“Accoglienza diffusa” e “espulsioni degli irregolari”. Sono le due parole d’ordine richiamate dal neo ministro dell’Interno Marco Minniti in una conferenza stampa del 5 gennaio. Parole chiave a cui hanno fatto seguito ricette propinate da anni e che ad oggi non aiutano a governare l’immigrazione. E sul cui esito c’è poco da scommettere.
La storia dell’accoglienza diffusa, ovvero la distribuzione i migranti che sbarcano sulle nostre coste nel maggior numero possibile di Comuni, comincia nel 2014 quando Viminale e Anci raggiunsero un’intesa sul potenziamento della rete Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, il nome di battesimo dell’oscura “accoglienza diffusa”. A oggi però i risultati sono scarsi: su 8mila Comuni solo 2.700 accolgono migranti. Ora Minniti dice di volerci puntare: “Lavoriamo a un’accoglienza diffusa, perché le grandi aggregazioni sono una cosa da evitare”, scandiva il ministro il 5 gennaio. Eppure è stato lo stesso neo-ministro a firmare il 14 dicembre con gli stessi Comuni un accordo che prevede che l’accoglienza avvenga “su base volontaria“. Con il rischio che, come già dimostrato dal passato recente, i risultati siano scarsi:su 177 mila migranti accolti, 151 mila si trovano in strutture emergenziali sovraffollate e malgestite come quella di Cona, teatro la scorsa settimana di una rivolta scatenata dalla morte di una giovane ivoriana.
“Non sarebbe stata politica firmare un accordo obbligatorio”, ribatte il responsabile immigrazione per Anci, il sindaco di Prato Matteo Biffoni, che sul suo Comune ospita sia un progetto Sprar che un centro di accoglienza straordinaria. “L’Anci non può obbligare un sindaco ad usare uno strumento. Può solo offrirlo. Chi non lo farà, risponderà ai suoi cittadini”, aggiunge. Per Biffoni i vantaggi che offre l’accordo di Anci sono “numeri certi” e un “contributo economico”. Le stesse promesse che fino ad oggi hanno portato a magri risultati.
“Ora però ci sono i fatti – replica il presidente di Anci Toscana Biffoni – c’è la circolare firmata dal prefetto Mario Morcone che prevede la salvaguardia dei Comuni che sono nello Sprar e ci sono 500 euro per ogni migrante (100 milioni in tutto, ndr) in legge di Stabilità che arriveranno le prossime settimane nelle casse dei Comuni”. Lo Sprar, intanto, proprio il 21 dicembre ha ricevuto una proroga per il prossimo triennio (2017-2019), attraverso un finanziamento erogato dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa). A conferma che i controlli esistono, tre progetti non sono stati rinnovati. “Abbiamo percezione che la sensibilità stia cambiando e che le adesioni ora saranno di più”, conclude Biffoni. Il tempo dirà se avrà ragione.
L’altra consumata parola chiave della politica migratoria targata Minniti sottintende concetti storicamente cari al centrodestra. Si tratta delle “espulsioni certe”. Per raggiungere lo scopo Minniti pensa di velocizzare le procedure – eliminando la possibilità di appello nei casi in cui le commissioni territoriali rifiutano la richiesta di asilo – e di riaprire i 15 vecchi Centri di identificazione ed espulsione, chiusi perché ritenuti costosi, inutili e inumani, cambiare loro nome e aggiungerne cinque nuovi. Ma, spiega il ministro, saranno strutture da 80-100 posti al massimo che “non avranno niente a che fare con quelli del passato. Non c’entrano con l’accoglienza ma solo con chi è arrivato alla fine di un percorso”. Alla fine del quale, in Italia, “ci sono già circa 435mila persone – stima Giancarlo Blangiardo, demografo dell’Istituto per lo Studio della Multietnicità – a cui nel 2016 si aggiungeranno altri 25mila richiedenti asilo che hanno ricevuto una risposta negativa alla loro domanda, più altri 20mila che hanno cercato, invano di varcare la frontiera dall’Italia ad altri Paesi europei ma sono stati respinti”. Sono i nuovi irregolari, per la stragrande maggioranza persone solo alla ricerca di un lavoro e, in minima parte, criminali. “Pensare che si possano espellere tutte fa ridere, non ci crede nessuno”, spiega Blangiardo. Anche perché c’è una parte dell’economia italiana, dalle badanti fino ai raccoglitori di pomodori, che si basa sul loro sfruttamento.
Ma il demografo riconosce un fatto: “È necessario dare un segnale, far capire che così la situazione non può durare”. Altrimenti il tasso di irregolarità continuerà a crescere. Fino a prima del settembre 2015, l’Italia, spiega Blangiardo, aveva trovato la soluzione “all’italiana” di non prendere le impronte digitali e lasciare che la maggior parte delle persone sbarcate lasciassero l’Italia. “Ora però siamo tenuti d’occhio e non si può più fare – prosegue – quindi va trovato un accordo con l’Europa per fare in modo che ogni Paese contribuisca”.
