Corruzione internazionale per una mega tangente per concessione del giacimento petrolifero Opl-245 in Nigeria. La Procura di Milano ha chiuso le indagini per il caso Eni-Nigeria: nel registro degli indagati undici persone fisiche e due società in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa. Tra i destinatari dell’avviso di conclusione indagini ci sono l’ad di Eni, Claudio Descalzi, il suo predecessore Paolo Scaroni e l’uomo d’affari Luigi Bisignani. All’epoca dei fatti Scaroni era numero uno del gruppo petrolifero, mentre Descalzi, scelto come suo successore dall’azionista ministero dell’Economia, guidava la divisione Oil & gas.
La maxi tangente per il petrolio nigeriano
Cuore dell’indagine è l’ipotizzata bustarella da un miliardo e 92 milioni suddivisa tra politici e intermediari nigeriani e manager e mediatori italiani ed europei. Secondo la ricostruzione dei pm Fabio De Pasquale, Sergio Spadaro e Isidoro Palma, che nel 2014 hanno ottenuto il sequestro in Svizzera di circa 110 milioni e dalle autorità inglesi il blocco di altri 83 milioni, tutta l’operazione di acquisto della concessione del campo di esplorazione petrolifera ha alla base una sorta di “anomalia genetica“: l’ex ministro Daniel Etete, infatti, alla fine degli anni ’90 si ‘autoassegnò’ la concessione del giacimento a costo zero, tramite la società Malabu e attraverso prestanome. Gli altri due soci erano un figlio del dittatore Sani Abacha e la moglie di un ex ministro. Ciò, inoltre, diede origine all’epoca anche ad una serie di cause tra Malabu, l’ex ministro e il governo nigeriano che voleva riprendersi l’utilizzo della concessione. Governo che riuscì a revocare quella concessione assegnata a Shell e poi nel 2006 la riassegnata nuovamente a Malabu.
La Shell era finita nel mirino degli inquirenti lo scorso marzo per 115 milioni di dollari che avrebbe ‘girato’ a Eni a titolo di ‘rimborso spese’; 115 milioni considerati “a latere dell’operazione” con cui nel 2011 versò ufficialmente 1 miliardo e 90 milioni di dollari al governo nigeriano in cambio della licenza dello sfruttamento del blocco petrolifero posseduta da Malabu Oil and Gas, tra i cui soci ci sarebbe l’ex ministro del petrolio della Nigeria Etete. Nel 2011, Eni indagata in qualità di ente, ha acquistato dal governo nigeriano la concessione per 1 miliardo e 92 milioni di dollari, una cifra che, però, gli inquirenti contestano tutta come presunto prezzo della corruzione internazionale mentre Malabu sarebbe stata utilizzata, in sostanza, come società ‘schermo’ o ‘paravento’ per il giro di presunte tangenti.
Sempre secondo la ricostruzione, una tranche della tangente, circa 215 milioni, se non fosse stata sequestrata nell’estate 2014 dalla magistratura di Gran Bretagna e Svizzera sarebbe stata destinata a pagare anche manager Eni, due intermediari stranieri, il nigeriano Emeka Obi e il russo Ednan Agaev, e due mediatori italiani, Gianluca Di Nardo e Luigi Bisignani. Pertanto, tra i nomi che si leggono nell’avviso di chiusura indagine ci sono anche quello del capo della divisione Esplorazioni dell’Eni, Roberto Casula, e di un ex dirigente Eni nell’area del Sahara, Vincenzo Armanna.
Le indagini partite dopo le intercettazioni di Bisignani nella P4
L’indagine era partita dopo l’acquisizione da parte dei pm delle intercettazioni dell’indagine del 2010 dei colleghi di Napoli Henry John Woodcock e Francesco Curcio sulla cosiddetta P4, in cui era coinvolto anche Bisignani, che ha patteggiato un anno e 7 mesi. Dalle intercettazioni dell’indagine napoletana era emerso l’intervento di Bisignani sui vertici dell’Eni di allora. Intercettato, parlava al telefono con l’ex numero uno Scaroni e anche con Descalzi. Dalle conversazioni emergeva come nel 2010 l’ex ministro nigeriano Etete avesse contattato Di Nardo per trattare, con l’intercessione di Bisignani, la vendita a Eni della concessione Opl 245, un immenso campo con riserve stimate in 500 milioni di barili equivalenti di petrolio. “L’uomo che sussurrava ai potenti”, stando alle indagini, ha presentato Il mediatore Gianluca Di Nardo a Scaroni, che a sua volta lo ha messo in contatto con Descalzi, allora a capo della divisione Oil. Etete infatti nel 1999, ancora ministro, aveva assegnato l’immenso giacimento alla società Malabu, che attraverso prestanome era controllata da lui stesso e dal generale Abacha, allora capo del governo.
