I registri dei tumori in Italia sono intrappolati in una palude burocratica. Tanto che oggi alcuni medici, per la troppa fatica nel compilarli, minacciano di chiuderli. Nati a partire dalla fine degli anni Ottanta, cresciuti all’ombra della legge statuale per oltre trent’anni, è solo nel 2012 con il decreto Crescita 2.0 (dl 179/2012 convertito con legge 221/2012) che viene istituita per la prima volta la rete nazionale dei registri tumori. Un progetto però che, a distanza di quattro anni, resta ancora lettera morta. Mancano infatti le norme attuative indispensabili per dare corpo a questi registri. Il problema più urgente riguarda la privacy. Non esiste al momento un regolamento nazionale sull’accesso ai dati sensibili dei pazienti ai fini dell’indagine. Gli epidemiologi incaricati di raccogliere le informazioni sanitarie dei malati di cancro si arrangiano alla bell’e meglio per aggirare l’ostacolo. E nella maggior parte dei casi – ogni volta che devono attingere ai flussi informativi extraregionali – sono costretti a violare il codice della privacy.
“Sembriamo dei carbonari – si sfoga Paolo Ricci, responsabile del registro di Mantova, terra di confine tra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto – Se un cittadino va a curarsi fuori regione, l’ospedale non può rilasciare i suoi dati sanitari in via ufficiale. È attraverso una rete sotterranea di scambi informali che riesco a ottenere tutto quello che mi serve per la ricerca. Mi riferisco a scheda di dimissione ospedaliera, cartella clinica, accertamenti diagnostici, consumo di farmaci e cause di morte. Chiamo il collega e devo sperare che per solidarietà mi passi tutti questi documenti. Non sempre va bene, per esempio dalle strutture dell’Emilia Romagna non mi danno niente. Alla fine recupero a malapena la metà dei dati dalle altre regioni. Devo fare il mio lavoro con le mani legate, impiego il doppio delle energie, è una disperazione, se le regole non cambiano al più presto saremo costretti a chiudere”.
Nessun divieto se l’altro ospedale si trova in Lombardia: “Ci sono dei decreti regionali che consentono il trattamento delle informazioni sanitarie, ma i mantovani che si fanno ricoverare a Bologna o Verona, piuttosto che a Milano, sono parecchi”. Un altro modo per bypassare il consenso informato da parte del paziente (una condizione evidentemente impossibile da soddisfare quando si tratta di fare inchieste su larga scala), ci confessano alcuni medici, è quello di sfruttare i documenti raccolti dalla magistratura in caso di indagini aperte sui siti inquinati. Oppure, nei territori dove la migrazione sanitaria è altissima, “l’unica maniera per portare avanti il registro è affidarsi alle carte che il paziente allega alla domanda per l’esenzione del ticket sanitario o per il certificato di invalidità – racconta Mario Fusco, responsabile del registro tumori di Napoli – Magari però fossero dati informatizzati: dobbiamo rovistare tra i faldoni negli scantinati. Di alcuni pazienti poi non riusciamo a recuperare i referti istologici, arriviamo a una copertura dell’87 per cento”. Col risultato che i calcoli finali non sono affidabili al cento per cento.
Da Crotone il dottor Carmine La Greca conferma che aggiornare il registro è un vero travaglio: “Lavoriamo sui fili della legalità per garantire la riservatezza dei pazienti. Ciò significa che ci assumiamo grandi responsabilità pur di non mollare”. E i tempi si allungano per forza di cose. I registri in media vengono aggiornati con un ritardo di quasi dieci anni. Giuseppina Candela, a capo dei registri di Trapani e Agrigento, oltre a scartabellare gli allegati alle richiesta di esenzione ticket e invalidità, quando un ospedale fuori o dentro la Sicilia vieta l’accesso ai dati, si affida alla buona volontà dei medici di famiglia. “Chiediamo loro di far firmare al paziente oncologico il consenso al trattamento dei suoi documenti, ma in questo modo recuperiamo solo il dieci per cento dei casi”. Si arriva perfino al paradosso nel paradosso. Come a Ferrara: “Ho difficoltà a ottenere le cartelle dei pazienti dello stesso ospedale in cui lavoro io – ammette Stefano Ferretti, direttore del registro di Ferrara e Bologna -. A Bologna per via della legge sulla privacy il registro tumori non è mai partito. Io quindi mi ritrovo con dei buchi, ci devono mettere nelle condizioni di operare”. Non va male ovunque, certo. A Milano, dove il problema della migrazione sanitaria è quasi inesistente, tutto funziona come deve funzionare. “In Lombardia possiamo accedere ai dati dei pazienti di tutti gli ospedali regionali allo scopo di ricerca scientifica e per monitorare l’aderenza ai percorsi diagnostici e terapeutici e capire quindi l’efficacia degli screening di prevenzione” spiega Antonio Russo del registro tumori dell’Ats della città metropolitana di Milano.
