Cinque anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ridetermina di poco la condanna inflitta all’ex sindaco e governatore Giuseppe Scopelliti nel processo di primo grado sul “caso Fallara”. Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. La favola del “modello Reggio” finisce qui in attesa, adesso, che la Cassazione metta il sigillo all’inchiesta che, assieme allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del primo Comune capoluogo di provincia, ha scardinato il potere di Peppe Scopelliti, sindaco dal 2002 al 2010 e governatore della Calabria fino al 2014 quando ha inaugurato l’applicazione della legge Severino in seguito alla sua condanna a 6 anni di carcere. Scopelliti è stato per lungo tempo il simbolo della “Reggio da bere” che, però, ha portato al tracollo finanziario di Palazzo San Giorgio.
La città dello Stretto, infatti, è stata usata come un trampolino di lancio per la carriera dall’ex “balilla” del Movimento sociale italiano, poi pupillo in terra calabra di Silvio Berlusconi e, dopo ancora, azionista di maggioranza dell’Ncd con il quale si è candidato all’Europee non riuscendo ad essere eletto. Finiti i tempi delle percentuali bulgare rastrellate da Scopelliti in qualsiasi tornata elettorale, la bocciatura delle urne nel 2014 lo ha allontanato anche da Angelino Alfano per avvicinarlo ad Azione Nazionale.
Movimenti politici che fanno da sfondo a problemi giudiziari. Stando all’inchiesta sul “caso Fallara”, coordinata dai pm Sara Ombra e Francesco Tripodi (non più in servizio a Reggio Calabria), infatti, l’ex sindaco Scopelliti è ritenuto il responsabile numero uno dello sfascio economico della città. Impianto accusatorio condiviso anche dal sostituto procuratore generale Alberto Cianfarini che, nel corso della requisitoria, aveva chiesto la conferma dei sei anni al presidente della Corte d’Appello Adriana Costabile.
Per i magistrati, a Palazzo San Giorgio c’era una vera e propria dittatura della dirigente Orsola Fallara, morta nel 2010 per aver misteriosamente ingerito dell’acido dopo una conferenza stampa indetta dopo l’avvio dell’inchiesta da parte della Procura. La consulente del Comune si era dichiarata disponibile a fornire tutte le spiegazioni ai magistrati ma non ha fatto in tempo. La Fallara – si legge nella sentenza di primo grado – “era una perfetta esecutrice di direttive precise che provenivano dal sindaco Scopelliti, che, tramite lei, ha creato un sistema accentrato su se stesso esautorando di fatto tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo (cioè i dirigenti non asserviti al suo dominio e gli assessori che eventualmente avessero voluto svolgere le loro funzioni correttamente)”.
Orsola Fallara era la responsabile del settore Finanze voluta da Peppe Scopelliti. Una professionista, nominata senza un concorso, tutta dentro il “sistema” del sindaco. Un suo funzionario “di fiducia” che, in eredità, insieme ai misteri sulla sua fine orribile, lascia un bilancio per i magistrati segnato da “un quadro di irregolarità enorme”. È di centinaia di milioni la voragine nelle casse del Comune dove i pm hanno trovato debiti con società partecipate non onorati, un buco finanche con l’Enel per bollette milionarie mai pagate, ritenute fiscali evase per almeno 20 milioni di euro. Il tutto mentre Reggio diventava una “città cartolina” dove si spendevano soldi per iniziative allegre: 50mila euro alla New Art Gallery per una conferenza stampa di presentazione delle statue Rabarama, costate 600mila euro, altri 252mila per finanziare la radio amica Rtl.
Sono gli anni della “Reggio da bere” in cui in riva allo Stretto arriva anche il concerto di Elton John organizzato dall’amico promoter Ruggero Pegna, nel 2010 candidato alla Regione in una lista a sostegno di Scopelliti. È un fallimento con lo stadio semivuoto, ma alle tasche dei reggini è costato 360mila euro. Altri 650mila sono stati spesi la Notte bianca del 2006: per avere Lele Mora e i suoi guitti da Grande Fratello, Scopelliti fa versare dal Comune 120mila euro e addirittura si raccomanda a Paolo Martino, il referente della cosca De Stefano a Milano.