Le trattative con l’ex ministro e la maxi percentuale per il mediatore
La trattativa del 2010 tra Etete e il Cane a sei Zampe non è andata a buon fine, ma pochi mesi dopo, nell’aprile 2011, Eni ha chiuso l’affare direttamente con il governo nigeriano, che accusava l’ex ministro (condannato per riciclaggio in Francia nel 2007) di essersi appropriato indebitamente della concessione. La cifra, però, è rimasta la stessa concordata in precedenza tra Obi, Bisignani e Di Nardo: 1,09 miliardi di dollari. Contestualmente il governo nigeriano ha incassato 200 milioni di dollari da Shell. E ha girato una somma identica alla Malabu. I particolari sull’affare sono emersi quando, lo scorso anno, Obi e un altro mediatore, il russo Ednan Agaev, hanno citato in giudizio Malabu davanti alla High Court di Londra reclamando il pagamento del 19% della somma. Cioè la maxi percentuale promessa per la mediazione. Obi è uscito vincitore e si è visto riconoscere 110,5 milioni.
Le carte di Londra e il ruolo di Descalzi – Le carte londinesi, finite poi nel fascicolo dei pm di Milano, contengono molto materiale sul ruolo di Descalzi, che nel febbraio 2010, durante le trattative con Malabu, ha per esempio partecipato a un incontro all’hotel Principe di Savoia con Etete, Obi e Agaev. Dagli atti della causa, come riportato dal Fatto, emerge che secondo il giudice la cena “dimostrava precisamente a Etete cosa le entrature in Eni di Obi erano in grado di ottenere per Malabu”. E anche nel periodo agosto-ottobre 2010 “Obi si è incontrato frequentemente con Eni e in particolare con Descalzi”.
Eni: “Operazione corretta, daremo incarico per verifiche”
Preso atto della chiusura delle indagini, l’Eni “ribadisce la correttezza dell’operazione relativa all’acquisizione della licenza per lo sfruttamento del blocco OPL 245, conclusa, senza l’intervento di alcun intermediario, da Eni e Shell con il Governo nigeriano”. L’Eni sottolinea anche di aver “incaricato uno studio legale americano, di rinomata esperienza internazionale, del tutto indipendente, di condurre le più ampie verifiche sulla correttezza e la regolarità della predetta procedura. Dall’approfondita indagine indipendente è emersa la regolarità della procedura di acquisizione del blocco OPL 245, avvenuta nel rispetto delle normative vigenti. In particolare, non sono emerse prove di pagamenti da Eni a funzionari del Governo nigeriano. La somma versata da Eni e Shell per il blocco OPL 245 è stata, d’altronde, versata direttamente su un conto intestato al Governo nigeriano”. Non appena l’Eni avrà materialmente a disposizione gli atti depositati dalla Procura, “disporrà ulteriori approfondimenti ad opera di legali indipendenti, che possano confermare la regolarità dell’operazione”.
AGGIORNAMENTO
l’Ing. Roberto Casula è stato assolto con sentenza passata in giudicato nel processo c.d. OLP 245 e la sua posizione è stata archiviata per quel che riguarda il reato di corruzione internazionale per la c.d. vicenda congolese.