Negli uffici del Garante della privacy sono coscienti dell’annoso dramma dei registri. “L’Autorità il 23 luglio 2015 ha reso il proprio parere sullo schema di dpcm (decreto del presidente del Consiglio dei ministri) attuativo dell’articolo 12 del decreto-legge, quello che riguarda i registri dei tumori appunto – risponde Chiara Romano del dipartimento Libertà pubbliche e Sanità – In tale parere si sottolineava, tra l’altro, l’anomalia della procedura seguita nell’attuazione della disciplina legislativa, dal momento che il dpcm, per la cui adozione non è previsto un termine, veniva sottoposto alla consultazione del Garante, quando ancora non era stato redatto lo schema di regolamento che avrebbe dovuto individuare le garanzie per la protezione dei dati personali trattati nei registi, nonostante il termine per la sua adozione, fissato in 18 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 179/2012, fosse ampiamente scaduto”. Il decreto è già stato firmato dal ministro della Salute Lorenzin. Manca ancora la firma del primo ministro cui seguirà il controllo della Corte dei conti e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Intanto le regioni si danno da fare come possono. Veneto e Sardegna sono le prime ad aver adottato un regolamento (vagliato dal Garante) per poter lecitamente trattare dati anagrafici e sanitari, anche infra-regionali, delle persone affette da tumore e dei loro familiari. Mentre sono all’attenzione dell’Autorità gli schemi regolamentari di Lazio e Valle d’Aosta. Altre invece, conclude Romano, “hanno chiesto la collaborazione dell’Ufficio del Garante per la definizione di uno schema tipo comune che riprende in gran parte la bozza predisposta all’esito del tavolo interregionale nel 2012”. Un tavolo di lavoro – riaperto qualche mese fa – che era stato chiuso in vista della conversione in legge del dl 179. Oggi se un cittadino volesse sapere dove in Italia si muore di più per cancro non trova una risposta. E, come abbiamo dimostrato, non è una questione di negligenza o carenza di personale. La rete nazionale dei registri è ancora in alto mare: per adesso sono solo 44 quelli accreditati (con una copertura nazionale al 60 per cento), altri 15 invece sono già in attività ma aspettano la convalida dell’Airtum (l’associazione italiana registri tumori). Abbiamo chiesto all’associazione di elaborare una classifica delle regioni e delle città coperte da registro. Per adesso bisogna accontentarsi di queste tabelle.