Per non parlare delle consulenze esterne e dei contributi a pioggia: 75 avvocati si sono spartiti 777 pratiche. La difesa di Scopelliti ha sempre sostenuto che “lui atti di gestione non ne compie, perché lui fa il politico”. “Però – era stata la risposta del pm Sara Ombra nel processo di primo grado – quando si tratta di dare contributi elettorali, li fa gli atti di gestione”. Adesso occorrerà attendere le motivazioni della sentenza di oggi che ha registrato la condanna a 2 anni e 4 mesi anche per i revisori dei conti del Comune Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero Ettore De Medici, interdetti dai pubblici uffici per i prossimi 5 anni.
Dopo la lettura della sentenza, Scopelliti ha lasciato il palazzo di giustizia senza fare alcuna dichiarazione. Lo ha fatto a bordo di un’auto della scorta che la prefettura gli aveva assegnato nel 2004 e che non ha mai revocato neanche dopo la notizia che l’ex sindaco di Reggio è indagato nell’inchiesta antimafia “Mamma Santissima” per essere stato il “pupo” nelle mani dell’avvocato Paolo Romeo, l’ex parlamentare del Psdi ritenuto dalla Dda una delle due teste pensanti delle cosche reggine. È lui assieme alla componente segreta della ‘ndrangheta che, secondo il pm Giuseppe Lombardo, nel 2002 ha deciso che Scopelliti doveva fare il sindaco di Reggio Calabria.
Giustizia & Impunità
Giuseppe Scopelliti, ex presidente della Calabria condannato a 5 anni in appello
Il politico è imputato in qualità di ex sindaco per falso e abuso per presunte irregolarità nei bilanci del Comune tra il 2008 e il 2010 e per le vicende legate alle autoliquidazioni dell’ex dirigente dell’Ufficio ragioneria del Comune Orsola Fallara, suicidatasi nel 2010
Cinque anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ridetermina di poco la condanna inflitta all’ex sindaco e governatore Giuseppe Scopelliti nel processo di primo grado sul “caso Fallara”. Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. La favola del “modello Reggio” finisce qui in attesa, adesso, che la Cassazione metta il sigillo all’inchiesta che, assieme allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del primo Comune capoluogo di provincia, ha scardinato il potere di Peppe Scopelliti, sindaco dal 2002 al 2010 e governatore della Calabria fino al 2014 quando ha inaugurato l’applicazione della legge Severino in seguito alla sua condanna a 6 anni di carcere. Scopelliti è stato per lungo tempo il simbolo della “Reggio da bere” che, però, ha portato al tracollo finanziario di Palazzo San Giorgio.
La città dello Stretto, infatti, è stata usata come un trampolino di lancio per la carriera dall’ex “balilla” del Movimento sociale italiano, poi pupillo in terra calabra di Silvio Berlusconi e, dopo ancora, azionista di maggioranza dell’Ncd con il quale si è candidato all’Europee non riuscendo ad essere eletto. Finiti i tempi delle percentuali bulgare rastrellate da Scopelliti in qualsiasi tornata elettorale, la bocciatura delle urne nel 2014 lo ha allontanato anche da Angelino Alfano per avvicinarlo ad Azione Nazionale.
Movimenti politici che fanno da sfondo a problemi giudiziari. Stando all’inchiesta sul “caso Fallara”, coordinata dai pm Sara Ombra e Francesco Tripodi (non più in servizio a Reggio Calabria), infatti, l’ex sindaco Scopelliti è ritenuto il responsabile numero uno dello sfascio economico della città. Impianto accusatorio condiviso anche dal sostituto procuratore generale Alberto Cianfarini che, nel corso della requisitoria, aveva chiesto la conferma dei sei anni al presidente della Corte d’Appello Adriana Costabile.
Per i magistrati, a Palazzo San Giorgio c’era una vera e propria dittatura della dirigente Orsola Fallara, morta nel 2010 per aver misteriosamente ingerito dell’acido dopo una conferenza stampa indetta dopo l’avvio dell’inchiesta da parte della Procura. La consulente del Comune si era dichiarata disponibile a fornire tutte le spiegazioni ai magistrati ma non ha fatto in tempo. La Fallara – si legge nella sentenza di primo grado – “era una perfetta esecutrice di direttive precise che provenivano dal sindaco Scopelliti, che, tramite lei, ha creato un sistema accentrato su se stesso esautorando di fatto tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo (cioè i dirigenti non asserviti al suo dominio e gli assessori che eventualmente avessero voluto svolgere le loro funzioni correttamente)”.