Giustizia & Impunità
Tangenti Eni-Nigeria, Procura Milano chiude inchiesta: undici indagati. Tra loro Descalzi, Scaroni e Bisignani
All’epoca dei fatti Scaroni era numero uno del gruppo petrolifero, mentre Descalzi, scelto come suo successore dall’azionista ministero dell’Economia, guidava la divisione Oil & gas. Cuore dell'indagine è l'ipotizzata bustarella da un miliardo e 92 milioni suddivisa tra politici e intermediari nigeriani e manager e mediatori italiani ed europei
Corruzione internazionale per una mega tangente per concessione del giacimento petrolifero Opl-245 in Nigeria. La Procura di Milano ha chiuso le indagini per il caso Eni-Nigeria: nel registro degli indagati undici persone fisiche e due società in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa. Tra i destinatari dell’avviso di conclusione indagini ci sono l’ad di Eni, Claudio Descalzi, il suo predecessore Paolo Scaroni e l’uomo d’affari Luigi Bisignani. All’epoca dei fatti Scaroni era numero uno del gruppo petrolifero, mentre Descalzi, scelto come suo successore dall’azionista ministero dell’Economia, guidava la divisione Oil & gas.
La maxi tangente per il petrolio nigeriano
Cuore dell’indagine è l’ipotizzata bustarella da un miliardo e 92 milioni suddivisa tra politici e intermediari nigeriani e manager e mediatori italiani ed europei. Secondo la ricostruzione dei pm Fabio De Pasquale, Sergio Spadaro e Isidoro Palma, che nel 2014 hanno ottenuto il sequestro in Svizzera di circa 110 milioni e dalle autorità inglesi il blocco di altri 83 milioni, tutta l’operazione di acquisto della concessione del campo di esplorazione petrolifera ha alla base una sorta di “anomalia genetica“: l’ex ministro Daniel Etete, infatti, alla fine degli anni ’90 si ‘autoassegnò’ la concessione del giacimento a costo zero, tramite la società Malabu e attraverso prestanome. Gli altri due soci erano un figlio del dittatore Sani Abacha e la moglie di un ex ministro. Ciò, inoltre, diede origine all’epoca anche ad una serie di cause tra Malabu, l’ex ministro e il governo nigeriano che voleva riprendersi l’utilizzo della concessione. Governo che riuscì a revocare quella concessione assegnata a Shell e poi nel 2006 la riassegnata nuovamente a Malabu.
La Shell era finita nel mirino degli inquirenti lo scorso marzo per 115 milioni di dollari che avrebbe ‘girato’ a Eni a titolo di ‘rimborso spese’; 115 milioni considerati “a latere dell’operazione” con cui nel 2011 versò ufficialmente 1 miliardo e 90 milioni di dollari al governo nigeriano in cambio della licenza dello sfruttamento del blocco petrolifero posseduta da Malabu Oil and Gas, tra i cui soci ci sarebbe l’ex ministro del petrolio della Nigeria Etete. Nel 2011, Eni indagata in qualità di ente, ha acquistato dal governo nigeriano la concessione per 1 miliardo e 92 milioni di dollari, una cifra che, però, gli inquirenti contestano tutta come presunto prezzo della corruzione internazionale mentre Malabu sarebbe stata utilizzata, in sostanza, come società ‘schermo’ o ‘paravento’ per il giro di presunte tangenti.
Sempre secondo la ricostruzione, una tranche della tangente, circa 215 milioni, se non fosse stata sequestrata nell’estate 2014 dalla magistratura di Gran Bretagna e Svizzera sarebbe stata destinata a pagare anche manager Eni, due intermediari stranieri, il nigeriano Emeka Obi e il russo Ednan Agaev, e due mediatori italiani, Gianluca Di Nardo e Luigi Bisignani. Pertanto, tra i nomi che si leggono nell’avviso di chiusura indagine ci sono anche quello del capo della divisione Esplorazioni dell’Eni, Roberto Casula, e di un ex dirigente Eni nell’area del Sahara, Vincenzo Armanna.
