“Apprendo da fonti giornalistiche che sarei iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di Sindaco, determinazione che formalizzerò domani mattina nelle mani del Prefetto di Milano“. Con questa breve nota il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha annunciato ieri sera la decisione di autosospendersi dall’incarico di primo cittadino. Il motivo: è indagato dalla procura generale del capoluogo lombardo nell’ambito dell’inchiesta per corruzione e turbativa d’asta sull’appalto per la Piastra di Expo, l’infrastruttura più costosa realizzata nel sito di Rho Pero dalla Mantovani. Tra gli indagati anche il legale rappresentante del gruppo Pizzarotti di Parma: per lui l’accusa è di tentata turbativa d’asta.
La lettera del sindaco: “Attuale situazione è ostacolo a svolgere le funzioni” – Contrariamente a quanto emerso in un primo momento, Sala ha deciso di non convocare nessuna conferenza stampa. E’ intervenuto, invece, nella riunione dei capigruppo del Consiglio comunale tenutasi nel pomeriggio a Palazzo Marino. In mattinata, invece, dopo aver incontrato il prefetto di Milano Alessandro Marangoni, il primo cittadino ha scelto di affidare a una lettera la conferma della sua posizione e l’annuncio che si presenterà in consiglio a Palazzo Marino la prossima settimana. La missiva è stata inviata al presidente del Consiglio comunale Bertolè, alla vice sindaca della città metropolitana Censi e alla vice sindaca del Comune Scavuzzo. “Ritengo che l’attuale situazione determini per me un ostacolo temporaneo a svolgere le funzioni” ha scritto Giuseppe Sala, comunicando che sarà sostituito “nell’esercizio di dette funzioni rispettivamente dalle Vice sindaco Anna Scavuzzo e Arianna Censi“. Non solo. Il primo cittadino ha anche motivato il motivo della sua decisione: “La mia assenza è motivata dalla personale necessità di conoscere, innanzitutto, le vicende ed i fatti contestati; pertanto – ha aggiunto – fino al momento in cui mi sarà chiarito il quadro accusatorio, ritengo di non poter esercitare i miei compiti istituzionali. La prossima settimana – ha concluso Sala – mi presenterò al Consiglio del Comune di Milano e della Città Metropolitana per riferire in merito“. Le parole del sindaco di Milano, tuttavia, lasciano qualche dubbio squisitamente procedurale. In tutte le norme citate dal primo cittadino milanese (il comma 2 dell’articolo 53 del decreto legislativo 267 del 2000; l’articolo 42 dello statuto del Comune di Milano; l’articolo 21 dello statuto della Città Metropolitana), infatti, non si fa mai riferimento all’istituto dell’auto sospensione, che di fatto non è contemplato. Per questo motivo, quella di Sala è una decisione totalmente politica, senza riscontri dal punto di vista delle norme che regolano le sue funzioni e le sue prerogative. In serata, poi, è arrivata una mezza conferma. Da quanto appreso dall’agenzia Dire da fonti vicine alla Prefettura, Giuseppe Sala durante il colloquio con il prefetto Alessandro Marangoni ha adottato la formula dell’assenza temporanea, prevista dallo statuto comunale per incardinare in modo formale la sua autosospensione. Questa ‘assenza’ verosimilmente non dovrebbe durare più di una quindicina di giorni.
di Luigi Franco
Le “anomalie e irregolarità” nell’assegnazione dell’appalto e nella fase esecutiva – Le ipotesi di reato a carico del primo cittadino, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Expo, sono di falso materiale e concorso in falso ideologico. In particolare secondo il sostituto procuratore generale Felice Isnardi, che ha chiesto una proroga di sei mesi per approfondire le indagini dopo aver avocato a sé l’inchiesta, ci sono state “numerose anomalie e irregolarità amministrative” nella fase di “scelta del contraente”, l’impresa Mantovani, che vinse l’appalto con un ribasso del 42% sulla base d’asta di 272 milioni. Un ammontare “non idoneo neppure a coprire i costi“, avevano sottolineato i pm nella iniziale richiesta di archiviazione, a cui il gip Andrea Ghinetti si è opposto inducendo la procura generale a togliere loro il fascicolo. Per finire i lavori entro aprile 2015, come previsto, ci si piegò a una “deregulation dettata dall’emergenza”. E anche dopo, durante la fase esecutiva, all’appaltatore “fu consentito di entrare in una anomala trattativa al rialzo con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori, la cancellazione dell’evento e la credibilità del Paese“.
