno dei tre si dimise: furono tutti rimossi con altre procedure.

Coscioni è stato ascoltato come indagato il 7 giugno. Si è difeso sostenendo che la sua era una normale attività di spoyl sistem. In queste indagini è stato sentito come testimone assistito (con l’avvocato perché indagato in procedimento connesso) anche Nello Mastursi, l’ex capo della segreteria politica di De Luca. Mastursi si è dimesso da ogni incarico per il suo ruolo nel caso Scognamiglio, l’inchiesta della Procura di Roma sulla presunta trattativa per barattare una nomina di manager della sanità all’avvocato Guglielmo Manna in cambio di una sentenza della moglie, Anna Scognamiglio, giudice di un collegio civile che si è pronunciato in favore del Governatore sui ricorsi per congelare la legge Severino ed evitare la sospensione di De Luca dalla carica. Mastursi ha provato a spiegare al pm Novelli il significato di un appunto ritrovatogli durante una perquisizione dell’autunno 2015. Un foglio stampato al computer così composto: a sinistra, le Asl e le aziende ospedaliere campane, a destra, i nomi dei rispettivi commissari e sub commissari da nominare. Su quel foglio A4 c’erano i nomi di due commissari che effettivamente furono nominati nei mesi successivi alla perquisizione. Proprio in due ‘sedi’ oggetto della tentata concussione di Coscioni. Curioso. Il pm intende utilizzare quell’appunto a supporto delle accuse, per smontare una delle tesi delle difese: le sostituzioni dei commissari sanitari – sostengono – erano la conseguenza di ispezioni attivate non per fare pressioni indebite, ma per esercitare un legittimo controllo sulla qualità del loro operato. Ma quel ‘pizzino’, che Mastursi a verbale ha affermato essergli stato consegnato da Coscioni, parrebbe far pensare altro: ovvero che era tutto ‘già scritto’, perché al momento della perquisizione le ispezioni sulle Asl erano ancora in corso.

AGGIORNAMENTO del 10-3-22
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio perché il fatto non sussiste la condanna a due anni di reclusione inflitta dalla Corte d’Appello di Napoli nei confronti del prof. Enrico Coscioni.

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