Le indagini partite dopo le intercettazioni di Bisignani nella P4
L’indagine era partita dopo l’acquisizione da parte dei pm delle intercettazioni dell’indagine del 2010 dei colleghi di Napoli Henry John Woodcock e Francesco Curcio sulla cosiddetta P4, in cui era coinvolto anche Bisignani, che ha patteggiato un anno e 7 mesi. Dalle intercettazioni dell’indagine napoletana era emerso l’intervento di Bisignani sui vertici dell’Eni di allora. Intercettato, parlava al telefono con l’ex numero uno Scaroni e anche con Descalzi. Dalle conversazioni emergeva come nel 2010 l’ex ministro nigeriano Etete avesse contattato Di Nardo per trattare, con l’intercessione di Bisignani, la vendita a Eni della concessione Opl 245, un immenso campo con riserve stimate in 500 milioni di barili equivalenti di petrolio. “L’uomo che sussurrava ai potenti”, stando alle indagini, ha presentato Il mediatore Gianluca Di Nardo a Scaroni, che a sua volta lo ha messo in contatto con Descalzi, allora a capo della divisione Oil. Etete infatti nel 1999, ancora ministro, aveva assegnato l’immenso giacimento alla società Malabu, che attraverso prestanome era controllata da lui stesso e dal generale Abacha, allora capo del governo.
La trattativa del 2010 tra Etete e il Cane a sei Zampe non è andata a buon fine, ma pochi mesi dopo, nell’aprile 2011, Eni ha chiuso l’affare direttamente con il governo nigeriano, che accusava l’ex ministro (condannato per riciclaggio in Francia nel 2007) di essersi appropriato indebitamente della concessione. La cifra, però, è rimasta la stessa concordata in precedenza tra Obi, Bisignani e Di Nardo: 1,09 miliardi di dollari. Contestualmente il governo nigeriano ha incassato 200 milioni di dollari da Shell. E ha girato una somma identica alla Malabu. I particolari sull’affare sono emersi quando, lo scorso anno, Obi e un altro mediatore, il russo Ednan Agaev, hanno citato in giudizio Malabu davanti alla High Court di Londra reclamando il pagamento del 19% della somma. Cioè la maxi percentuale promessa per la mediazione. Obi è uscito vincitore e si è visto riconoscere 110,5 milioni.
Le carte di Londra e il ruolo di Descalzi – Le carte londinesi, finite poi nel fascicolo dei pm di Milano, contengono molto materiale sul ruolo di Descalzi, che nel febbraio 2010, durante le trattative con Malabu, ha per esempio partecipato a un incontro all’hotel Principe di Savoia con Etete, Obi e Agaev. Dagli atti della causa, come riportato dal Fatto, emerge che secondo il giudice la cena “dimostrava precisamente a Etete cosa le entrature in Eni di Obi erano in grado di ottenere per Malabu”. E anche nel periodo agosto-ottobre 2010 “Obi si è incontrato frequentemente con Eni e in particolare con Descalzi”.
Eni: “Operazione corretta, daremo incarico per verifiche”
Preso atto della chiusura delle indagini, l’Eni “ribadisce la correttezza dell’operazione relativa all’acquisizione della licenza per lo sfruttamento del blocco OPL 245, conclusa, senza l’intervento di alcun intermediario, da Eni e Shell con il Governo nigeriano”. L’Eni sottolinea anche di aver “incaricato uno studio legale americano, di rinomata esperienza internazionale, del tutto indipendente, di condurre le più ampie verifiche sulla correttezza e la regolarità della predetta procedura. Dall’approfondita indagine indipendente è emersa la regolarità della procedura di acquisizione del blocco OPL 245, avvenuta nel rispetto delle normative vigenti. In particolare, non sono emerse prove di pagamenti da Eni a funzionari del Governo nigeriano. La somma versata da Eni e Shell per il blocco OPL 245 è stata, d’altronde, versata direttamente su un conto intestato al Governo nigeriano”. Non appena l’Eni avrà materialmente a disposizione gli atti depositati dalla Procura, “disporrà ulteriori approfondimenti ad opera di legali indipendenti, che possano confermare la regolarità dell’operazione”.
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Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Un piano B per il Festival della Rai. In attesa di conoscere nei dettagli la delibera con cui il Comune di Sanremo ha deciso di disegnare il bando per una gara con cui assegnare la realizzazione del festival, la Rai si è messa al lavoro per approntare un'ipotesi alternativa che parte dalla conseguenza più logica: immaginare l'organizzazione in un'altra città di un festival che avrà necessariamente alcune caratteristiche diverse. A partire dal nome: non più Festival della Canzone Italiana, che è la denominazione legata al festival di Sanremo e quindi a possibili contese di copyright, ma un titolo alternativo che potrebbe essere Festival della Musica Italiana o qualcosa di simile. L'evento sarebbe in ogni caso, visto che la Rai è membro Ebu, il festival che eleggerebbe il rappresentante italiano all'Eurovision Song Contest.