GLI ULTIMI DATI DISPONIBILI
rete-nazionale-registro-tumori
legenda per le tabelle
Incidenza: misura la proporzione di nuovi casi di tumori
Prevalenza: misura la proporzione di individui di una popolazione che, in un dato momento, presentano la malattia
Tse: tasso standardizzato per età sulla popolazione europea
IC95%: intervallo di confidenza al 95%
Società
Rete nazionale dei registri tumori: tra mancanza di decreti attuativi e il nodo privacy, i motivi di un’incompiuta
Non esiste al momento un regolamento nazionale sull’accesso ai dati sensibili dei pazienti ai fini dell’indagine. Gli epidemiologi incaricati di raccogliere le informazioni sanitarie dei malati di cancro si arrangiano alla bell’e meglio per aggirare l’ostacolo. E nella maggior parte dei casi - ogni volta che devono attingere ai flussi informativi extraregionali - sono costretti a violare il codice della privacy. Da Nord a Sud, i racconti dei medici costretti a sotterfugi pur di mantenere in vita un progetto di fondamentale importanza
I registri dei tumori in Italia sono intrappolati in una palude burocratica. Tanto che oggi alcuni medici, per la troppa fatica nel compilarli, minacciano di chiuderli. Nati a partire dalla fine degli anni Ottanta, cresciuti all’ombra della legge statuale per oltre trent’anni, è solo nel 2012 con il decreto Crescita 2.0 (dl 179/2012 convertito con legge 221/2012) che viene istituita per la prima volta la rete nazionale dei registri tumori. Un progetto però che, a distanza di quattro anni, resta ancora lettera morta. Mancano infatti le norme attuative indispensabili per dare corpo a questi registri. Il problema più urgente riguarda la privacy. Non esiste al momento un regolamento nazionale sull’accesso ai dati sensibili dei pazienti ai fini dell’indagine. Gli epidemiologi incaricati di raccogliere le informazioni sanitarie dei malati di cancro si arrangiano alla bell’e meglio per aggirare l’ostacolo. E nella maggior parte dei casi – ogni volta che devono attingere ai flussi informativi extraregionali – sono costretti a violare il codice della privacy.
“Sembriamo dei carbonari – si sfoga Paolo Ricci, responsabile del registro di Mantova, terra di confine tra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto – Se un cittadino va a curarsi fuori regione, l’ospedale non può rilasciare i suoi dati sanitari in via ufficiale. È attraverso una rete sotterranea di scambi informali che riesco a ottenere tutto quello che mi serve per la ricerca. Mi riferisco a scheda di dimissione ospedaliera, cartella clinica, accertamenti diagnostici, consumo di farmaci e cause di morte. Chiamo il collega e devo sperare che per solidarietà mi passi tutti questi documenti. Non sempre va bene, per esempio dalle strutture dell’Emilia Romagna non mi danno niente. Alla fine recupero a malapena la metà dei dati dalle altre regioni. Devo fare il mio lavoro con le mani legate, impiego il doppio delle energie, è una disperazione, se le regole non cambiano al più presto saremo costretti a chiudere”.
Nessun divieto se l’altro ospedale si trova in Lombardia: “Ci sono dei decreti regionali che consentono il trattamento delle informazioni sanitarie, ma i mantovani che si fanno ricoverare a Bologna o Verona, piuttosto che a Milano, sono parecchi”. Un altro modo per bypassare il consenso informato da parte del paziente (una condizione evidentemente impossibile da soddisfare quando si tratta di fare inchieste su larga scala), ci confessano alcuni medici, è quello di sfruttare i documenti raccolti dalla magistratura in caso di indagini aperte sui siti inquinati. Oppure, nei territori dove la migrazione sanitaria è altissima, “l’unica maniera per portare avanti il registro è affidarsi alle carte che il paziente allega alla domanda per l’esenzione del ticket sanitario o per il certificato di invalidità – racconta Mario Fusco, responsabile del registro tumori di Napoli – Magari però fossero dati informatizzati: dobbiamo rovistare tra i faldoni negli scantinati. Di alcuni pazienti poi non riusciamo a recuperare i referti istologici, arriviamo a una copertura dell’87 per cento”. Col risultato che i calcoli finali non sono affidabili al cento per cento.