Orsola Fallara era la responsabile del settore Finanze voluta da Peppe Scopelliti. Una professionista, nominata senza un concorso, tutta dentro il “sistema” del sindaco. Un suo funzionario “di fiducia” che, in eredità, insieme ai misteri sulla sua fine orribile, lascia un bilancio per i magistrati segnato da “un quadro di irregolarità enorme”. È di centinaia di milioni la voragine nelle casse del Comune dove i pm hanno trovato debiti con società partecipate non onorati, un buco finanche con l’Enel per bollette milionarie mai pagate, ritenute fiscali evase per almeno 20 milioni di euro. Il tutto mentre Reggio diventava una “città cartolina” dove si spendevano soldi per iniziative allegre: 50mila euro alla New Art Gallery per una conferenza stampa di presentazione delle statue Rabarama, costate 600mila euro, altri 252mila per finanziare la radio amica Rtl.
Sono gli anni della “Reggio da bere” in cui in riva allo Stretto arriva anche il concerto di Elton John organizzato dall’amico promoter Ruggero Pegna, nel 2010 candidato alla Regione in una lista a sostegno di Scopelliti. È un fallimento con lo stadio semivuoto, ma alle tasche dei reggini è costato 360mila euro. Altri 650mila sono stati spesi la Notte bianca del 2006: per avere Lele Mora e i suoi guitti da Grande Fratello, Scopelliti fa versare dal Comune 120mila euro e addirittura si raccomanda a Paolo Martino, il referente della cosca De Stefano a Milano.
Per non parlare delle consulenze esterne e dei contributi a pioggia: 75 avvocati si sono spartiti 777 pratiche. La difesa di Scopelliti ha sempre sostenuto che “lui atti di gestione non ne compie, perché lui fa il politico”. “Però – era stata la risposta del pm Sara Ombra nel processo di primo grado – quando si tratta di dare contributi elettorali, li fa gli atti di gestione”. Adesso occorrerà attendere le motivazioni della sentenza di oggi che ha registrato la condanna a 2 anni e 4 mesi anche per i revisori dei conti del Comune Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero Ettore De Medici, interdetti dai pubblici uffici per i prossimi 5 anni.
Dopo la lettura della sentenza, Scopelliti ha lasciato il palazzo di giustizia senza fare alcuna dichiarazione. Lo ha fatto a bordo di un’auto della scorta che la prefettura gli aveva assegnato nel 2004 e che non ha mai revocato neanche dopo la notizia che l’ex sindaco di Reggio è indagato nell’inchiesta antimafia “Mamma Santissima” per essere stato il “pupo” nelle mani dell’avvocato Paolo Romeo, l’ex parlamentare del Psdi ritenuto dalla Dda una delle due teste pensanti delle cosche reggine. È lui assieme alla componente segreta della ‘ndrangheta che, secondo il pm Giuseppe Lombardo, nel 2002 ha deciso che Scopelliti doveva fare il sindaco di Reggio Calabria.
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Pagelle sanità, Fontana insulta il ministero per i metodi. La replica: “Usa un linguaggio inopportuno”
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Cristiani e socialisti si inseguono e si separano, si combattono si alleano, si contaminano da quasi due secoli. E’ l’ispirazione cristiana a suscitare le prime utopie socialiste, l'ambizione della scientificità del socialismo marxista ed il presidio di interessi sociali parzialmente diversi li ha spesso divisi, ma questo non ha impedito per esempio al socialismo del Nord Europa di continuare ad attingere largamente alla tradizione evangelica". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"Le fragili regole di un multilateralismo spesso a doppio standard e quelle ben più solide poste a presidio dell’integrazione dei mercati - ha aggiunto poi l'esponente dem - sono travolte dalla pressione di soggetti economici in grado di essere al contempo finanza, informazione, controllo dei dati ed in ultima analisi potere politico puro. Persino il mercato viene sostituito dalla mera logica dei rapporti di forza determinata dall’intreccio tra vecchi e nuovi Leviatani, tra poteri pubblici e smisurate potenze economiche".