Questo il ministro Minniti non lo ha detto, perché la formula è meno efficace della parola “espulsioni”. Di nuovo i dati smentiscono però l’efficacia della vecchia ricetta: dal 2014 ne abbiamo fatte 15mila, con un costo medio – stima il collettivo di giornalisti che ha curato l’inchiesta The migrant files – di almeno 4mila euro ciascuna. L’Europa che bacchetta l’Italia perché non rispedisce indietro abbastanza irregolari (l’ultimo richiamo nel febbraio del 2016) è la stessa che finora ha tenuto al palo la politica di ridistribuzione dei migranti tra i diversi Paesi europei. Una questione che va oltre le parole d’ordine di Minniti.
Politica
Migranti, governo: ‘Cie e rimpatri veloci’. Ma non affronta il problema accoglienza
Minniti: "Un centro da 100 posti in ogni Regione". Ma gli irregolari sono 485mila: “Pensare che si possano espellere tutti fa ridere, non ci crede nessuno - spiega il demografo dell'Ismu Giancarlo Blangiardo - anche se un segnale in questo senso va dato". Gli altri? Solo 2.600 Comuni su 8mila li accolgono. Ora il ministro dell'Interno chiede che l'accoglienza sia "diffusa" su tutto il territorio. Ma non affronta la questione dei centri sovraffollati e malgestiti come quello di Cona
“Accoglienza diffusa” e “espulsioni degli irregolari”. Sono le due parole d’ordine richiamate dal neo ministro dell’Interno Marco Minniti in una conferenza stampa del 5 gennaio. Parole chiave a cui hanno fatto seguito ricette propinate da anni e che ad oggi non aiutano a governare l’immigrazione. E sul cui esito c’è poco da scommettere.
La storia dell’accoglienza diffusa, ovvero la distribuzione i migranti che sbarcano sulle nostre coste nel maggior numero possibile di Comuni, comincia nel 2014 quando Viminale e Anci raggiunsero un’intesa sul potenziamento della rete Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, il nome di battesimo dell’oscura “accoglienza diffusa”. A oggi però i risultati sono scarsi: su 8mila Comuni solo 2.700 accolgono migranti. Ora Minniti dice di volerci puntare: “Lavoriamo a un’accoglienza diffusa, perché le grandi aggregazioni sono una cosa da evitare”, scandiva il ministro il 5 gennaio. Eppure è stato lo stesso neo-ministro a firmare il 14 dicembre con gli stessi Comuni un accordo che prevede che l’accoglienza avvenga “su base volontaria“. Con il rischio che, come già dimostrato dal passato recente, i risultati siano scarsi:su 177 mila migranti accolti, 151 mila si trovano in strutture emergenziali sovraffollate e malgestite come quella di Cona, teatro la scorsa settimana di una rivolta scatenata dalla morte di una giovane ivoriana.
“Non sarebbe stata politica firmare un accordo obbligatorio”, ribatte il responsabile immigrazione per Anci, il sindaco di Prato Matteo Biffoni, che sul suo Comune ospita sia un progetto Sprar che un centro di accoglienza straordinaria. “L’Anci non può obbligare un sindaco ad usare uno strumento. Può solo offrirlo. Chi non lo farà, risponderà ai suoi cittadini”, aggiunge. Per Biffoni i vantaggi che offre l’accordo di Anci sono “numeri certi” e un “contributo economico”. Le stesse promesse che fino ad oggi hanno portato a magri risultati.
“Ora però ci sono i fatti – replica il presidente di Anci Toscana Biffoni – c’è la circolare firmata dal prefetto Mario Morcone che prevede la salvaguardia dei Comuni che sono nello Sprar e ci sono 500 euro per ogni migrante (100 milioni in tutto, ndr) in legge di Stabilità che arriveranno le prossime settimane nelle casse dei Comuni”. Lo Sprar, intanto, proprio il 21 dicembre ha ricevuto una proroga per il prossimo triennio (2017-2019), attraverso un finanziamento erogato dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa). A conferma che i controlli esistono, tre progetti non sono stati rinnovati. “Abbiamo percezione che la sensibilità stia cambiando e che le adesioni ora saranno di più”, conclude Biffoni. Il tempo dirà se avrà ragione.