Da Crotone il dottor Carmine La Greca conferma che aggiornare il registro è un vero travaglio: “Lavoriamo sui fili della legalità per garantire la riservatezza dei pazienti. Ciò significa che ci assumiamo grandi responsabilità pur di non mollare”. E i tempi si allungano per forza di cose. I registri in media vengono aggiornati con un ritardo di quasi dieci anni. Giuseppina Candela, a capo dei registri di Trapani e Agrigento, oltre a scartabellare gli allegati alle richiesta di esenzione ticket e invalidità, quando un ospedale fuori o dentro la Sicilia vieta l’accesso ai dati, si affida alla buona volontà dei medici di famiglia. “Chiediamo loro di far firmare al paziente oncologico il consenso al trattamento dei suoi documenti, ma in questo modo recuperiamo solo il dieci per cento dei casi”. Si arriva perfino al paradosso nel paradosso. Come a Ferrara: “Ho difficoltà a ottenere le cartelle dei pazienti dello stesso ospedale in cui lavoro io – ammette Stefano Ferretti, direttore del registro di Ferrara e Bologna -. A Bologna per via della legge sulla privacy il registro tumori non è mai partito. Io quindi mi ritrovo con dei buchi, ci devono mettere nelle condizioni di operare”. Non va male ovunque, certo. A Milano, dove il problema della migrazione sanitaria è quasi inesistente, tutto funziona come deve funzionare. “In Lombardia possiamo accedere ai dati dei pazienti di tutti gli ospedali regionali allo scopo di ricerca scientifica e per monitorare l’aderenza ai percorsi diagnostici e terapeutici e capire quindi l’efficacia degli screening di prevenzione” spiega Antonio Russo del registro tumori dell’Ats della città metropolitana di Milano.
Negli uffici del Garante della privacy sono coscienti dell’annoso dramma dei registri. “L’Autorità il 23 luglio 2015 ha reso il proprio parere sullo schema di dpcm (decreto del presidente del Consiglio dei ministri) attuativo dell’articolo 12 del decreto-legge, quello che riguarda i registri dei tumori appunto – risponde Chiara Romano del dipartimento Libertà pubbliche e Sanità – In tale parere si sottolineava, tra l’altro, l’anomalia della procedura seguita nell’attuazione della disciplina legislativa, dal momento che il dpcm, per la cui adozione non è previsto un termine, veniva sottoposto alla consultazione del Garante, quando ancora non era stato redatto lo schema di regolamento che avrebbe dovuto individuare le garanzie per la protezione dei dati personali trattati nei registi, nonostante il termine per la sua adozione, fissato in 18 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 179/2012, fosse ampiamente scaduto”. Il decreto è già stato firmato dal ministro della Salute Lorenzin. Manca ancora la firma del primo ministro cui seguirà il controllo della Corte dei conti e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Intanto le regioni si danno da fare come possono. Veneto e Sardegna sono le prime ad aver adottato un regolamento (vagliato dal Garante) per poter lecitamente trattare dati anagrafici e sanitari, anche infra-regionali, delle persone affette da tumore e dei loro familiari. Mentre sono all’attenzione dell’Autorità gli schemi regolamentari di Lazio e Valle d’Aosta. Altre invece, conclude Romano, “hanno chiesto la collaborazione dell’Ufficio del Garante per la definizione di uno schema tipo comune che riprende in gran parte la bozza predisposta all’esito del tavolo interregionale nel 2012”. Un tavolo di lavoro – riaperto qualche mese fa – che era stato chiuso in vista della conversione in legge del dl 179. Oggi se un cittadino volesse sapere dove in Italia si muore di più per cancro non trova una risposta. E, come abbiamo dimostrato, non è una questione di negligenza o carenza di personale. La rete nazionale dei registri è ancora in alto mare: per adesso sono solo 44 quelli accreditati (con una copertura nazionale al 60 per cento), altri 15 invece sono già in attività ma aspettano la convalida dell’Airtum (l’associazione italiana registri tumori). Abbiamo chiesto all’associazione di elaborare una classifica delle regioni e delle città coperte da registro. Per adesso bisogna accontentarsi di queste tabelle.