I 6mila alberi forniti dalla Mantovani – C’è poi il capitolo dell’improprio affidamento diretto alla stessa Mantovani della fornitura di 6mila alberi “per un importo di 4,3 milioni di euro a fronte di un costo per l’impresa di 1,6 milioni”. L’altra ipotesi di falso riguarda la sostituzione, decisa nel 2012, di un componente della commissione aggiudicatrice dell’appalto: per accelerare i tempi e non far slittare l’avvio dei lavori il sostituto fu scelto con una procedura accelerata e il provvedimento di annullamento della nomina fu retrodatato. Due verbali relativi riporterebbero “circostanze non rispondenti alla realtà” e, in particolare, sarebbero stati retrodatati con “l’intento di evitare di dover annullare la procedura fin lì svolta” anche per il “ritardo” sui “cronoprogrammi” dell’Expo, scrive la Gdf di Milano in un’informativa del maggio 2013.
La strategia dei vertici di Expo per “tutelare e garantire il loro ruolo” – Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria, già dopo che la Procura aveva iscritto nel registro degli indagati i primi nomi, avevano scritto tra le altre cose che anche l’allora numero uno di Expo Sala, il responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa e il general manager Angelo Paris avevano tenuto un comportamento non “irreprensibile e lineare“. Pur “con gradi di responsabilità diversi – chiariva la Gdf – attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all’interno della stessa”. Sala poi, come ha messo a verbale l’ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”.
Gli altri indagati e l’avocazione da parte della Procura generale – L’inchiesta condotta dai pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi, poi avocata dalla procura generale di Milano, aveva finora coinvolto cinque persone: Piergiorgio Baita (presidente della società Mantovani, già arrestato a Venezia per il Mose), due ex manager Expo già arrestati per altre vicende, Angelo Paris e Antonio Acerbo, e gli imprenditori della società Socostramo Erasmo e Ottaviano Cinque. Tutti indagati per corruzione e turbativa d’asta. Il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non avendo accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, aveva convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l’imputazione coatta. Nel frattempo, però, la Procura generale ha avocato il fascicolo e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto. Da qui la richiesta di proroga. Il fascicolo era stato al centro dello scontro tra l’ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l’ex aggiunto Alfredo Robledo, il quale, su decisione del primo, nel 2014 era stato di fatto estromesso dagli interrogatori ‘centrali’ dell’inchiesta. L’indagine era partita nel 2012.
Giustizia & Impunità
Expo, Sala indagato per falso: si autosospende: “La settimana prossima riferirò in Consiglio”
L'inchiesta riguarda la realizzazione della Piastra di Expo 2015, l’infrastruttura realizzata nel sito di Rho Pero dalla Mantovani. All'allora numero uno di Expo e agli altri indagati è contestato tra l'altro di non aver fatto le necessarie verifiche di congruità sull'offerta, aggiudicata con un ribasso del 42% a un ammontare "non idoneo neppure a coprire i costi". Il sostituto pg ha chiesto altri sei mesi di tempo per approfondire la vicenda. Il primo cittadino: "Attuale situazione è ostacolo a svolgere le funzioni". E annuncia che la prossima settimana riferirà in merito alla vicenda in consiglio comunale
“Apprendo da fonti giornalistiche che sarei iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di Sindaco, determinazione che formalizzerò domani mattina nelle mani del Prefetto di Milano“. Con questa breve nota il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha annunciato ieri sera la decisione di autosospendersi dall’incarico di primo cittadino. Il motivo: è indagato dalla procura generale del capoluogo lombardo nell’ambito dell’inchiesta per corruzione e turbativa d’asta sull’appalto per la Piastra di Expo, l’infrastruttura più costosa realizzata nel sito di Rho Pero dalla Mantovani. Tra gli indagati anche il legale rappresentante del gruppo Pizzarotti di Parma: per lui l’accusa è di tentata turbativa d’asta.