L’altra consumata parola chiave della politica migratoria targata Minniti sottintende concetti storicamente cari al centrodestra. Si tratta delle “espulsioni certe”. Per raggiungere lo scopo Minniti pensa di velocizzare le procedure – eliminando la possibilità di appello nei casi in cui le commissioni territoriali rifiutano la richiesta di asilo – e di riaprire i 15 vecchi Centri di identificazione ed espulsione, chiusi perché ritenuti costosi, inutili e inumani, cambiare loro nome e aggiungerne cinque nuovi. Ma, spiega il ministro, saranno strutture da 80-100 posti al massimo che “non avranno niente a che fare con quelli del passato. Non c’entrano con l’accoglienza ma solo con chi è arrivato alla fine di un percorso”. Alla fine del quale, in Italia, “ci sono già circa 435mila persone – stima Giancarlo Blangiardo, demografo dell’Istituto per lo Studio della Multietnicità – a cui nel 2016 si aggiungeranno altri 25mila richiedenti asilo che hanno ricevuto una risposta negativa alla loro domanda, più altri 20mila che hanno cercato, invano di varcare la frontiera dall’Italia ad altri Paesi europei ma sono stati respinti”. Sono i nuovi irregolari, per la stragrande maggioranza persone solo alla ricerca di un lavoro e, in minima parte, criminali. “Pensare che si possano espellere tutte fa ridere, non ci crede nessuno”, spiega Blangiardo. Anche perché c’è una parte dell’economia italiana, dalle badanti fino ai raccoglitori di pomodori, che si basa sul loro sfruttamento.
Ma il demografo riconosce un fatto: “È necessario dare un segnale, far capire che così la situazione non può durare”. Altrimenti il tasso di irregolarità continuerà a crescere. Fino a prima del settembre 2015, l’Italia, spiega Blangiardo, aveva trovato la soluzione “all’italiana” di non prendere le impronte digitali e lasciare che la maggior parte delle persone sbarcate lasciassero l’Italia. “Ora però siamo tenuti d’occhio e non si può più fare – prosegue – quindi va trovato un accordo con l’Europa per fare in modo che ogni Paese contribuisca”.
Questo il ministro Minniti non lo ha detto, perché la formula è meno efficace della parola “espulsioni”. Di nuovo i dati smentiscono però l’efficacia della vecchia ricetta: dal 2014 ne abbiamo fatte 15mila, con un costo medio – stima il collettivo di giornalisti che ha curato l’inchiesta The migrant files – di almeno 4mila euro ciascuna. L’Europa che bacchetta l’Italia perché non rispedisce indietro abbastanza irregolari (l’ultimo richiamo nel febbraio del 2016) è la stessa che finora ha tenuto al palo la politica di ridistribuzione dei migranti tra i diversi Paesi europei. Una questione che va oltre le parole d’ordine di Minniti.
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Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - La Russia ha lanciato 267 droni contro l’Ucraina nella notte tra sabato e domenica, “un record” dall’invasione russa del 24 febbraio 2022, ha dichiarato l’aeronautica ucraina, alla vigilia del terzo anniversario dell’attacco russo su larga scala. "Sono stati avvistati nel cielo ucraino 267 droni nemici, il record per un singolo attacco" dall'inizio dell'invasione, ha scritto su Facebook il portavoce dell'aeronautica ucraina Yuri Ignat, secondo cui 138 sono stati intercettati dalla difesa aerea e altri 119 sono stati "persi" senza causare danni.
In un comunicato separato pubblicato su Telegram, l'esercito ha riferito che diverse regioni, tra cui Kiev, sono state "colpite", senza fornire ulteriori dettagli. Un attacco missilistico russo ha ucciso un uomo e ne ha feriti cinque a Kryvyi Rig, città natale del presidente ucraino Volodynyr Zelensky nell'Ucraina centrale, hanno reso noto le autorità regionali.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - I media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in Libano, a circa 10 chilometri dal confine meridionale, mentre i fedeli si riunivano a Beirut per il grande funerale del leader di Hezbollah assassinato, Hassan Nasrallah. "Aerei nemici hanno lanciato due raid contro la zona tra Qleileh e Sammaaiyah, nel distretto di Tiro", ha affermato l'agenzia di stampa nazionale ufficiale.
Tel Aviv, 23 feb. (Adnkronos) - Le Idf confermano di aver effettuato attacchi aerei nel Libano meridionale. Uno degli obiettivi era un sito militare di Hezbollah contenente lanciarazzi e altre armi, dove l'esercito afferma di aver individuato attività da parte del gruppo terroristico.
Secondo l'esercito, l'attività di Hezbollah nel sito costituisce una "violazione degli accordi tra Israele e Libano". Inoltre, le Idf affermano di aver colpito diversi altri lanciarazzi di Hezbollah nel Libano meridionale, "che rappresentavano una minaccia per i civili israeliani".