GLI ULTIMI DATI DISPONIBILI
rete-nazionale-registro-tumori
legenda per le tabelle
Incidenza: misura la proporzione di nuovi casi di tumori
Prevalenza: misura la proporzione di individui di una popolazione che, in un dato momento, presentano la malattia
Tse: tasso standardizzato per età sulla popolazione europea
IC95%: intervallo di confidenza al 95%
IL DISOBBEDIENTE
di Andrea Franzoso 12€ AcquistaArticolo Precedente
Cari sconosciuti, il mio amico non è eccentrico. Siete voi a essere concentrici
Articolo Successivo
Istanbul, Brasile e guerre: il 2017 è già tragedia
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
L’Ucraina dice sì a un cessate il fuoco di 30 giorni e negoziati immediati. Usa: “Revocato lo stop agli aiuti”. Trump: “Sentirò Putin e inviterò di nuovo Zelensky”
Zonaeuro
Von der Leyen al Parlamento Ue: “Spendere per difenderci”. L’incrocio con Conte che le dice: “Saremo più forti di te” | La protesta M5s
Diritti
Intellettuali pro guerra, Galimberti contro la pace “che intorpidisce”. Scurati invoca “spiriti combattivi”
Milano, 11 mar. (Adnkronos) - Spike Lee e Adriano Celentano si incontrano a Milano e subito l’ambiente cinematografico, quello televisivo e quello musicale entrano in fibrillazione partorendo mille ipotesi. Per incontrare il regista Usa, Celentano - a quanto apprende l’Adnkronos - ha lasciato la villa di Galbiate e la cosa, sempre più rara, non è passata inosservata. E infatti il motivo era validissimo visto che ad aspettarlo nel capoluogo lombardo c’era il regista newyorkese cult. Riserbo al momento su cosa i due si siano detti e cosa stiano tramando. Forse c’entra il nuovo film del regista americano ‘Highest 2 Lowest’, in uscita in primavera e dato in arrivo al festival di Cannes? Magari la colonna sonora? Si tratta di un thriller poliziesco che è il remake in lingua inglese del film di Akira Kurosawa del 1963 ‘High and Low’. Protagonista è Denzel Washington, alla sua quinta collaborazione con Spike Lee.
Roma, 11 mar. (Adnkronos Salute) - È stato presentato oggi, nel corso di un incontro alla Sala Stampa della Camera dei Deputati, su iniziativa dell’onorevole Simona Loizzo, capogruppo Commissione Affari sociali della Camera, il Manifesto per l’Umanizzazione delle cure in oncologia. Realizzato da Merck, azienda leader in ambito scientifico e tecnologico, in collaborazione con le associazioni di pazienti Ailar, Walce e Palinuro e con i clinici di riferimento in ambito oncologico, il documento è stato siglato da tutti i partecipanti, che hanno sottoscritto l’impegno a promuovere azioni concrete per riportare la persona al centro dell’iter di cura e affrontare lo stigma associato alla malattia. Nonostante i continui progressi della ricerca - si legge in una nota - il cancro continua a colpire milioni di persone, che vedono le proprie vite stravolte dalla patologia e da percorsi terapeutici tanto necessari quanto faticosi dal punto di vista fisico ed emotivo. Ogni anno, in tutto il mondo, vengono effettuate oltre 20 milioni di diagnosi di cancro e le proiezioni prevedono, al 2050, un aumento del 77% dei nuovi casi rispetto al 2022.
Tra le azioni, proposte del Manifesto, per condividere nuovi approcci a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie, spicca quella di introdurre percorsi psico-oncologici strutturati e personalizzabili, in continuità con quanto suggerito dal Piano europeo di lotta contro il cancro e dal Piano oncologico nazionale 2023-2027. L’iniziativa prevede di aumentare gli interventi psico-sociali nei reparti di oncologia, al fine di gestire meglio l’impatto emotivo della patologia, che spesso porta i pazienti a sviluppare ansia e depressione, con conseguenze sfavorevoli sulla prognosi complessiva.
"L'umanizzazione delle cure in oncologia è un obiettivo fondamentale per garantire ai pazienti una qualità della vita che vada oltre la semplice cura fisica. L’obiettivo - afferma l’onorevole Loizzo - è quello di inserire all’interno dei percorsi di cura gli stessi pazienti con un ruolo da protagonisti. Non è un caso che abbiamo presentato un emendamento che punta a coinvolgere le associazioni di pazienti nei processi decisionali relativi alle cure, affinché le loro esperienze possano contribuire a un approccio che risponda sempre più ai bisogni ancora insoddisfatti di chi è affetto da queste patologie. Non possiamo infatti dimenticare l'impatto psicologico devastante che una malattia oncologica può avere sulla persona, ed è per questo che è urgente inserire la figura del psico-oncologo nel sistema sanitario, come già proposto dalla nostra legge".