Per la location si è già parlato insistentemente di Torino in questi mesi ma - a quanto apprende l'Adnkronos - non è stata presa ancora alcuna decisione al riguardo. Torino viene citata al momento come esempio solo perché nel capoluogo piemontese la Rai ha organizzato un'edizione dell'Eurovision Song Contest nel 2022 particolarmente riuscita tanto da ottenere il plauso dell'Ebu. La scelta della città, oltre che alla presenza di strutture adeguate ad ospitare un simile evento, dipenderà anche dalla qualità dell'eventuale accordo con l'amministrazione comunale. La Rai, naturalmente, punterà ad una convenzione lunga e inattaccabile, che metta cioè al riparo da quanto accaduto con Sanremo.
Intanto, il servizio pubblico aspetta anche di leggere nella sua interezza la delibera con cui il Comune istituisce il bando di gara. Una delibera che, alla lettura delle anticipazioni, ha piuttosto irritato la Rai, sia per la richiesta di un cospicuo aumento della richiesta economica (la base d'asta sarebbe di 6,5 milioni l'anno, contro gli attuali 5 previsti dall'ultima convenzione), sia per l'inserimento della richiesta vincolante di realizzare ben altri 4 programmi tv in onda dalla città dei fiori. Il Comune, dal canto suo, ha fatto sapere che la delibera è il frutto di una riflessione sulle tempistiche per l'organizzazione di un evento che richiede tempi lunghi di preparazione. Non sarebbero invece molte le speranze riposte nell'esito del ricorso in appello al Consiglio di Stato, dopo la decisione del Tar della Liguria che a dicembre ha dichiarato illegittimo l'affidamento diretto (senza gara) alla Rai dell'organizzazione del Festival della Canzone Italiana. Ricorso che verrà dibattuto nel merito il 22 maggio prossimo.
Ma su Sanremo, si sa, in Rai si comincia a lavorare all'edizione successiva il giorno dopo la finale di ogni anno. E la prima opzione dell'azienda resterebbe comunque il festival a Sanremo se potessero ripetersi le condizioni degli ultimi anni. Quel che è certo è che il servizio pubblico non può rinunciare a quello che è l'evento dell'anno per l'intrattenimento televisivo: una kermesse che illumina ben più di una settimana di programmazione e che ha totalizzato nell'ultima edizione oltre 65 milioni di raccolta pubblicitaria, con un trend continuamente in crescita negli ultimi 6 anni. Quindi a Sanremo o altrove, questo festival s'ha da fare. (di Antonella Nesi)
Napoli , 6 mar. - (Adnkronos) - Max blitz antidroga dei carabinieri tra Napoli e Salerno: smantellate 15 piazze di spaccio e indagato a piede per favoreggiamento anche un sacerdote. I militari del Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata hanno eseguito un'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, emessa dal gip del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura oplontina, nei confronti di 51 soggetti (dei quali 15 in carcere, 17 agli arresti domiciliari e 19 sottoposti all'obbligo di presentazione alla p.g.) gravemente indiziati dei reati di detenzione illecita e spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina. Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti di 48 indagati, mentre dei restanti tre, due sono attualmente all'estero e il terzo è tuttora attivamente ricercato. Tra questi anche il tiktoker Antonio Gemignani, noto come Papusciello.
Avvalendosi di corrieri della droga provenienti da Napoli e Roma - si legge in una nota a firma del procuratore Nunzio Fragliasso - gli indagati avrebbero posto in essere un giro di affari di circa otto milioni di euro, con oltre 500.000 euro in contanti sequestrati dagli inquirenti nel corso delle indagini. Le investigazioni, condotte attraverso una poderosa attività di intercettazione telefonica e ambientale, che si è protratta per diversi mesi, hanno consentito di documentare e ricostruire le dinamiche relative alla gestione dell'attività di spaccio in ben 15 piazze di diverse città, in provincia di Napoli e di Salerno, nonché di recuperare e sequestrare complessivamente 19 chilogrammi di cocaina. Dalle indagini è emerso che alcuni indagati si servivano delle abitazioni di soggetti incensurati e anziani per occultare ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, mentre altri sfruttavano la presenza di neonati per eludere eventuali controlli.
