Papa Francesco ha raggiunto gli ottant’anni. Tra poco cade il quarto anniversario della sua elezione. Il primo tempo del pontificato è passato, quanto durerà il secondo è incerto. Pende sulla missione di Bergoglio una premonizione da lui ribadita appena pochi giorni fa: “Io ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve… 4-5 anni”.
In un arco ristretto di tempo Francesco ha lasciato un segno forte sulla Chiesa di Roma, proiettandola come “ospedale da campo” per gli uomini e le donne del mondo globalizzato (al di là di frontiere confessionali), in grado di interloquire con ebrei, musulmani, atei.
Ha rimodellato la figura papale, togliendole il carattere di monarca assoluto, presentandosi soprattutto come discepolo di Cristo e lavorando per una Chiesa più comunitaria. L’istituzione di un consiglio dei cardinali, chiamati ad assisterlo nella governo della cattolicità, e specialmente la piena libertà di parola e di proposta concessa al Sinodo dei vescovi manifestano l’obiettivo di realizzare quella collegialità sancita e richiesta dal concilio Vaticano II.
Ha realizzato una serie di riforme concrete. Una grande pulizia alla banca vaticana, la creazione di un comitato anti-riciclaggio all’interno della Santa Sede, l’adesione alla convenzione Onu contro la corruzione, la firma di accordi di cooperazione con vari Stati per perseguire crimini finanziari, l’istituzione di una Segreteria per l’economia per vigilare su correttezza e trasparenza dei bilanci dei dicasteri vaticani. Scandali, quando si tratta di soldi, non sono mai esclusi. Però il pontefice argentino ha fatto riforme strutturali.
Francesco è il primo ad avere processato in Vaticano un arcivescovo-nunzio colpevole di delitti sessuali e aver istituito un tribunale speciale per vescovi negligenti nel perseguire abusi sessuali nelle proprie diocesi.
Francesco ha realizzato un pezzo di riforma della Curia, creando due dicasteri sui Laici e sullo Sviluppo umano nei quali per statuto posizioni direttive dovranno essere riservati a laici: uomini e donne. Un primo passo verso la declericalizzazione della Curia e della Chiesa cattolica.
Tutto questo ha naturalmente bisogno di rodaggio. E contemporaneamente la via delle riforme è suscettibile di sabotaggi. A tuttora – per restare nel campo degli abusi sessuali – la conferenza episcopale italiana e tante altre nel mondo non prevedono strutture di ascolto e accoglienza per gli abusati né indagini sui crimini nascosti né sistemi di risarcimento. L’esperienza del Concilio dimostra che servono decenni per ancorare le riforme nella realtà quotidiana della Chiesa.
Francesco è inoltre il primo pontefice ad avere indicato che le donne nella strutture ecclesiastiche devono andare in posti dove si “decide e si esercita autorità”. E’ anche il primo ad avere istituito una commissione per studiare il diaconato femminile. Francesco, infine, ha chiaramente fatto capire che la Chiesa cattolica deve uscire dall’ossessione in materia sessuale, che l’ha caratterizzata per decenni e secoli interi: divorzio, pillola, convivenze pre-matrimoniali, rapporti omosessuali.
Il 17 dicembre rappresenta tuttavia un compleanno amaro per il pontefice argentino. Si è scatenata nelle file della gerarchia cattolica e del clero una guerra sotterranea contro la sua linea riformista. Una guerra fatta di mugugni, critiche diffuse, aggressività crescente nei siti internet. Fino a culminare le settimane scorse nell’attacco senza precedenti di quattro cardinali contro il suo documento post-sinodale Amoris laetitia. Non si tratta qui di critiche nel segno di un confronto tra punti di vista differenti. Si tratta di una campagna sistematica di delegittimazione, che chiama in causa l’autorità stessa del pontefice e la giustezza della sua guida (e della sua sintesi). Al punto che uno dei firmatari, il cardinale Burke, prevede persino una “correzione” pubblica della sua linea in campo di etica matrimoniale.