Come ricordato durante l’incontro, per realizzare pienamente l’obiettivo di umanizzazione dei percorsi terapeutici è necessario un rinnovato impegno collettivo a favore della prevenzione, della diagnosi precoce, della presa in carico tempestiva e di un’assistenza olistica. Un simile impegno non può concretizzarsi senza la piena adesione di tutti gli attori, pubblici e privati, del sistema salute.
"Grazie ai notevoli progressi compiuti dalla ricerca, nel giro di pochi anni i pazienti oncologici hanno visto moltiplicarsi le opportunità di guarigione – afferma Ramon Palou de Comasema, presidente e amministratore delegato Healthcare di Merck Italia - Nel portare avanti l’impegno a rispondere ai bisogni ancora insoddisfatti, non va trascurata l’importanza di tutelare il benessere complessivo del paziente, come parte integrante del percorso terapeutico. Il Manifesto per l’Umanizzazione delle cure in oncologia parte proprio da questo presupposto e mira a mettere a punto azioni specifiche e concrete, attuate grazie alla collaborazione di tutti noi firmatari. È un grande impegno - conclude - ed è solo l’inizio di un percorso che vede nel benessere del paziente l’unico, fondamentale obiettivo".
Verona, 11 mar. (Adnkronos) - "Per il primo anno saremo presenti a Monaco di Baviera, alla Fiera Transport Logistics, insieme a Friuli ed Emilia Romagna. Sarà importante portare l’esperienza e quello che stiamo facendo nelle nostre regioni. In Veneto stiamo diventando un laboratorio e uno studio di nuove tecnologie applicate alla mobilità. A Monaco presenteremo tutti i nostri progetti". Così Elisa De Berti, vicepresidente della Regione Veneto e assessore alle infrastrutture, durante l’evento di lancio della partecipazione congiunta di tutti i nodi logistici regionali – sotto la regia della Regione del Veneto – alla prossima fiera Transport Logistics di Monaco.
È stata anche l’occasione per fare il punto sul protocollo logistica nord-est che ha l'obiettivo di migliorare il traffico di merci e persone, anche in vista delle Olimpiadi 2026, implementando e migliorando i collegamenti e la logistica, strumenti fondamentali quali volano dello sviluppo.
“Il protocollo logistica nord-est ha obiettivi molto ambiziosi - prosegue De Berti - mettere attorno a un tavolo a parlare di logistica, infrastrutture e trasporti regioni come Veneto, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e le province autonome di Trento e Bolzano. Il primo anno è servito per raccogliere tutte le informazioni e definire lo stato di fatto, ora la presidenza del tavolo è passata al Friuli e si inizierà ad entrare nel merito ragionando sulla pianificazione e fabbisogni della logistica del nord-est. La logistica fattura a livello nazionale più di 100 miliardi di euro, 15 solo nel Triveneto. Un settore davvero importante che può fare la differenza. Il fatturato è importante e incide molto sull’economia di questo territorio”
Verona, 11 mag. (Adnkronos) - "Infrastrutture Venete ha siglato il protocollo logistica nord-est, insieme alle altre due società regionali, l'anno scorso, e gli interporti avevano già sottoscritto il protocollo nel 2022. Siamo entrati come soggetti in grado di garantire l'accessibilità dei nodi di trasporto, che sono appunto rappresentati dagli interporti. Infrastrutture Venete sta operando affinché l'accessibilità attraverso le proprie infrastrutture sia assolutamente garantita e pronta ad accogliere la domanda di mobilità idroviaria". Sono le parole di Alessandra Grosso, direttore generale di Infrastrutture Venete, all’evento di presentazione “La Logistica Veneta al Transport Logistics di Monaco” tenutosi nella prima giornata di LetExpo, la fiera promossa da Alis, in collaborazione con Veronafiere, ormai vero e proprio punto di riferimento nazionale per il settore della logistica e del trasporto sostenibile.