"Il fatto che a tutto questo non paiano emergere forze antagoniste in grado di civilizzare questa assenza di misura non può essere un alibi per la politica. La politica deve interrogarsi invece - spiega Orlando - su quali possano essere le vie oltre i vecchi steccati, in grado di liberare energie e di offrire la possibilità del riscatto collegando esperienze e domande. E tutto ciò che resiste e che è stato pensato per resistere deve oggi essere riunito. Tutto ciò che si è sforzato, non senza limiti ed imperfezioni, di rendere più umana la vita economica e sociale, di democratizzare i processi produttivi non può ancora restare separato, talvolta contrapposto da dicotomie del secolo scorso. Di fronte al fatto che ciascuno, persino chi si sentiva al riparo da ogni pericolo, rischia di essere solo di fronte a tanta potenza è il tempo di mettere in campo l’insieme degli strumenti che i due filoni culturali di cui oggi parliamo hanno saputo elaborare. Per affermare un nuovo umanesimo che si fondi sulla centralità della comunità come luogo di sviluppo della persona , delle comunità nel loro pluralismo di cui lo Stato può essere l’antitesi, ma lo sviluppo delle comunità che si organizzano in modo migliore".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Io credo che affidare, come sino qui è avvenuto, alla sola logica delle armi non è solo pericoloso e folle, è oggi velleitario. L’Europa rischia di cercare nelle armi ciò che avrebbe potuto e può trovare politica. L’idea di una difesa comune è necessaria e condivisibile, ma non è quella la vera forza che l’Europa potrà mettere in campo nel breve periodo". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"L’Europa grazie alle sue radici costituisce un luogo di equilibri che garantisce una vita migliore più lunga, più piena di qualunque altro luogo della terra. L’Europa che poteva e può essere Ponte si è fatta risucchiare nella logica West and the rest, salvo poi scoprire che the West, qualunque cosa abbia voluto dire, non esiste più".
"La possibilità di recuperare il terreno perduto non credo passi per i decimali di bilancio in più - spiega l'ex ministro dem - che saprà mettere nel riarmo ma dalla capacità di concorrere a definire un nuovo ordine. Facendosi interprete di quell’enorme maggioranza di popoli che non ha alcun interesse dal prevalere della logica della forza e del dominio per il controllo sulle risorse strategiche. E’ un messaggio che deve essere rivolto a tutti persino ai nazionalisti che vanno cacciandosi in una insanabile contraddizione. La sconfitta e la marginalizzazione dell’Europa sarà inevitabilmente la sconfitta delle nazioni che la compongono. Per questo sarà fondamentale l’esito della vicenda Ucraina. Il tema non è come proseguire la guerra ma bensì come condizionare la pace impedendo che si consumi una spartizione tra potenze sulla testa degli ucraini e a discapito degli interessi europei. Nonostante le provocazioni di Trump tutti sappiamo che l’Europa ha carte da giocare. Nessun assetto futuro che assicuri un minimo di sicurezza e di stabilità nell’area può essere realizzato senza il concorso dei paesi europei. Su questo fronte possono andare in ordine sparso o come un soggetto che si fa promotore anche per chi non ne ha la forza di un nuovo e rifondato multilateralismo".
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Non chiediamo abiure ma un partito deve saper scegliere su un appuntamento così importante: supporteremo il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza". Elly Schlein chiude formalmente la stagione del renzismo. Nel suo intervento in Direzione, la leader dem ha dato l'ultimo colpo di spugna alle impronte lasciate al Nazareno dall'ex segretario e premier, schierando il partito a favore del referendum abrogativo del JobsAct, una bandiera renziana.
"Rispetto per chi non ha firmato il referendum, ma un partito deve essere chiaro e lineare: sui diritti dei lavoratori non saremo mai alla finestra", ha sentenziato la leader dem. Nel 2014 il via libera alla riforma fortemente voluta da Renzi segnò uno degli strappi più profondi della storia dem. Alla Camera, al momento del voto, il Pd si ritrovò platealmente diviso con 29 deputati contrari al Jobs Act tra voti contrari e non partecipazioni al voto. Per non parlare degli assenti, come Enrico Letta.
I contrari (Cuperlo, Bindi, D'Attorre, Boccia tra questi) firmarono un documento per spiegare le ragioni dei dissenso. E a nulla valsero gli appelli all'unità dell'allora presidente Matteo Orfini e di Pier Luigi Bersani. Il sì arrivo dalla maggior parte del gruppo dem (allora forte di 307 deputati), alcuni dei quali ancora oggi tra i banchi del Parlamento. Tra i ministri del governo Renzi, in Direzione Andrea Orlando è stato netto: "Io non ho firmato il referendum" ma "fa bene la segretaria ad auspicare una convergenza massima". Non tutti, però, hanno battuto le mani sulla scelta della Schlein sul referendum. Dalle parti dei riformisti, qualche dubbio c'è stato.
