I docenti fuori Regione possono tornare a casa. O almeno possono provarci. Il primo atto di Valeria Fedeli, la nuova ministra “sindacalista” dell’Istruzione, è proprio un accordo con i sindacati che permetterà a tutti gli insegnanti, neoassunti e non, di presentare domanda di trasferimento già la prossima estate, aggirando il vincolo triennale che aveva fissato la riforma Giannini. Non solo: torna – e questa forse è la novità principale – anche la possibilità di richiedere assegnazione sulla singola scuola, come avveniva in passato, e non sui nuovi ambiti territoriali, così da non dover essere sottoposti alla criticatissima chiamata diretta. Anche se l’intesa sarà valida solo per il prossimo anno e non riguarderà i vincitori del concorso che saranno assunti a settembre, quindi non tocca l’impianto della Legge 107 come speravano i docenti; al massimo apre una piccola crepa su cui bisognerà continuare a scavare in futuro. E poi resta da capire quanti riusciranno davvero a beneficiare della deroga, visto che i posti a disposizione non saranno molti.

La nomina di una ex Cgil a viale Trastevere aveva il chiaro intento di ricucire lo strappo tra Miur e sindacati e avviare un nuovo percorso di dialogo; senza rinnegare la “Buona scuola” di Matteo Renzi e Stefania Giannini (per quello non c’è né il tempo, né l’intenzione), solo smussando i suoi punti più controversi. Detto, fatto: a neanche un mese dall’insediamento la neoministra ha portato a casa la firma di un accordo importante sulla mobilità 2017/2018 con tutti i principali sindacati (solo la Gilda non ha aderito). Come nelle attese, il presupposto è il superamento del vincolo di permanenza triennale fissato dalla Legge 107: visto che anche dopo la mobilità straordinaria della scorsa estate tanti insegnanti sono rimasti lontano da casa, una finestra “extra” sarà aperta anche nel 2017. Attenzione, però: si tratterà di una mobilità straordinaria solo per la cadenza temporale, non per i posti. Mentre nel 2016 aveva riguardato il 100% delle cattedre disponibili, stavolta coinvolgerà solo il 30%, mentre il 60% spetterà alle immissioni in ruolo (un 10% viene destinato invece alla mobilità professionale). Questo per evitare che non ci siano posti per assumere i vincitori del concorso, come successo in molte Regioni a settembre. Il tetto stabilito, però, ridurrà di molto le possibilità di vedersi accettata la domanda di trasferimento.

Visto il nuovo clima positivo, i sindacati sono riusciti a strappare anche un’altra, importantissima deroga ai paletti della Buona scuola: dall’anno scorso tutti gli insegnanti vengono assegnati non più alle singole scuole, ma ai cosiddetti “ambiti territoriali”, dei distretti più o meno grandi da cui i presidi pescano per la chiamata diretta; la Fedeli, almeno parzialmente, riapre all’assegnazione agli istituti. Nella prossima mobilità, infatti, nelle domande di trasferimento i docenti potranno indicare fino a 15 preferenze, per un massimo di 5 scuole e 10 ambiti; chi viene assegnato alle prime riceve la titolarità su scuola senza chiamata diretta, chi viene assegnato ai secondi riceve la titolarità su ambito con conseguente chiamata diretta da parte del preside. Su quest’ultima, invece, si aprirà un altro tavolo di discussione per fissare dei criteri oggettivi in modo da limitare la discrezionalità della scelta dei dirigenti. L’accordo, però, durerà solo ed esclusivamente per un anno e probabilmente toccherà ad un altro ministro e ad un altro governo prendere una posizione definitiva. Insomma, un grande compromesso che lascia tutte le soluzioni aperte per il futuro. Per i sindacati è il primo passo per cancellare la riforma. Per i sostenitori della Buona scuola, solo un piccolo correttivo temporaneo, che non intacca i principi generali. Il tempo dirà chi aveva ragione: intanto qualche docente tornerà a casa, molti altri no.

Twitter: @lVendemiale

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