Infrastrutture Venete presenterà domani a LetExpo 2025 “il proprio sistema di automazione delle conche, un'infrastruttura necessaria per la navigazione: attraverso un sistema di progettazione informatica e sistema IoT siamo infatti in grado di movimentare le conche da remoto - spiega Grosso - Parleremo poi anche del processo attraverso il quale, con una piattaforma, riusciamo a governare e monitorare i trasporti lungo le idrovie di nostra competenza. Siamo riferimento delle altre Regioni del sistema idroviario Padano-Veneto nonché poi riferimento di Uni per intercettare e trasferire i dati al Ministero”.
Milano, 11 mar. (Adnkronos) - Spike Lee e Adriano Celentano si incontrano a Milano e subito l’ambiente cinematografico, quello televisivo e quello musicale entrano in fibrillazione partorendo mille ipotesi. Per incontrare il regista Usa, Celentano - a quanto apprende l’Adnkronos - ha lasciato la villa di Galbiate e la cosa, sempre più rara, non è passata inosservata. E infatti il motivo era validissimo visto che ad aspettarlo nel capoluogo lombardo c’era il regista newyorkese cult. Riserbo al momento su cosa i due si siano detti e cosa stiano tramando. Forse c’entra il nuovo film del regista americano ‘Highest 2 Lowest’, in uscita in primavera e dato in arrivo al festival di Cannes? Magari la colonna sonora? Si tratta di un thriller poliziesco che è il remake in lingua inglese del film di Akira Kurosawa del 1963 ‘High and Low’. Protagonista è Denzel Washington, alla sua quinta collaborazione con Spike Lee.
Milano, 11 mar. (Adnkronos) - Spike Lee e Adriano Celentano si incontrano a Milano e subito l’ambiente cinematografico, quello televisivo e quello musicale entrano in fibrillazione partorendo mille ipotesi. Per incontrare il regista Usa, Celentano - a quanto apprende l’Adnkronos - ha lasciato la villa di Galbiate e la cosa, sempre più rara, non è passata inosservata. E infatti il motivo era validissimo visto che ad aspettarlo nel capoluogo lombardo c’era il regista newyorkese cult. Riserbo al momento su cosa i due si siano detti e cosa stiano tramando. Forse c’entra il nuovo film del regista americano ‘Highest 2 Lowest’, in uscita in primavera e dato in arrivo al festival di Cannes? Magari la colonna sonora? Si tratta di un thriller poliziesco che è il remake in lingua inglese del film di Akira Kurosawa del 1963 ‘High and Low’. Protagonista è Denzel Washington, alla sua quinta collaborazione con Spike Lee.
Roma, 11 mar. (Adnkronos) - Sport e Salute e la Fitp hanno presentato oggi al Foro Italico le novità per il site degli Internazionali Bnl d’Italia 2025 che tutti gli appassionati, dal 29 aprile al 18 maggio, si troveranno ad apprezzare per l’82esima edizione, una ‘nuova epoca’ del torneo capitolino, in un’atmosfera unica, all’interno di un site più grande, più bello, più funzionale e ricco di fascino. Quest’anno, infatti, il tennis per la prima volta entrerà nello Stadio dei Marmi. Il suggestivo impianto, intitolato alla leggenda Pietro Mennea, conterà tre campi, due da circa 800 spettatori ed uno da oltre 3000 posti la 'Supertennis Arena', che potrebbe avere la suggestione di abbracciare un’altra leggenda dello sport italiano, Jannik Sinner, il primo azzurro della storia a raggiungere il primo posto del ranking Atp e che proprio a Roma farà il suo ritorno alle competizioni, dopo la squalifica di tre mesi.
Per presentare il nuovo progetto con tutte le grandi novità che renderanno ancor più iconico il colpo d’occhio dello splendido parco del Foro Italico, si è tenuta la conferenza stampa alla presenza di Angelo Binaghi (Presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel), Marco Mezzaroma (Presidente di Sport e Salute), Andrea Abodi (Ministro per lo Sport e i Giovani), Francesco Rocca (Presidente della Regione Lazio) e Alessandro Onorato (Assessore al Turismo, Grandi Eventi, Sport e Moda del Comune di Roma).