(Adnkronos) - "Sul referendum serve pluralismo perché se raggiunge il quorum comunque è sostenuto solo dalla parte più estrema del sindacato, visto che la Cisl, fino a poco tempo fa non lontana dal Pd, non è d’accordo e la Uil non ha raccolto firme e sta ragionando se mobilitarsi", ha spiegato la deputata Lia Quartapelle.
Anche Piero Fassino ha messo in guardia: "Rischiamo di fare un dibattito sul lavoro di retrospettiva. In dieci anni tutto è cambiato compreso l’articolo oggetto di referendum modificato dalla Corte Costituzionale". Mentre la senatrice Simona Malpezzi ha sottolineato come "le sensibilità nel Pd sul tema sono diverse". Ma la relazione della segretaria, poi approvata all'unanimità, ha suscitato discussione anche a causa di un altro passaggio sull'Europa e la pace, un tema molto sentito in casa dem.
"Quando torneremo al governo per noi Trump non sarà niente di simile a un alleato. Noi non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all'aggressore e non saremo con l'Europa per continuare la guerra", ha detto tra le altre cose Schlein. Un passaggio che ha fatto sobbalzare alcuni presenti, come la vice presidente del Parlamento Ue Pina Picierno, la senatrice Sandra Zampa e ancora Fassino. Così è stata la stessa segretaria, nelle repliche, a chiarire: "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare. Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso".
Palermo, 27 feb. (Adnkronos) - Aggredita nel mercato di Ballarò la troupe di Striscia la Notizia, il tg satirico di Mediaset. L'inviata Stefania Petyx e i suoi operatori sono stati aggrediti da alcune persone mentre stavano realizzando un'intervista con l'assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti. "Esprimo ferma condanna per la vile, ingiustificata e violenta aggressione subita dall’assessore alle Attività produttive Giuliano Forzinetti, dall’inviata di "Striscia la Notizia", Stefania Petyx e dalla sua troupe nel mercato di Ballarò- dice il sindaco Roberto Lagalla - Un episodio che conferma come certi soggetti tentano una inutile resistenza al lavoro di ripristino della legalità in quest’area della città voluta dall'Amministrazione. Al contrario, per me è doveroso sottolineare che in questo quartiere ci sia anche la presenza di una più ampia fetta di residenti e commercianti come coloro che intervenendo in difesa ed in soccorso delle persone aggredite hanno dimostrato di possedere la cultura della civiltà e della sensibilità. È da loro che bisogna ripartire ed è per loro che bisogna insistere nell’attività di repressione di ogni forma di illegalità. L’auspicio è che le forze dell’ordine riescano ad individuare al più presto tutti i responsabili di questa vicenda”.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Sui referendum, compreso quello sul Jobs Act, "ci saremo con le nostre proposte e senza chiedere abiure nè forzature, nel rispetto del passato e del presente. Io sono contenta di far parte dell'unico partito che fa dei congressi e può cambiare idea senza che un giorno si svegli il capo con un piede diverso o una tegola in testa". Lo dice Elly Schlein nella replica nella Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Qualcuno cerca di strumentalizzare le mie parole di prima, peraltro senza riportarle per intero: se c'è una leader italiana che si è schierata contro le parole e i falsi storici di Trump sono io, perché Meloni non ha ritenuto di farlo". Lo dice Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina, a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare". Così Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
"Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso. Non c'è stato nessuno in Europa che ha voluto questa guerra partita dall'aggressione di Putin" e Trump su questo ha detto "un falso storico".
"Ma è altrettanto vero che, anche se l'Europa non ha voluto questa guerra e ha sostenuto l'Ucraina, non possiamo dire di essere stati in grado come Europa di fare abbastanza per la pace. Noi lo chiediamo da due anni. Se questa iniziativa fosse stata presa prima, quando Biden sosteneva Kiev, forse avrebbe reso la discussione più facile rispetto a farla oggi dove quello che sta facendo Trump non è un negoziato equo ma di assumere il punto di vista dell'aggressore. Per questo, a maggior ragione, l'Europa deve starci dentro".