Sotto forti pressioni, isolata dopo la presa di distanza di Cisl e Uil e attaccata da più fronti, compreso quello del Pd, soprattutto dopo il caso dell’utilizzo dei voucher da parte dello Spi di Bologna. In questo clima la Cgil si prepara al verdetto della Corte Costituzionale, che si riunirà in camera di consiglio per valutare i referendum abrogativi, presentati dal primo sindacato italiano insieme alla proposta di legge di iniziativa popolare Carta dei diritti universali del lavoro. Due dei tre quesiti riguardano il Jobs Act e chiedono la cancellazione dei voucher e un nuovo reintegro in caso di licenziamento illegittimo, ripristinando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori abolito proprio con la riforma Renzi-Poletti. Il terzo quesito, invece, ritoccando la legge Biagi (poi modificata dalla riforma Fornero) mira all’eliminazione delle norme che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.
Il referendum
I referendum sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale il 23 marzo, mentre il 9 aprile è iniziata la raccolta di firme a sostegno della legge di iniziativa popolare e della consultazione. A luglio la Cgil ha depositato in Corte di Cassazione oltre 1,1 milioni di firme per ciascuno dei tre quesiti. Il 10 dicembre, pochi giorni dopo il referendum costituzionale che ha aperto la crisi di governo, la Cassazione ha dato parere favorevole ai tre quesiti. Oggi è attesa la sentenza della Consulta sulla loro ammissibilità. Di cosa trattano i quesiti?
Articolo 18
L’obiettivo del sindacato è ripristinare la possibilità di essere reintegrati nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per tutte le aziende al di sotto dei 15 dipendenti e fino a 5, recuperando così “un principio fondamentale” di giustizia sul lavoro. Il quesito dunque chiede di abolire ed estendere la normativa attuale che in caso di licenziamento illegittimo, prevede per i nuovi contratti a tutele crescenti il pagamento al lavoratore di un’indennità che cresce con l’anzianità di servizio, da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità. Nel caso ciò avvenga in aziende con meno di 5 addetti il reintegro, chiede ancora la Cgil, non sarà automatico ma a discrezione del giudice e nel caso sarà il lavoratore a scegliere tra un risarcimento congruo o il rientro in azienda.
Voucher
In questo caso la Cgil vuole abrogare i cosiddetti Buoni per il lavoro accessorio, gli assegni da 10 euro lordi, 7,50 euro netti, con cui attualmente si possono pagare un ampio spettro di prestazioni accessorie entro un tetto di 7mila euro l’anno. Strumenti, questi, nati nel 2003 con la riforma Biagi in versione anti-sommerso e circoscritti alle prestazioni di studenti e pensionati, poi ampliati nell’applicazione dal governo Berlusconi nel 2010 fino alla modifica del tetto massimo annuale dal governo Renzi, il cui utilizzo è lievitato in maniera esponenziale soprattutto nel 2015 ma che nel 2016 ha toccato quota 121,5 milioni di assegni venduti, secondo gli ultimi dati Inps. Dati che prefigurerebbero un abuso nel loro utilizzo, il motivo per cui la Cgil ne chiede l’abrogazione: “Le disposizioni di legge hanno consentito un utilizzo di questo istituto improprio ed invasivo, tale da favorire forme incontrollate di precariato”.
Appalti
Obiettivo della Cgil è il ripristino della piena responsabilità solidale in tema di appalti. Il quesito perciò chiede di abrogare le attuali disposizioni di legge con le quali per il sindacato è stata attenuata e vanificata la responsabilità datoriale verso i lavoratori. Nel mirino la legge Biagi, in particolare il decreto legislativo per la “attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro”. Per il sindacato, che vuole così ostacolare eventuali pratiche di concorrenza sleale proteggendo i lavoratori occupati negli appalti e sub appalti coinvolti in processi di esternalizzazione, ci deve essere infatti un’uguale responsabilità, in tutto e per tutto (responsabilità solidale), tra appaltatore e appaltante nei confronti di tutto ciò che succede nei rapporti di lavoro.
Per Palazzo Chigi “referendum inammissibile”
Nel frattempo, l’Avvocatura dello Stato ha depositato tre memorie, una per ciascuno dei quesiti, in cui si ritiene che il referendum “si palesa inammissibile”. Bocciatura per tutti e tre i quesiti, ma il giudizio più duro è quello sulle norme sui licenziamenti, perché l’organo che assiste lo Stato nei procedimenti giudiziari ritiene che il quesito referendario che mira ad abrogare le modifiche apportate con il Job Act all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori abbia “carattere surrettiziamente propositivo e manipolativo”. In altre parole il referendum non punterebbe solo al ripristino dell’articolo 18, che garantiva il diritto a riavere il posto solo ai lavoratori di imprese con oltre i 15 dipendenti, ma il sindacato di Susanna Camusso vorrebbe estendere il diritto alla reintegra nel posto di lavoro anche ai dipendenti delle aziende con un numero di dipendenti tra 5 e 15. Secondo l’Avvocatura “l’intento dei promotori del referendum è quello di produrre una nuova norma”. La Cgil ovviamente non la pensa così. “Il quesito non è manipolativo”, ha dichiarato in un’intervista a ilfattoquotidiano.it Lorenzo Fassina, responsabile dell’Ufficio giuridico della Confederazione, secondo cui “l’obiettivo è ripristinare le tutele dell’articolo 18 allargandone l’applicazione, è vero, ma applicando una soglia (quella dei 5 dipendenti) che era già prevista dallo Statuto dei lavoratori per le imprese agricole”.
