“È morto serenamente nella sua casa”, si legge, tra l’altro, nello scarno comunicato che nella tarda serata di Natale ha annunciato la scomparsa di George Michael a soli 53 anni. E quell’avverbio stride non poco con una vita che è stata tante cose, ma di sicuro non serena. Interprete di canzoni di enorme successo (prima come membro degli Wham!, poi come apprezzato solista), George Michael ha venduto oltre cento milioni di dischi nel corso di una carriera che ha attraversato (tra molti trionfi e qualche passaggio a vuoto) quattro decenni. Elton John, che con lui ha diviso il palco in molte occasioni, scrive: “Sono in stato di shock profondo. Ho perso un caro amico. Il più gentile, anima più generosa e un artista geniale. Il mio cuore va alla sua famiglia, gli amici e tutti i suoi fan”.
Non si conoscono le cause della morte del cantante inglese di origine greco-cipriota, ma qualche anno fa Michael aveva avuto già seri problemi di salute: era la fine del 2011, e l’interprete di grandi classici come Careless Whispers e Last Christmas ha seriamente rischiato di morire a causa di una grave polmonite. Ricoverato in un ospedale di Vienna, George Michael era stato addirittura sottoposto a una tracheotomia per permettergli di respirare, restando anche privo di sensi per lunghi tratti della sua degenza. Due anni dopo, era invece stato trasportato in ospedale dopo aver battuto la testa in seguito a una caduta. Ma l’inquietudine dell’esistenza di George Michael non è legata ai suoi sporadici problemi di salute. Dalla conquista del successo globale negli anni Ottanta a oggi, il cantante britannico ha attraverso turbolenze e tempeste, non sempre riuscendo a tirarsene fuori indenne.
Nel febbraio 2006 era stato arrestato per possesso di cannabis, mentre nel 2010 l’arresto era scattato perché si era rifiutato di sottoporsi al test alcolemico dopo aver sfondato una vetrina con l’automobile (solo successivamente avrebbe rivelato di trovarsi alla guida sotto effetto di cannabis). Ma le turbolenze di George Michael sono state anche d’amore e sesso, a cominciare dal complesso cammino che lo ha portato solo in tempi relativamente recenti a rendere pubblica la propria omosessualità. Se ne parlava sin dai tempi degli Wham! (sono note le polemiche del “rivale” Boy George che lo accusava di voler tenere nascosta una cosa che era chiara a tutti), ma il coming out tanto atteso si sarebbe rivelato invece un outing, visto che nel 1998, il popolare cantante era stato arrestato a Beverly Hills per “atti osceni in luogo pubblico”. Un poliziotto sotto copertura avrebbe, infatti, provocato Michael in un bagno pubblico, salvo poi far scattare le manette quando gli ammiccamenti erano diventati qualcosa di più concreto. Dall’arresto, però, George Michael era riuscito addirittura a trarne un videoclip di grande successo (quello di Outside), dove rileggeva in chiave ironica l’accaduto. Qualcosa di simile era successa anche nel 2006, stavolta a Londra.
Sul fronte sentimentale, la relazione che forse più di tutte ha segnato la vita di George Michael è stata quella con lo stilista brasiliano Anselmo Feleppa, conosciuto nel 1991. Solo pochi mesi dopo, però, a Feleppa era stato diagnosticato il virus dell’HIV, gettando George Michael nello sconforto: “Temevo di avere anche io la malattia e non sapevo come dirlo alla mia famiglia, visto che non sapevano neppure che fossi gay”. Anselmo Feleppa sarebbe morto due anni dopo, e la famosissima e struggente “Jesus to a Child” è dedicata proprio a lui. La relazione più lunga, invece, è stata quella con l’americano Kenny Goss, durata dal 1996 al 2011, quando George Michael aveva annunciato pubblicato la fine del rapporto. Una storia lunga e travagliata, fatta di ripetuti e dolorosi momenti di incomprensioni e turbolenze.
Droghe, arresti (a volte per fatti che definire “reati” sembra persino eccessivo), un carattere spigoloso, una tenuta psicologica forse non granitica, e infine la morte prematura. George Michael ha tracciato una parabola umana che ha più volte fatto scandalizzare i benpensanti, ma in fondo ha fatto male solo a se stesso. Già nei minuti successivi all’annuncio della morte del cantante, sui social network circolavano giudizi sommari sulla sua condotta, correlando due cose che, almeno al momento, non sembrano essere correlate. E nei prossimi giorni probabilmente continueranno i sermoni post mortem. Più che i giudizi morali, però, ci interessano i responsi scientifici e medici sulle cause della morte del cantante che sono da accertare, anche se la polizia inglese ha voluto sgombrare il campo da dubbi di sorta sin da subito, escludendo “circostanze sospette”. Stando alle prime informazioni ufficiali, si sarebbe trattato di infarto.