Cultura

Zygmunt Bauman, morto a 91 anni il sociologo della “modernità liquida”: il suo antidoto al pensiero globale

Era uno degli intellettuali più influenti. Fuggì dalla Germania nazista e poi dalla Polonia sovietica. Dagli anni Settanta viveva a Leeds, dove si è spento. Ha scritto più di cinquanta libri, il più celebre "Modernità e Olocausto"

di Davide Turrini

Zygmunt Bauman, uno dei più importanti e prolifici sociologi europei del secondo Novecento, è morto a 91 anni nella sua casa di Leeds, in Inghilterra, circondato dalla sua famiglia.  E’ a Leeds che è stato accolto dal 1971 al 1990 come professore di sociologia e poi tenuto a “battesimo” nei suoi studi divenuti saggi letti e discussi a livello popolare dai primi anni Novanta fino ai giorni nostri. Il pensatore di origine polacca, fuggito in Russia prima dello sterminio ebraico da parte dei nazisti, in cinquant’anni di ricerche e analisi ha esplorato i temi della fluidità identitaria dell’individuo nel mondo moderno, l’Olocausto, la globalizzazione, e negli ultimi tempi Internet e il populismo. Famoso per aver costruito un approccio sociologico che incorpora la filosofia e altre discipline umanistiche, Bauman è stato una sorta di voce “morale” per le classi meno abbienti, i poveri e dimenticati in quel mondo rovesciato dalla globalizzazione del post ’89. Più di 50 i libri scritti a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Tra questi hanno avuto particolare fortuna a livello di divulgazione nella cultura anglosassone Modernità e Olocausto (1989), mentre nei paesi mediterranei del sud Europa, e in Italia in particolar modo grazie all’intuizione dell’editore Laterza, tutta la serie derivante dall’ipotesi concettuale della “modernità liquida”.

Bauman è nato il 19 novembre del 1925 a Poznan, in Polonia, da una famiglia ebreo-polacca che aveva sofferto la miseria e l’antisemitismo, condizioni socio-economiche che hanno sviluppato nel giovane Bauman una posizione politica incline alla giustizia sociale attraverso il pensiero comunista. Anni fa in un’intervista parlò di come acquisì questa convinzione politica nel momento in cui da piccolo venne preso a calci al parco dai bambini non ebrei e come il padre “uomo dall’onestà impeccabile” dovette subire “umiliazioni su umiliazioni dai suoi capi per sfamare la sua famiglia”. Nel 1939 a nemmeno 14 anni quando la Germania invase la Polonia, fuggì in Unione Sovietica. Bauman ancora adolescente si unì subito ad una unità dell’esercito polacco sotto il comando sovietico, guadagnandosi la croce di guerra al Valor Militare per il suo coraggio. Dopo la guerra divenne perfino maggiore dell’esercito polacco ma nel 1953 fu licenziato dal suo lavoro nell’esercito probabilmente per le sua origine ebraica. All’Università di Varsavia studiò sociologia e psicologia e lì ha iniziò ad insegnare fino al 1968 quando l’ennesima purga del regime sovietico antisemita lo colpì in modo diretto. Bauman assieme alla sua famiglia viene espulso dal paese, e nonostante le sue posizioni non fossero rigorosamente vicine alla retorica dello stato di Israele (recentemente ha ricordato come “il muro di Gerusalemme avesse lo stesso significato del Ghetto di Varsavia”) visse e insegnò negli atenei di Tel Aviv e Haifa tra il 1969 e il 1971, prima di stabilirsi con la famiglia in Gran Bretagna, a Leeds, dove dai primi anni Novanta ha pubblicato quasi un libro all’anno e lì è rimasto fino alla sua morte.

Dopo essersi dedicato principalmente al pensiero gramsciano e di Georg Simmel, nel 1989 con Memoria e Olocausto ribalta l’assunto di molti studiosi che videro nella barbarie dell’Olocausto una rottura della modernità, sostenendo invece che lo sterminio di massa degli ebrei era invece proprio l’esito di questa modernità fatta di industrializzazione e razionalizzazione burocratica. “E’ stato il mondo razionale della civiltà moderna che ha reso l’Olocausto pensabile”, scrisse nel suo saggio. Nel 1990 Bauman ha coniato il termine “modernità liquida” per descrivere un mondo contemporaneo in cui gli individui vengono privati delle loro radici e delle sicurezze materiali, spinti ad adattarsi freneticamente al flusso indistinto del gruppo pena l’esclusione sociale. Ed è proprio nell’accostarsi ai concetti di globalizzazione e consumismo che Bauman legge l’evoluzione della società, dopo la caduta delle ideologie dominanti della Guerra Fredda, dimostrando come l’esclusione sociale non sia più dovuta all’impossibilità dell’individuo di acquistare l’essenziale per vivere, ma nel suo non poter continuare ad acquistare per sentirsi parte di questa modernità. E’ la frustrazione dell’individuo consumatore, felice intuizione che poi declinerà anche in testi più sociologicamente arditi come Amore Liquido e Gli usi postmoderni del sesso, e che lo renderanno estremamente popolare. Bauman ha comunque avuto il merito sia di creare un antidoto al pensiero globale proprio al tempo della “terza via” economico politica e nella caduta delle ideologie anticapitaliste, come quello di sdoganare la figura del sociologo facendola diventare ruolo accessibile e comprensibile nel suo ragionare di fronte alle grandi masse soprattutto in occasioni mondane divulgative, tra cui il Festival della filosofia di Modena.

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