E se l’Avvocatura sostiene che l’eventuale esito positivo della consultazione che riguarda la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante nei confronti del lavoratore “condurrebbe ad una condizione di incertezza normativa”, per quanto riguarda i voucher, per l’organo legale dello Stato la loro abolizione creerebbe invece un “vuoto normativo”. Comunque, se sono molte le perplessità in merito al giudizio della Consulta sul quesito che riguarda la reintegra nel posto di lavoro, meno ardua per la Cgil dovrebbe essere la strada per una valutazione positiva degli altri due. Tra l’altro, sui voucher, a fine 2016 il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva già manifestato la volontà del governo di “rideterminarne dal punto di vista normativo il confine dell’uso”. Ma se si rimetterà mano alla riforma, si aprirà un’altra partita: la nuova legge dovrà essere valutata dalla Corte di Cassazione e, in caso risultasse in linea con il quesito in questione, il referendum su questa disposizione cadrebbe.
I voucher dello Spi
Di fatto nel giro di nove anni i voucher sono passati dall’essere considerati uno strumento utile a far emergere il lavoro nero a ultima frontiera del precariato. Nel 2008, anno della loro introduzione, furono staccati 500mila tagliandi, mentre secondo il terzo rapporto Uil sui buoni lavoro il 2016 si è chiuso con un totale di oltre 145 milioni di voucher venduti. Nei giorni scorsi è scoppiato il caso dei buoni utilizzati a Bologna dallo Spi, il sindacato Cgil pensionati, che ha ammesso di usarli per pagare alcuni dei propri volontari. Se da un lato era prevedibile che la bufera si abbattesse sulla Cgil che da mesi, invece, porta avanti una crociata per abolirli, d’altro canto lo stesso segretario regionale dell’Emilia Romagna, Bruno Pizzica, ha spiegato che in provincia di Bologna i buoni vengono utilizzati ma solo “per i pensionati che svolgono prestazioni del tutto occasionali”. Si tratterebbe di una cinquantina di volontari, tutti pensionati, che raggiungono una retribuzione di poco più di 100 euro mensili. In pratica in quel caso verrebbero usati per lo scopo esatto per cui sono stati introdotti. Innegabile, in ogni caso, il clamoroso autogoal per la Cgil. Che, per gettare acqua sul fuoco, all’indomani del caso ha prodotto una nota interna per invitare ad evitare di “alimentare fratture nell’organizzazione e nella sua immagine pubblica”. Insomma “minimizzare con la stampa” per “fermare l’enfasi eccessiva” sulla notizia dell’utilizzo dei voucher da parte dello Spi di Bologna. Ma l’effetto primario, e indesiderato, è stato quello di dare nuova enfasi al caso.
Sindacati divisi e fuoco incrociato
Incidenti di percorso a parte, la Cgil nelle ultime settimane ha fatto i conti anche con altro. Perché sul referendum i sindacati si sono spaccati con la Cisl che, ad esempio, è a favore di una modifica del sistema del voucher e non della loro abolizione. E con il segretario Annamaria Furlan che, in un’intervista di pochi giorni fa all’Huffington Post, ha preso le distanze: “Il referendum non è lo strumento migliore per parlare di legislazione del lavoro. Il confronto con le parti sociali credo che possa e debba dare risultati positivi”. Chiara anche la posizione del leader della Uil, Carmelo Barbagallo, che già prima delle vacanze di Natale si era espresso a riguardo: “Bisogna provare a modificare il Jobs Act con i contratti, per noi la strada è la contrattazione”. E sulla consultazione si è mostrato scettico: “Se riusciamo a evitare un’ulteriore lacerante referendum nel nostro Paese è meglio”.
In realtà anche il Pd sulla questione si è diviso. E se un via libera della Corte potrebbe facilitare le elezioni anticipate, facendo il gioco dell’ex premier Matteo Renzi (e facendo slittare lo stesso referendum), l’ultimo attacco è arrivato proprio dalle colonne dell’Unità. Il quotidiano del Partito democratico sabato scorso ha pubblicato un editoriale a firma del direttore Sergio Staino che ha criticato il segretario generale della Cgil, mettendola a confronto con due storici leader, Luciano Lama e Bruno Trentin. “Penso con molto dolore che tu – ha scritto Staino riferendosi a Susanna Camusso – ormai non hai quasi nulla da condividere con loro”. Quindi l’invito a cambiare rotta (“Tu devi imparare a confrontarti con la politica, a dialogare, a contrattare, tenendo il sindacato lontano dalle singole strategie dei partiti”), al quale è arrivata una secca risposta firmata da tutta la segreteria nazionale della Cgil e dai segretari di categoria: “Anche tu dovresti chiederti se l’evidente fallimento delle politiche del rigore e dell’austerità, la sconfitta della teoria che precarizzando il lavoro e riducendo i diritti si sarebbe creata più occupazione, non richiederebbero ad una maggioranza di Governo, che si definisce riformista, un deciso cambio di verso”. Dopo il fuoco incrociato, la parola passa alla Consulta.