La lettera del sindaco: “Attuale situazione è ostacolo a svolgere le funzioni” – Contrariamente a quanto emerso in un primo momento, Sala ha deciso di non convocare nessuna conferenza stampa. E’ intervenuto, invece, nella riunione dei capigruppo del Consiglio comunale tenutasi nel pomeriggio a Palazzo Marino. In mattinata, invece, dopo aver incontrato il prefetto di Milano Alessandro Marangoni, il primo cittadino ha scelto di affidare a una lettera la conferma della sua posizione e l’annuncio che si presenterà in consiglio a Palazzo Marino la prossima settimana. La missiva è stata inviata al presidente del Consiglio comunale Bertolè, alla vice sindaca della città metropolitana Censi e alla vice sindaca del Comune Scavuzzo. “Ritengo che l’attuale situazione determini per me un ostacolo temporaneo a svolgere le funzioni” ha scritto Giuseppe Sala, comunicando che sarà sostituito “nell’esercizio di dette funzioni rispettivamente dalle Vice sindaco Anna Scavuzzo e Arianna Censi“. Non solo. Il primo cittadino ha anche motivato il motivo della sua decisione: “La mia assenza è motivata dalla personale necessità di conoscere, innanzitutto, le vicende ed i fatti contestati; pertanto – ha aggiunto – fino al momento in cui mi sarà chiarito il quadro accusatorio, ritengo di non poter esercitare i miei compiti istituzionali. La prossima settimana – ha concluso Sala – mi presenterò al Consiglio del Comune di Milano e della Città Metropolitana per riferire in merito“. Le parole del sindaco di Milano, tuttavia, lasciano qualche dubbio squisitamente procedurale. In tutte le norme citate dal primo cittadino milanese (il comma 2 dell’articolo 53 del decreto legislativo 267 del 2000; l’articolo 42 dello statuto del Comune di Milano; l’articolo 21 dello statuto della Città Metropolitana), infatti, non si fa mai riferimento all’istituto dell’auto sospensione, che di fatto non è contemplato. Per questo motivo, quella di Sala è una decisione totalmente politica, senza riscontri dal punto di vista delle norme che regolano le sue funzioni e le sue prerogative. In serata, poi, è arrivata una mezza conferma. Da quanto appreso dall’agenzia Dire da fonti vicine alla Prefettura, Giuseppe Sala durante il colloquio con il prefetto Alessandro Marangoni ha adottato la formula dell’assenza temporanea, prevista dallo statuto comunale per incardinare in modo formale la sua autosospensione. Questa ‘assenza’ verosimilmente non dovrebbe durare più di una quindicina di giorni.
Le “anomalie e irregolarità” nell’assegnazione dell’appalto e nella fase esecutiva – Le ipotesi di reato a carico del primo cittadino, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Expo, sono di falso materiale e concorso in falso ideologico. In particolare secondo il sostituto procuratore generale Felice Isnardi, che ha chiesto una proroga di sei mesi per approfondire le indagini dopo aver avocato a sé l’inchiesta, ci sono state “numerose anomalie e irregolarità amministrative” nella fase di “scelta del contraente”, l’impresa Mantovani, che vinse l’appalto con un ribasso del 42% sulla base d’asta di 272 milioni. Un ammontare “non idoneo neppure a coprire i costi“, avevano sottolineato i pm nella iniziale richiesta di archiviazione, a cui il gip Andrea Ghinetti si è opposto inducendo la procura generale a togliere loro il fascicolo. Per finire i lavori entro aprile 2015, come previsto, ci si piegò a una “deregulation dettata dall’emergenza”. E anche dopo, durante la fase esecutiva, all’appaltatore “fu consentito di entrare in una anomala trattativa al rialzo con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori, la cancellazione dell’evento e la credibilità del Paese“.