Credere che i quattro cardinali siano soltanto quattro “cattivi” significa stare fuori dalla realtà. I Quattro sono la punta dell’iceberg di una parte consistente del clero e dell’episcopato. Perché in seno alla cattolicità è in corso una battaglia identitaria. Il no alla comunione ai divorziati, il rifiuto di accettare la positività di rapporti di coppia omosessuali, il rigetto nei confronti dell’idea che le donne possano occupare ruoli guida in Curia o possano (“orrore!”) accedere agli ordini sacri, il mantenimento della sacralità autoritaria di un papato, immaginato semidivino – tutto ciò per una parte ancora oggi notevole dei quadri ecclesiastici costituisce elemento irrinunciabile di identità.
Per questo la battaglia sotterranea è aspra. “Il clericalismo è uno dei mali più seri nella Chiesa”, ha detto il mese scorso Francesco ai suoi confratelli gesuiti. I suoi oppositori vogliono metterlo nell’angolo pur esprimendogli formale riverenza. Soprattutto vogliono impedire ad ogni costo che al prossimo conclave sia eletto un Francesco II. Se si prende la lista di cardinali e vescovi, che a partire dal primo Sinodo sulla famiglia nel 2014 hanno firmato libri, appelli e lettere si vedrà che si tratta di una rete influente e radicata nella Chiesa universale. Rispetto alla quale lo schieramento riformista si sta mostrando straordinariamente impacciato e silenzioso. Timoroso persino di difendere apertamente il papa.
Il secondo tempo del pontificato si preannuncia dunque difficile. Pesa sul futuro la frase che Bergoglio (dopo averla detta nel 2015) ha voluto ribadire proprio per il suo compleanno al fido padre Spadaro di Civiltà Cattolica: “Ho come la sensazione che il Signore mi ha messo qui per poco tempo”. C’è qualcosa di non detto in queste parole, che ha un suono inquietante. Il prossimo biennio, quando il papa riunirà un nuovo Sinodo, sarà certo ricco di sorprese.
Marco Politi
Scrittore e vaticanista
Cronaca - 17 Dicembre 2016
Papa Francesco, 80 anni amari. In Vaticano è sempre più sotto attacco
Papa Francesco ha raggiunto gli ottant’anni. Tra poco cade il quarto anniversario della sua elezione. Il primo tempo del pontificato è passato, quanto durerà il secondo è incerto. Pende sulla missione di Bergoglio una premonizione da lui ribadita appena pochi giorni fa: “Io ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve… 4-5 anni”.
In un arco ristretto di tempo Francesco ha lasciato un segno forte sulla Chiesa di Roma, proiettandola come “ospedale da campo” per gli uomini e le donne del mondo globalizzato (al di là di frontiere confessionali), in grado di interloquire con ebrei, musulmani, atei.
Ha rimodellato la figura papale, togliendole il carattere di monarca assoluto, presentandosi soprattutto come discepolo di Cristo e lavorando per una Chiesa più comunitaria. L’istituzione di un consiglio dei cardinali, chiamati ad assisterlo nella governo della cattolicità, e specialmente la piena libertà di parola e di proposta concessa al Sinodo dei vescovi manifestano l’obiettivo di realizzare quella collegialità sancita e richiesta dal concilio Vaticano II.
Ha realizzato una serie di riforme concrete. Una grande pulizia alla banca vaticana, la creazione di un comitato anti-riciclaggio all’interno della Santa Sede, l’adesione alla convenzione Onu contro la corruzione, la firma di accordi di cooperazione con vari Stati per perseguire crimini finanziari, l’istituzione di una Segreteria per l’economia per vigilare su correttezza e trasparenza dei bilanci dei dicasteri vaticani. Scandali, quando si tratta di soldi, non sono mai esclusi. Però il pontefice argentino ha fatto riforme strutturali.
Francesco è il primo ad avere processato in Vaticano un arcivescovo-nunzio colpevole di delitti sessuali e aver istituito un tribunale speciale per vescovi negligenti nel perseguire abusi sessuali nelle proprie diocesi.
