E’ stato approvato nella notte tra il 22 e il 23 dicembre il decreto Salvarisparmio per la ricapitalizzazione di Mps. Dopo l’ufficializzazione del fallimento dell’aumento di capitale della banca, il Consiglio dei ministri si è riunito poco prima di mezzanotte per oltre un’ora e ha dato il via libera all’istituzionalizzazione di un fondo da 20 miliardi di euro, già approvato dal Parlamento. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha precisato che la prima banca a beneficiarne sarà Monte dei Paschi di Siena, ma “è pensato anche per altre situazioni” e ha aggiunto che “ciascuna banca che sia interessata dovrà fare domanda”.
La notizia del mancato aumento di capitale di Mps è arrivata nella tarda serata di giovedì: la raccolta si è fermata sotto la soglia dei due miliardi e mezzo, la metà dei cinque miliardi che Rocca Salimbeni pensava di incassare: l’asticella non è andata oltre i 2 miliardi e 451 milioni di euro. “Non sono stati raccolti – ha spiegato la società in una nota – ordini di investimento sufficienti a raggiungere la somma di euro 5 miliardi, necessaria a consentire il deconsolidamento dei non performing loan e il raggiungimento degli altri obiettivi di rafforzamento patrimoniale”. Lo scenario a questo punto è che il Tesoro diventi l’azionista di riferimento dell’istituto di credito. Padoan non ha però voluto chiarire quale sarà l’impegno pubblico su Mps: “L’ammontare di intervento – si è limitato a rispondere ai cronisti – sarà sufficiente a colmare i requisiti identificati con gli stress test. Ho dato la definizione, il numero segue”. Il cda di Mps, riunito fino a notte, ha già attivato l’iter per la ricapitalizzazione precauzionale a carico dello Stato, come previsto dalla normativa Ue.
La Consob ha disposto per oggi la sospensione della negoziazione del titolo. “Siamo in una situazione molto delicata, credo che la decisione della Consob sia assolutamente normale in queste condizioni”, ha commentato Padoan. Ma esattamente quale sarà la natura dell’intervento? Il decreto legge contempla la possibilità che la banca interessata da una ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato, che comporta la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni, offra obbligazioni non subordinate in cambio delle azioni frutto della conversione. Il Tesoro può acquistare tali azioni. In altre parole, le obbligazioni subordinate saranno convertite in azioni. E queste azioni potranno a loro volta essere scambiate dai risparmiatori privati con la banca con obbligazioni non subordinate. Risultato: chi oggi possiede un’azione subordinata, più rischiosa perché coinvolta in caso di problemi dell’istituto, ne riceverà una di pari valore non subordinata, cioè sicura. “Gli obbligazionisti retail saranno salvaguardati. Così la tutela dei piccoli risparmiatori è completa”, ha sottolineato Padoan.
E’ “una giornata di svolta” per Mps, ha commentato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, parlando di “rassicurazione per i suoi risparmiatori e per il suo futuro”. Ma il nuovo fondo consentirà di fare anche un’altra cosa: rafforzare la capacità di una banca di approvvigionarsi di liquidità. Il Tesoro potrà rilasciare alle banche che lo chiedono una garanzia su nuove obbligazioni da emettere, a fronte del pagamento di una commissione. Polemiche sono arrivate invece sulle commissioni per gli advisor dell’operazione Mps. Il Codacons ha annunciato di aver depositato una segnalazione lo scorso 7 dicembre all’Anac e ai vertici della banca, chiedendo di bloccare il pagamento della commissione a Jp Morgan, che ammonterebbe, è l’accusa, alla maxi cifra di quasi 450 milioni di euro. “Si precisa”, ha ribattuto Salimbeni, “che le banche d’affari coinvolte a vario titolo nel consorzio di collocamento, e nell’operazione di cartolarizzazione, ivi comprese JP Morgan Mediobanca, non riceveranno alcuna commissione”.
Il piano da 20 miliardi era già stato approvato dal Parlamento per evitare il fallimento della banca. Si tratta del quinto provvedimento d’urgenza sul sistema bancario dal 2015, dopo la riforma delle popolari, la riforma delle Bcc, il primo ‘salva-banche’ appunto e quello per la garanzia pubblica sulla cessione delle sofferenze. Un nuovo decreto che arriva a poco più di un anno da quello che ha mandato in risoluzione quelle che sono diventate le ‘4 banche’ (le vecchie Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti) e che consentirà di aprire l’ombrello pubblico su Mps, ma non solo.
Che cos’è il decreto ‘Salvarisparmio’ – Il decreto ancora una volta sarà un ‘omnibus’ bancario, e non conterrà solo la creazione del fondo da 20 miliardi per sostenere le banche in difficoltà sia garantendo la liquidità sia rafforzando il patrimonio. Sul fronte della garanzia con il decreto si dovrebbe attivare lo schema approvato da Bruxelles in estate (attivabile fino a fine 2016). La Ue aveva dato il via libera a una garanzia fino a 150 miliardi ma potrebbe essere messa in campo circa la metà di queste risorse, che non incideranno comunque sui saldi di bilancio fino a che la garanzia non sarà davvero operativa. Diverso il discorso dei 20 miliardi del nuovo fondo che il governo ha chiamato ‘salva-risparmio’, il quale, se utilizzato, aumenta il debito e per questo ha avuto bisogno di una autorizzazione ad hoc del Parlamento, incassata anche con il sostegno di Forza Italia mercoledì.
Nel decreto dovrebbe peraltro essere solo indicata la nascita del fondo senza riferimenti a casi specifici. Il paracadute infatti potrebbe servire non solo per Siena, ma anche per le due popolari venete o per Carige (ma si parla anche di istituti più piccoli). Tutti ‘casi’ che andranno valutati volta per volta e che per il salvataggio dello Stato potranno aver bisogno di decreti ministeriali attuativi dei singoli interventi. Il decreto dovrebbe anche dettagliare come saranno protetti gli obbligazionisti retail, chiamati, in caso di intervento pubblico, a partecipare alle perdite (burden sharing). Nel caso di Mps ci potrebbe essere un rimborso più generoso di quello delle 4 banche, attraverso azioni ordinarie. Ma ancora si starebbe affinando il meccanismo.
Il testo dovrebbe contenere inoltre la proroga di sei mesi del termine entro il quale le banche popolari più grandi hanno l’obbligo di trasformarsi in Spa, ora fissato al 27 dicembre, anche se di fatto il termine è stato ‘congelato’ già fino al 12 gennaio dall’intervento del Consiglio di Stato. Sarebbero poi introdotte alcune altre misure che non erano passate con la manovra, dalla possibilità anche per le Bcc di utilizzare le imposte differite (Dta) all’ammortamento in 5 anni delle risorse versate al Fondo di risoluzione.