E tra gli indagati figura anche un sacerdote di Torre Annunziata. Inoltre, una donna è stata ripresa durante lo spaccio di droga con un neonato in braccio. L'approvvigionamento delle varie piazze di spaccio avveniva mediante il ricorso a fidati corrieri che, a tal fine, utilizzavano autovetture dotate di scomparti segreti in cui lo stupefacente veniva abilmente occultato. Nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno operato sette arresti in flagranza di reato, individuando anche soggetti in possesso di armi detenute illegalmente.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Domani, venerdì 7 marzo, dalle ore 15 alle ore 17, presso ExtraLibera, Via Stamira 5, a Roma, si terrà l’assemblea dei soggetti che fanno parte del comitato promotore del Referendum cittadinanza. Interverranno, tra gli altri, Emma Bonino, Riccardo Magi, Elly Schlein, Angelo Bonelli, Deepika Salhan, Sonny Olumati, Francesca Druetti, Antonella Soldo, Katia Scannavini, Pippo Civati, Paolo Bonetti, Natale Di Cola, Ileana Bello, Walter Massa e molti altri.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso oggi di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento. Pertanto, i tassi di interesse sui depositi presso la Bce, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2,50%, al 2,65% e al 2,90%, con effetto dal 12 marzo 2025. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso dall’Eurotower.
Il consiglio direttivo “è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine” soprattutto “nelle attuali condizioni caratterizzate da crescente incertezza, definirà l’orientamento di politica monetaria adeguato seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione”, viene evidenziato nella nota.
L’approccio della Banca centrale continuerà ad essere basato sui dati e a procedere ‘riunione per riunione’, ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, nel corso della conferenza stampa a Francoforte. In particolare, le decisioni del Consiglio direttivo in materia di tassi di interesse “si baseranno sulla valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei dati economici e finanziari in arrivo, della dinamica dell'inflazione sottostante e della forza della trasmissione della politica monetaria. Il Consiglio direttivo non si impegna a seguire un particolare percorso dei tassi”, ha sottolineato Lagarde, per la quale "i rischi per la crescita economica rimangono orientati verso il basso”.
“Un'escalation delle tensioni commerciali ridurrebbe la crescita dell’eurozona, frenando le esportazioni e indebolendo l'economia globale” e “il perdurare dell'incertezza sulle politiche commerciali globali potrebbe trascinare al ribasso gli investimenti”. Allo stesso modo “le tensioni geopolitiche, come la guerra ingiustificata della Russia contro l'Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente, rimangono un'importante fonte di incertezza. La crescita potrebbe diminuire se gli effetti ritardati dell'inasprimento della politica monetaria durassero più a lungo del previsto”.
La crescita dell’eurozona “potrebbe essere più elevata se le condizioni di finanziamento più facili e il calo dell'inflazione consentiranno una ripresa più rapida dei consumi e degli investimenti interni. Anche un aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture potrebbe contribuire alla crescita”, ha detto ancora la presidente della Bce.
Infine Lagarde spiega che "l'incertezza è aumentata e probabilmente peserà sugli investimenti e sulle esportazioni più di quanto previsto in precedenza”. La crescita “dovrebbe essere sostenuta dall'aumento dei redditi e dalla riduzione dei costi di finanziamento” e secondo le proiezioni dei tecnici “anche le esportazioni dovrebbero essere sostenute dall'aumento della domanda globale, a patto che le tensioni commerciali non si intensifichino ulteriormente”.
Le decisioni della Bce sui tassi di interesse quindi continueranno ad essere basate “sulla valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
L'inflazione complessiva, indicano gli esperti, ora "si collocherebbe in media al 2,3% nel 2025, all’1,9% nel 2026 e al 2,0% nel 2027. La revisione al rialzo dell’inflazione complessiva per il 2025 riflette la più vigorosa dinamica dei prezzi dell’energia”. “L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,2% nel 2025, al 2,0% nel 2026 e all’1,9% nel 2027”. Le misure dell’inflazione di fondo “suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% a medio termine. L’inflazione interna resta elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando al passato incremento dell’inflazione con considerevole ritardo. La crescita delle retribuzioni si sta però moderando secondo le attese e i profitti ne stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione”, evidenzia Francoforte. Tuttavia, “il processo disinflazionistico è ben avviato. L’andamento dell’inflazione ha continuato a rispecchiare pressoché le attese dei nostri esperti e le ultime proiezioni sono strettamente in linea con le prospettive di inflazione precedenti”.