Francesco ha realizzato un pezzo di riforma della Curia, creando due dicasteri sui Laici e sullo Sviluppo umano nei quali per statuto posizioni direttive dovranno essere riservati a laici: uomini e donne. Un primo passo verso la declericalizzazione della Curia e della Chiesa cattolica.
Tutto questo ha naturalmente bisogno di rodaggio. E contemporaneamente la via delle riforme è suscettibile di sabotaggi. A tuttora – per restare nel campo degli abusi sessuali – la conferenza episcopale italiana e tante altre nel mondo non prevedono strutture di ascolto e accoglienza per gli abusati né indagini sui crimini nascosti né sistemi di risarcimento. L’esperienza del Concilio dimostra che servono decenni per ancorare le riforme nella realtà quotidiana della Chiesa.
Francesco è inoltre il primo pontefice ad avere indicato che le donne nella strutture ecclesiastiche devono andare in posti dove si “decide e si esercita autorità”. E’ anche il primo ad avere istituito una commissione per studiare il diaconato femminile. Francesco, infine, ha chiaramente fatto capire che la Chiesa cattolica deve uscire dall’ossessione in materia sessuale, che l’ha caratterizzata per decenni e secoli interi: divorzio, pillola, convivenze pre-matrimoniali, rapporti omosessuali.
Il 17 dicembre rappresenta tuttavia un compleanno amaro per il pontefice argentino. Si è scatenata nelle file della gerarchia cattolica e del clero una guerra sotterranea contro la sua linea riformista. Una guerra fatta di mugugni, critiche diffuse, aggressività crescente nei siti internet. Fino a culminare le settimane scorse nell’attacco senza precedenti di quattro cardinali contro il suo documento post-sinodale Amoris laetitia. Non si tratta qui di critiche nel segno di un confronto tra punti di vista differenti. Si tratta di una campagna sistematica di delegittimazione, che chiama in causa l’autorità stessa del pontefice e la giustezza della sua guida (e della sua sintesi). Al punto che uno dei firmatari, il cardinale Burke, prevede persino una “correzione” pubblica della sua linea in campo di etica matrimoniale.
Credere che i quattro cardinali siano soltanto quattro “cattivi” significa stare fuori dalla realtà. I Quattro sono la punta dell’iceberg di una parte consistente del clero e dell’episcopato. Perché in seno alla cattolicità è in corso una battaglia identitaria. Il no alla comunione ai divorziati, il rifiuto di accettare la positività di rapporti di coppia omosessuali, il rigetto nei confronti dell’idea che le donne possano occupare ruoli guida in Curia o possano (“orrore!”) accedere agli ordini sacri, il mantenimento della sacralità autoritaria di un papato, immaginato semidivino – tutto ciò per una parte ancora oggi notevole dei quadri ecclesiastici costituisce elemento irrinunciabile di identità.
Per questo la battaglia sotterranea è aspra. “Il clericalismo è uno dei mali più seri nella Chiesa”, ha detto il mese scorso Francesco ai suoi confratelli gesuiti. I suoi oppositori vogliono metterlo nell’angolo pur esprimendogli formale riverenza. Soprattutto vogliono impedire ad ogni costo che al prossimo conclave sia eletto un Francesco II. Se si prende la lista di cardinali e vescovi, che a partire dal primo Sinodo sulla famiglia nel 2014 hanno firmato libri, appelli e lettere si vedrà che si tratta di una rete influente e radicata nella Chiesa universale. Rispetto alla quale lo schieramento riformista si sta mostrando straordinariamente impacciato e silenzioso. Timoroso persino di difendere apertamente il papa.
Il secondo tempo del pontificato si preannuncia dunque difficile. Pesa sul futuro la frase che Bergoglio (dopo averla detta nel 2015) ha voluto ribadire proprio per il suo compleanno al fido padre Spadaro di Civiltà Cattolica: “Ho come la sensazione che il Signore mi ha messo qui per poco tempo”. C’è qualcosa di non detto in queste parole, che ha un suono inquietante. Il prossimo biennio, quando il papa riunirà un nuovo Sinodo, sarà certo ricco di sorprese.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.