“Quello del Foro Italico era come se fosse un foglio bianco, e un team straordinario con l’ad Diego Nepi, alla guida, ha ridisegnato il Foro Italico del presente e del futuro. Da 10 ettari abbiamo portato il site a 20 ettari. Fino ad oggi poteva contenere circa 33 mila persone, mentre da quest'anno saranno 55 mila. Avremo 34.500 posti a sedere, ben 7500 in più del 2024. Inoltre nel 2025 avremo 21 campi (9 campi da gioco e 12 da allenamento) con 4 campi in più rispetto allo scorso anno", ha sottolineato Mezzaroma.
“Quest’anno puntiamo ad arrivare alle 400mila presenze pagarti e vorremmo superare la soglia di un miliardo di euro di impatto economico sul territorio, nel giro di due o tre anni”, ha aggiunto Binaghi che ha parlato anche di futuro, "Quinto Slam a Roma? La nostra sfida è crescere, abbiate pazienza. Noi secondi dietro il calcio e dietro i grandi Slam non ci vogliamo rimanere a vita. Come Sinner, vogliamo provare ad arrivare in vetta, questo è l'obiettivo. Siamo campioni del mondo nel tennis a squadre, abbiamo il numero uno e dobbiamo essere curiosi e legittimamente ambiziosi, accompagnati per mano dal Governo", ha proseguito il numero uno della Fitp che su Sinner ha poi detto "tre mesi sono il giusto vantaggio che un grande campione come lui doveva dare al resto del mondo. Io non lo disturbo e le uniche volte che Sinner mi chiama sta per succedere un disastro mondiale. Lui aiuta moltissimo il tennis italiano nel processo di crescita e noi lo aiutiamo a essere il campione di uno sport sano, pulito e vincente. La nostra sfida è crescere".
Mentre il ministro Abodi ha sottolineato come "il Foro Italico, è un'eredità del '900, ma da sempre è stato un luogo generoso e se prima era intermittente, oggi offre un palinsesto quotidiano. Qui si celebra lo sport in tutte le sue dimensioni. E' un luogo dell'intrattenimento in senso generale, un luogo di socialità, che diventerà molto facilmente un luogo di destinazione. E c'è ancora margine di miglioramento e non è una logica di gigantismo, ma di opportunità". Poi il ministro per lo sport ha poi concluso: "Invito tutte le altre realtà sportive a prendere la Federtennis come esempio. Non bisogna mai sovrastare o subire gli altri, ci deve essere un miglioramento che sia sistematico".
Tornando sul nuovo site, insieme al Campo Centrale, alla Grand Stand Arena e al ‘Pietrangeli’, la SuperTennis Arena rappresenterà, dunque, uno dei quattro show court del torneo. In totale ci saranno 9 campi da gioco e 12 campi per gli allenamenti dei campioni e delle campionesse attesi al via; menzione speciale, tra quelli riservati alla preparazione, per i due allestiti lungo il Tevere, all’ombra del Ponte della Musica. Il pubblico, che per la prima volta potrà accedere all’impianto direttamente dal suggestivo Viale dell’Impero, che unisce l’Obelisco alla Fontana della Sfera, beneficerà anche di un Fan Village totalmente rinnovato, con spazi e facilities che contribuiranno a rendere indimenticabile l’experience-IBI in questo 2025. La zona delle piscine, riservata anche quest’anno ai giocatori e alle loro squadre, sarà nuovamente collegata al Centrale attraverso quella suggestiva passerella rappresentata dal ponte sospeso. Il progetto e le ‘rivoluzionarie’ novità del site -che passa così da 12 a 20 ettari per soddisfare la sempre più crescente voglia di tennis - rappresentano un doveroso omaggio della città e degli organizzatori per gli storici risultati che i campioni azzurri hanno raccolto nelle ultime stagioni.