Oliver Schmidt, il dirigente Volkswagen arrestato sabato scorso dall’FBI nella sua casa in Florida con l’accusa di aver giocato un ruolo cruciale nel tentativo di nascondere la truffa delle emissioni, ha ricoperto la carica di responsabile dell’ufficio che gestiva le questioni ambientali e regolatorie negli Stati Uniti dal 2014 fino a marzo 2015. Periodo in cui, insieme ad altri collaboratori, ha cercato di convincere le autorità che le alte emissioni di alcuni modelli erano dovute a malfunzionamenti e non, come poi dimostrato, a un “defeat device” appositamente montato dalla casa tedesca.
Il suo, tuttavia, pare non esser stato un “lavoro” isolato. Da alcuni stralci della corrispondenza interna Volkswagen, ottenuti dalla Bild am Sonntag e riproposti dal Financial Times, viene fuori come Schmidt tenesse aggiornati alcuni membri del management della casa tedesca sui rapporti con le autorità statunitensi.
Nel dettaglio, in un email datata 15 maggio 2014 Schmidt scrisse al numero uno di Vw Usa Michael Horn dei possibili rischi e multe in riferimento a ben 600 mila modelli che potenzialmente violavano il Clean Air Act americano. Quantificando anche i probabili esborsi: 37.500 dollari dall’Environmental Protection Agency e 5.500 dal California Air Resources Board, ogni auto.
Del resto, l’esperto in materia era lui. E in azienda era riconosciuto come tale, anche in virtù di una lunga carriera. Dopo la laurea in ingegneria meccanica ottenuta presso l’università di Hanover, infatti, Schmidt cominciò a lavorare in Volkswagen nel lontano 1997. Nel corso della sua vita lavorativa presso il colosso tedesco ha assunto vari ruoli: produzione, sviluppo, marketing. Sempre, tuttavia, legati a ricerca e sviluppo del powertrain, ovvero la propulsione dei veicoli.
Prima di trasferirsi negli Stati Uniti, nel marzo del 2012, era stato a capo della divisione Powertrain Product Management per il marchio Volkswagen in Germania. Una volta approdato in America, è stato responsabile di tutto ciò che concerne i gas di scarico: dai regolamenti alle certificazioni, occupandosi anche dei difetti delle auto durante il loro ciclo di vita.
Negli ultimi anni, Schmidt aveva fatto diverse apparizioni in pubblico, per partecipare a convegni e seminari. Un personaggio in vista, dunque, che ricopriva una carica delicata. E che non è stato allontanato dalla Volkswagen: dopo lo scoppio dello scandalo l’azienda tedesca l’aveva richiamato al quartier generale di Wolfsburg per fare da raccordo con le varie agenzie mondiali che si occupano di questioni ambientali. Il suo predecessore, Norbert Krause, in un’intervista alla Reuters del 2015 aveva dichiarato che nessuno alla Volkswagen Usa era stato coinvolto nel processo di manipolazione delle emissioni nocive. Ma, forse, qualcuno voleva tenerlo nascosto.