Un fedelissimo di Matteo Renzi, due ex soci di suo zio Stefano Bovoli, una manager che l’ex Rottamatore conosce molto bene e un quinto uomo, un imprenditore fiorentino. Sono le cinque persone che risultano indagate dalla Procura di Firenze nell’ambito di un’inchiesta sulla gara d’appalto per la valorizzazione dell’ippodromo Le Mulina nel capoluogo toscano. Gli uomini della squadra mobile hanno effettuato una serie di perquisizioni. Tra gli indagati c’è anche Simone Tani, dirigente del Comune e nei primi anni 2000 anche assessore in Palazzo Vecchio, nonché colui che qualche mese fa era poi approdato al Cipe (le deleghe sono tutt’ora in mano a Luca Lotti). Tani era uno dei membri della commissione che aveva assegnato la gara alla Pegaso srl di cui erano amministratori Guo Sheng Zheng, Oliviero Fani e Luisa Chiavai (che dal Comune di Firenze ha ricevuto più nomine negli ultimi anni, anche dall’ex premier), anche loro iscritti nel registro degli indagati con Massimo Cortini, uno dei soci dell’altro raggruppamento temporaneo d’imprese (Rti Park, Lives) che poi si ritirò e inspiegabilmente non partecipò al secondo bando dopo che la stessa amministrazione comunale aveva annullato la prima gara d’appalto. L’ipotesi di reato, per tutti, è di turbativa d’asta. L’inchiesta è partita alcuni mesi fa da alcuni documenti arrivati in procura e si è arricchita con quelli allegati in interrogazioni comunali presentate da gruppi consiliari di opposizione in Palazzo Vecchio e con quanto pubblicato sulle cronache dei quotidiani fiorentini. Le indagini, condotte dalla squadra mobile e coordinate dai pm Luca Turco e Christine von Borries, hanno poi trovato riscontri anche da intercettazioni telefoniche e ambientali. Non è escluso, inoltre, che l’inchiesta nei prossimi giorni possa ampliarsi anche ad altre figure di spicco della politica fiorentina.
Nel corso delle perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici degli indagati e nella sede della società Pegaso, gli agenti della squadra mobile hanno sequestrato materiale cartaceo e alcuni computer. La gara d’appalto per la valorizzazione dell’ippodromo Le Mulina venne bandita dal Comune nel giugno 2012. I concorrenti erano due, la Pegaso e il raggruppamento temporaneo di imprese Rti Park Lives all’interno del quale c’erano quattro diverse realtà. Nel dicembre 2012 Rti presentò un ricorso al Tar che sospese l’aggiudicazione della gara vinta dal concorrente. A quel punto il Comune, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe deciso di annullare, per autotutelarsi, il bando di gara, ma anche questo provvedimento fu impugnato da Rti. Prima ancora che l’Amministrazione comunale bandisse una nuova gara, sarebbero partite le ‘offerte’ a Massimo Cortini, amministratore dell’srl Gusto Fiorentino, uno dei soci del Rti, per ritirare il ricorso al tar e non presentare eventuale offerta per la seconda gara. In cambio a lui e a un’altra socia del raggruppamento di imprese, che avrebbero subito anche forti pressioni, venne garantito un subappalto dalla Pegaso con la promessa, scritta, di poter gestire circa 400 metri quadri dell’ippodromo per attività da ballo. Sempre secondo l’accusa, Cortini ha accettato, mentre la sua socia rifiutò portando avanti i ricorsi al tribunale amministrativo che poi, nel luglio 2013, annullò il primo bando. Alla seconda gara Rti non partecipò avendo comunque perso uno dei principali protagonisti del raggruppamento, ossia Gusto Fiorentino. Tra quanti avrebbero esercitato pressioni sui soci di Rti anche Simone Tani, sempre per gli inquirenti, che avrebbe fatto pesare il suo ruolo all’interno del Comune.