“La politica monetaria diviene sensibilmente meno restrittiva, poiché le riduzioni dei tassi di interesse rendono meno onerosi i nuovi prestiti a imprese e famiglie e il credito accelera”, si legge nella nota diffusa dalla Bce al termine del consiglio direttivo. “Al tempo stesso – sottolinea però l’Eurotower – l’allentamento delle condizioni di finanziamento è contrastato dai passati rialzi dei tassi di interesse che si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere, e il volume dei prestiti resta nel complesso contenuto”.
La Bce rende inoltre noto che l’economia fronteggia perduranti difficoltà e i nostri esperti hanno nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita: allo 0,9% per il 2025, all’1,2% per il 2026 e all’1,3% per il 2027.
Le revisioni al ribasso per il 2025 e il 2026, sottolinea l'Eurotower, "riflettono la diminuzione delle esportazioni e la continua debolezza degli investimenti, in parte a seguito dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali e su quelle economiche più in generale. L’aumento dei redditi reali e il graduale venir meno degli effetti dei rialzi passati dei tassi di interesse restano le principali determinanti alla base dell’atteso incremento della domanda nel corso del tempo".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "C'è bisogno di un'Europa più coraggiosa, più forte e più giusta. Per questo è necessario andare avanti sulla strada del rafforzamento dell'Unione europea e della sua capacità di iniziativa politica". Così Pierfrancesco Majorino, componente della segreteria nazionale Pd.
"In questo quadro il vertice odierno del Pse ha visto in campo le proposte del Partito Democratico. Il contributo di Elly Schlein è stato essenziale e ha inevitabilmente messo in luce anche le contraddizioni del piano di Ursula von der Leyen. Un piano che ad oggi non porta alla difesa comune, ma al semplice riarmo generalizzato dei singoli Stati nazionali e a inevitabili tagli di voci che vanno invece assolutamente potenziate. Penso a coesione sociale e welfare".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Innovazione protagonista nella serata di ieri a Key - The Energy Transition Expo, nella seconda edizione del Premio 'Lorenzo Cagnoni', che è stato consegnato agli espositori per i sette progetti più innovativi presentati in fiera, uno per ogni settore merceologico della manifestazione, e alle tre Start-up dell’Innovation District dal più alto potenziale innovativo.
A premiare gli espositori, Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, Alessandra Astolfi, Global Exhibition Director della divisione Green&Technolgy di Ieg, Christian Previati, Exhibition Manager di Key, Francesco Naso, segretario generale Motus-E e Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys.
Le aziende premiate sono state: Horay Solar Co., Ltd, Italian Wind Technologies, Energy Dome, Rina, Renovis, Camel Energy GmbH e Alperia. Le tre Start-up che hanno ricevuto il riconoscimento sono state: Trailslight, Reefilla e Sizable Energy.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Innovazione protagonista nella serata di ieri a Key - The Energy Transition Expo, nella seconda edizione del Premio 'Lorenzo Cagnoni', che è stato consegnato agli espositori per i sette progetti più innovativi presentati in fiera, uno per ogni settore merceologico della manifestazione, e alle tre Start-up dell’Innovation District dal più alto potenziale innovativo.
A premiare gli espositori, Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, Alessandra Astolfi, Global Exhibition Director della divisione Green&Technolgy di Ieg, Christian Previati, Exhibition Manager di Key, Francesco Naso, segretario generale Motus-E e Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys.
Le aziende premiate sono state: Horay Solar Co., Ltd, Italian Wind Technologies, Energy Dome, Rina, Renovis, Camel Energy GmbH e Alperia. Le tre Start-up che hanno ricevuto il riconoscimento sono state: Trailslight, Reefilla e Sizable Energy.