Niente riduzione di tasse e nuovi aumenti tariffari dove spiccano autostrade, energia elettrica, gas e benzina: sembra essere questo il “must” del governo. Una politica miope, che renderà i prodotti nazionali meno competitivi a causa dei maggiori costi dei pedaggi autostradali e del carburante. E con maggiori costi di trasporto si tagliano le gambe alla ripresa.

Sulle vecchie autostrade (rete storica) il traffico è in netta crescita, gli addetti sono in continua diminuzione, gli ammortamenti completati, gli investimenti promessi (in cambio degli aumenti tariffari) non sono stati realizzati e nonostante questo, il governo autorizza aumenti medi dello 0,77%. Per questi motivi gli aumenti dei pedaggi, che per molti sono una vera e propria imposta sulla mobilità, sono ancor più ingiustificati.

Tutti gli automatismi salariali a tutela dei lavoratori sono spariti, come la Scala mobile, utile per difendersi dagli aumenti dei prezzi e dell’inflazione. Solo nei pedaggi autostradali e nelle tariffe amministrate essa resiste alla grande. Si tratta di una scala mobile occulta (un price-cup alla rovescia) per autostrade ed utilities. Settori protetti con ricche rendite di posizione avulse dal contesto di mercato e che sfuggono al controllo dei regolatori pubblici.

Sono oramai diversi milioni i pendolari che ogni giorno son costretti ad usare la rete autostradale più frammentata d’Europa – le concessionarie sono 24 – e più la cara del vecchio continente. In assenza di valide alternative sulla rete stradale ordinaria pericolosa e  congestionata e con treni pendolari scalcinati, le autostrade sono prese d’assalto per recarsi al lavoro nelle tratte locali e nelle aree periferiche delle grandi città.

Il meccanismo di adeguamento tariffario, che ogni anno salassa gli automobilisti, è legato alle opere messe nelle convenzioni Anas-Concessionari che spesso però sono solo un alibi per giustificare gli aumenti tariffari. Le autostrade si confermano una potente rendita di posizione che assicura extra profitti ai gestori e che per questo chiedono ed ottengono dal governo proroghe delle concessioni per evitare le gare. Neanche il governo Renzi che aveva messo al centro della sua politica il superamento dei monopoli è riuscito nell’impresa di efficientare il settore delle autostrade e delle utilities.

Con il crescere della produttività delle società autostradali le tariffe andrebbero ridotte e non aumentate per favorire lo sviluppo. Se le vecchie concessionarie dormono sonni tranquilli grazie alla loro posizione monopolistica, è paradossale che ciò avvenga anche per le nuove Autostrade. Anch’esse infatti sono deresponsabilizzate da piani finanziari che prevedono aiuti di Stato e garanzie pubbliche che consentono di recuperare anche i mancati ricavi derivanti dagli aumenti tariffari (le tariffe sono doppie rispetto a quelle della media nazionale).

Aiuti di Stato, defiscalizzazioni e aumento della durata delle concessioni sono però nel mirino dell’Unione Europea. E’ il caso di Brebemi +7,88% dei pedaggi, di Teem + 1,90% e di Pedemontana +0,90% cioè di nuove autostrade completamente vuote ma talmente garantite che si possono permettere pesanti e ingiustificati aumenti che allontanano la già scarsa utenza.

Nel decreto di aumento dei pedaggi di fine anno il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ricordato che è stato previsto il “recupero di eventuali incrementi tariffari non riconosciuti negli anni precedenti”. In pratica entro metà anno saranno concessi nuovi aumenti. Il ministero delle Infrastrutture, infine, ha richiesto l’estensione per ulteriori 12 mesi dell’agevolazione tariffaria riservata ai pendolari che utilizzano l’autostrada giornalmente: il sistema è una foglia di fico che era servita per giustificare i pesanti aumenti di due anni fa riconoscendo risibili sconti ai pendolari titolari di Telepass che percorrono almeno sempre gli stessi tragitti almeno 20 volte al mese entro un raggio massimo di 50 km.

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