Come detto, l’inchiesta della Procura fiorentina ha preso spunto anche grazie ad alcune interrogazioni presentate dall’opposizione a Palazzo Vecchio. Tra queste ci sono sicuramente quelle firmate da Fratelli d’Italia nel corso degli ultimi anni. “Il ministro dello Sport Luca Lotti e il sindaco di Firenze Dario Nardella smentiscano di aver fatto pressioni su alcuni imprenditori per favorire l’affidamento dell’ippodromo Le Mulina di Firenze alla srl Pegaso” hanno scritto i capigruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale della Toscana e in Comune di Firenze Giovanni Donzelli e Francesco Torselli. Lotti e Nardella, che all’epoca dei fatti ricoprivano rispettivamente l’incarico di capo di gabinetto dell’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi e di vicesindaco, “secondo le dichiarazioni rilasciate da alcuni imprenditori a Il Sito di Firenze – hanno spiegato gli esponenti del partito guidato da Giorgia Meloni – avrebbero giocato un ruolo importante nella rinuncia di alcune cordate interessate alla gara bandita nel 2012. Zheng (insieme a Oliviero Fani, ndr), fra le altre cose, è stato socio di Stefano Bovoli, zio dell’ex premier e segretario del Partito democratico Matteo Renzi”. Donzelli e Torselli, poi, hanno sottolineato anche il ruolo di Simone Tani nelle vicende contestate dalla Procura. Simone Tani è un ex assessore alle Partecipate nella giunta guidata dall’ex sindaco Leonardo Domenici (2000-2004), ex dirigente di Palazzo Vecchio con nomina di Renzi ad personam quale responsabile dell’ufficio (creato appositamente per lui) Attuazione del programma di mandato. Il suo curriculum, poi, si è arricchito dell’approdo al Cipe nei mesi scorsi. “Le dichiarazioni sulle pressioni rilasciate da un imprenditore fiorentino sono oggi ancor più clamorose. Tani – hanno spiegato i capigruppo di Fratelli d’Italia – all’epoca presidente della commissione che doveva valutare l’assegnazione dell’ippodromo e poco meno di un anno fa nominato dall’ex premier Renzi al Cipe, le cui deleghe sono state curiosamente mantenute dal ministro Lotti nel governo Gentiloni“. Per Donzelli e Torselli “la gestione che queste persone hanno fatto delle Mulina, che sono abbandonate da anni, ha causato un palese danno economico al patrimonio della città di Firenze. Vogliamo quindi chiarezza e trasparenza sui comportamenti e sull’utilizzo dei soldi pubblici“.
Le dichiarazioni di alcuni imprenditori a Il Sito di Firenze di cui parlano Donzelli e Torselli fanno riferimento a un’inchiesta giornalistica facilmente reperibile in Rete.
Sull’inchiesta della Procura di Firenze il sindaco di Firenze Dario Nardella si è detto assolutamente tranquillo: “Abbiamo piena fiducia nella magistratura e nelle indagini che svolgerà e dovrà svolgere secondo le leggi: aspettiamo di poter vedere documenti nel dettaglio, e siamo tranquilli e fiduciosi“. Nel frattempo, però, l’indagine sulla gara per la valorizzazione dell’ippodromo Le Mulina ha già toccato altri settori dell’amministrazione fiorentina. Sempre nella giornata di oggi, infatti, si è appreso che il presidente del Quartiere 1 Maurizio Sguanci (Pd) è indagato insieme ad altre due persone nell’ambito di una inchiesta su dei lavori stradali nel centro di Firenze. Anche in questo caso, gli uomini della Squadra mobile hanno sequestrato alcuni computer e materiale cartaceo durante le perquisizioni effettuate oggi nelle abitazioni e negli uffici degli indagati e della Sof. Secondo fonti citate dall’agenzia Ansa, il lavoro degli inquirenti è partito dall’inchiesta sulla Mulina, anche se si tratta di due distinte e non collegate indagini. Con il presidente del Quartiere 1, Maurizio Sguanci sono indagati per turbata libertà del procedimento di incanto, anche Luca Giancaterino, direttore generale commerciale della società Sof e Antonio Dell’Agata, dipendente della stessa società, che ha sede a Firenze ma opera nel settore dell’impiantistica e della manutenzione con appalti in tutta Italia. La gara d’appalto su cui gli inquirenti hanno messo gli occhi, è quella relativa al bando per il rifacimento di via dei Serragli. Un’opera sulla quale Sguanci avrebbe avuto un interesse istituzionale specifico e per questo ha avuto una serie di incontri riservati con i due della Sof. L’inchiesta, coordinata dai pm Luca Turco e Christine von Borries, sarebbe partita da una serie di riscontri trovati durante le indagini sulla gara per la valorizzazione dell’ippodromo Le Mulina di Firenze, ma è poi stata stralciata perché le due indagini non avevano legami tra loro.