Berlino, 23 feb. (Adnkronos) - Urne aperte in tutte la Germania per le politiche. Quasi 60 milioni di persone voteranno oggi fino alle 18 per scegliere un governo che dovrà fare i conti con il crollo dell'alleanza transatlantica sotto Donald Trump e con le nuove minacce alla sicurezza europea, proprio mentre il modello economico del Paese sta entrando in crisi. Secondo gli ultimi sondaggi, sarà il capo dell'opposizione conservatrice (Cdu/Csu) Friedrich Merz il nuovo cancelliere: dovrebbe vincere con il 29,5% di voti favorevoli. "Le grandi aspettative rispecchiano le grandi sfide che dovrà affrontare fin dal primo giorno del suo probabile mandato di cancelliere", ha affermato il settimanale tedesco Der Spiegel. "Una Russia aggressiva, un'America ostile e un'Europa che si sta allontanando: Merz potrebbe essere messo alla prova più duramente di qualsiasi cancelliere della repubblica del dopoguerra".
Merz ha recentemente ammesso che l'effettivo abbandono da parte di Trump delle promesse di difesa europee e l'aggressivo sostegno del suo vicepresidente JD Vance all'estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) annunciavano "cambiamenti tettonici nei centri di potere politico ed economico del mondo". La Germania, ha detto, non ne sarebbe uscita indenne. L'indebolimento della Nato da parte di Trump e il tradimento dell'Ucraina sono "un pugno straziante allo stomaco", ha affermato Ursula Münch, direttrice del think tank dell'Accademia per l'educazione politica in Baviera, in particolare per l'Unione cristiano-democratica (Cdu) di Merz, che ha "solidarietà e amicizia con gli Stati Uniti nel profondo del suo Dna". "La sfida più grande per la Germania sarà quella di mettere insieme una dimostrazione di forza unita da parte dell'Ue e del Regno Unito".
Secondo i sondaggi, i socialdemocratici del cancellieri Olaf Scholz, si attestano al 15% dei consensi, 10 puntiin meno delle preferenze ricevute 4 anni fa, mentre l'Afd si attesta al 21%, oltre il doppio (era al 10,3%) rispetto al 2021.
Londra, 23 feb. (Adnkronos) - Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha dichiarato che domani annuncerà un nuovo importante pacchetto di sanzioni contro la Russia. Lo riporta ITV News. "Domani ho intenzione di annunciare il più grande pacchetto di sanzioni contro la Russia dall'inizio del conflitto, per indebolire la sua macchina militare e ridurre le entrate con cui si sta accendendo il fuoco della distruzione in Ucraina", ha affermato il ministro, aggiungendo che Londra "lavorerà con i partner americani ed europei per raggiungere una pace giusta e sostenibile", riconoscendo chiaramente l'Ucraina dev'essere coinvolta".
E' "un momento critico nella storia dell'Ucraina, della Gran Bretagna e dell'intera Europa" - ha detto ancora - Il sostegno all'Ucraina dovrebbe essere "raddoppiato" e si dovrebbe ricercare "la pace attraverso la forza". "Sul campo di battaglia, Londra resta impegnata a fornire un supporto militare di 3 miliardi di sterline all'anno per mettere l'Ucraina nella migliore posizione possibile e siamo pronti a contribuire con truppe britanniche alle forze di mantenimento della pace, se necessario".
(Adnkronos) - “La notte è trascorsa tranquilla, il Papa ha riposato”. Lo fa sapere oggi 23 febbraio il Vaticano aggiornando sulle condizioni di Papa Francesco ricoverato al Gemelli da venerdì della scorsa settimana.
Ieri sera l’ultimo bollettino diramato dalla Santa Sede sulle condizioni di salute di Bergoglio avevano restituito una situazione in aggravamento con una serie di criticità che i bollettini precedenti non avevano mai evidenziato. Nel dettaglio ieri il bollettino ha riferito che le “condizioni del Santo Padre continuano ad essere critiche, pertanto, come spiegato" dall’équipe medica che lo ha in cura, “il Papa non è fuori pericolo”.
Ieri mattina, si spiegava, “Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoriaasmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi. Gli esami del sangue odierni hanno inoltre evidenziato una piastrinopenia, associata ad un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua ad essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri. Al momento la prognosi è riservata”. Per Francesco è scattata una maratona di preghiere nelle chiese di tutto il mondo.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos) - La Russia ha lanciato un attacco missilistico sulla città di Kryvy Rih, nell'oblast' di Dnipropetrovsk, nella tarda serata di ieri, uccidendo una persona e ferendone altre cinque. Lo ha riferito Oleksandr Vilkul, capo dell'amministrazione militare della città dove è nato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Tra i feriti ricoverati in ospedale, una donna sarebbe in condizioni critiche.
L'attacco ha inflitto gravi danni alle infrastrutture civili della città, ha detto Vilkul. Dodici edifici residenziali, una struttura infrastrutturale, una casa di riposo e una chiesa hanno subito danni. L'attacco ha inoltre colpito edifici sociali e industriali, una stazione di servizio e numerosi veicoli.