I 6mila alberi forniti dalla Mantovani – C’è poi il capitolo dell’improprio affidamento diretto alla stessa Mantovani della fornitura di 6mila alberi “per un importo di 4,3 milioni di euro a fronte di un costo per l’impresa di 1,6 milioni”. L’altra ipotesi di falso riguarda la sostituzione, decisa nel 2012, di un componente della commissione aggiudicatrice dell’appalto: per accelerare i tempi e non far slittare l’avvio dei lavori il sostituto fu scelto con una procedura accelerata e il provvedimento di annullamento della nomina fu retrodatato. Due verbali relativi riporterebbero “circostanze non rispondenti alla realtà” e, in particolare, sarebbero stati retrodatati con “l’intento di evitare di dover annullare la procedura fin lì svolta” anche per il “ritardo” sui “cronoprogrammi” dell’Expo, scrive la Gdf di Milano in un’informativa del maggio 2013.
La strategia dei vertici di Expo per “tutelare e garantire il loro ruolo” – Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria, già dopo che la Procura aveva iscritto nel registro degli indagati i primi nomi, avevano scritto tra le altre cose che anche l’allora numero uno di Expo Sala, il responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa e il general manager Angelo Paris avevano tenuto un comportamento non “irreprensibile e lineare“. Pur “con gradi di responsabilità diversi – chiariva la Gdf – attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all’interno della stessa”. Sala poi, come ha messo a verbale l’ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”.
Gli altri indagati e l’avocazione da parte della Procura generale – L’inchiesta condotta dai pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi, poi avocata dalla procura generale di Milano, aveva finora coinvolto cinque persone: Piergiorgio Baita (presidente della società Mantovani, già arrestato a Venezia per il Mose), due ex manager Expo già arrestati per altre vicende, Angelo Paris e Antonio Acerbo, e gli imprenditori della società Socostramo Erasmo e Ottaviano Cinque. Tutti indagati per corruzione e turbativa d’asta. Il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non avendo accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, aveva convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l’imputazione coatta. Nel frattempo, però, la Procura generale ha avocato il fascicolo e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto. Da qui la richiesta di proroga. Il fascicolo era stato al centro dello scontro tra l’ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l’ex aggiunto Alfredo Robledo, il quale, su decisione del primo, nel 2014 era stato di fatto estromesso dagli interrogatori ‘centrali’ dell’inchiesta. L’indagine era partita nel 2012.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "L’Unione Europea si trova a un bivio: o si presenta unita o rischia la marginalità politica. La guerra in Ucraina, e l’attuale voltafaccia americano, hanno reso evidente l’urgenza di una politica di difesa comune che non può essere frenata dagli interessi delle singole nazioni". Così l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran. "Una Difesa progressivamente comune perché, agendo come 27 eserciti nazionali, rischiamo l’impotenza".
"Oggi è necessario un passaggio di fase che aumenti gli investimenti volti a garantire una deterrenza da nuova aggressioni russe dopo il disimpegno americano ma anche a rendere più omogenea la difesa europea, con forniture simili, riducendo le duplicazioni di spese tra paesi e le inefficienze. L’Unione Europea deve dotarsi di una propria architettura di sicurezza, capace di garantire responsività e affermarsi come attore decisivo nello scenario internazionale".
"L’iniziativa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al di là del nome infelice 'RearmEU', è un primo passo in questa direzione. Va tuttavia integrata e sviluppata identificando con chiarezza quali sono le linee di spesa utilizzate, in che modo questo aiuto può supportare immediatamente l’Ucraina, come si intende sostenere una crescente produzione industriale europea nell’ottica di arrivare ad una vera interoperabilità e difesa comune".
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Penso che sia l’ennesimo episodio di antisemitismo che vuole legare la guerra in Medio oriente all’insulto alla memoria della Shoah. È terribile". Lo dice all'Adnkronos il segretario di Sinistra per Israele Emanuele Fiano a proposito del ritrovamento nel cantiere del museo della Shoah a Roma di escrementi, una testa di maiale e scritte che ricordano i morti a Gaza oltre ad alcuni volantini pro Palestina sono. Sull'episodio indaga la Digos.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "La sinistra". Lo scrive su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi rilanciando un post di Pedro Sanchez in cui, a margine del Consiglio europeo straordinario, il premier spagnolo tra l'altro dice: "Oggi dobbiamo mandare un messaggio chiaro ai cittadini: l’Europa è molto più potente di quanto pensiamo. Nessuno minaccerà la nostra pace, la nostra sicurezza o la nostra prosperità".