Lavoro & Precari
Referendum Jobs Act, alla Corte costituzionale è il giorno del giudizio: si decide sull’ammissibilità dei quesiti
La Confederazione arriva in un clima ad altissima tensione, tra i colpi del fuoco amico e degli autogoal, all'appuntamento con la sentenza della Corte Costituzionale sulla proposta di consultazione popolare che chiede la cancellazione dei voucher, il ripristino dell’articolo 18 e l’eliminazione delle norme che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore
Sotto forti pressioni, isolata dopo la presa di distanza di Cisl e Uil e attaccata da più fronti, compreso quello del Pd, soprattutto dopo il caso dell’utilizzo dei voucher da parte dello Spi di Bologna. In questo clima la Cgil si prepara al verdetto della Corte Costituzionale, che si riunirà in camera di consiglio per valutare i referendum abrogativi, presentati dal primo sindacato italiano insieme alla proposta di legge di iniziativa popolare Carta dei diritti universali del lavoro. Due dei tre quesiti riguardano il Jobs Act e chiedono la cancellazione dei voucher e un nuovo reintegro in caso di licenziamento illegittimo, ripristinando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori abolito proprio con la riforma Renzi-Poletti. Il terzo quesito, invece, ritoccando la legge Biagi (poi modificata dalla riforma Fornero) mira all’eliminazione delle norme che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.
Il referendum
I referendum sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale il 23 marzo, mentre il 9 aprile è iniziata la raccolta di firme a sostegno della legge di iniziativa popolare e della consultazione. A luglio la Cgil ha depositato in Corte di Cassazione oltre 1,1 milioni di firme per ciascuno dei tre quesiti. Il 10 dicembre, pochi giorni dopo il referendum costituzionale che ha aperto la crisi di governo, la Cassazione ha dato parere favorevole ai tre quesiti. Oggi è attesa la sentenza della Consulta sulla loro ammissibilità. Di cosa trattano i quesiti?
Articolo 18
L’obiettivo del sindacato è ripristinare la possibilità di essere reintegrati nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per tutte le aziende al di sotto dei 15 dipendenti e fino a 5, recuperando così “un principio fondamentale” di giustizia sul lavoro. Il quesito dunque chiede di abolire ed estendere la normativa attuale che in caso di licenziamento illegittimo, prevede per i nuovi contratti a tutele crescenti il pagamento al lavoratore di un’indennità che cresce con l’anzianità di servizio, da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità. Nel caso ciò avvenga in aziende con meno di 5 addetti il reintegro, chiede ancora la Cgil, non sarà automatico ma a discrezione del giudice e nel caso sarà il lavoratore a scegliere tra un risarcimento congruo o il rientro in azienda.
Voucher
In questo caso la Cgil vuole abrogare i cosiddetti Buoni per il lavoro accessorio, gli assegni da 10 euro lordi, 7,50 euro netti, con cui attualmente si possono pagare un ampio spettro di prestazioni accessorie entro un tetto di 7mila euro l’anno. Strumenti, questi, nati nel 2003 con la riforma Biagi in versione anti-sommerso e circoscritti alle prestazioni di studenti e pensionati, poi ampliati nell’applicazione dal governo Berlusconi nel 2010 fino alla modifica del tetto massimo annuale dal governo Renzi, il cui utilizzo è lievitato in maniera esponenziale soprattutto nel 2015 ma che nel 2016 ha toccato quota 121,5 milioni di assegni venduti, secondo gli ultimi dati Inps. Dati che prefigurerebbero un abuso nel loro utilizzo, il motivo per cui la Cgil ne chiede l’abrogazione: “Le disposizioni di legge hanno consentito un utilizzo di questo istituto improprio ed invasivo, tale da favorire forme incontrollate di precariato”.
Appalti
Obiettivo della Cgil è il ripristino della piena responsabilità solidale in tema di appalti. Il quesito perciò chiede di abrogare le attuali disposizioni di legge con le quali per il sindacato è stata attenuata e vanificata la responsabilità datoriale verso i lavoratori. Nel mirino la legge Biagi, in particolare il decreto legislativo per la “attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro”. Per il sindacato, che vuole così ostacolare eventuali pratiche di concorrenza sleale proteggendo i lavoratori occupati negli appalti e sub appalti coinvolti in processi di esternalizzazione, ci deve essere infatti un’uguale responsabilità, in tutto e per tutto (responsabilità solidale), tra appaltatore e appaltante nei confronti di tutto ciò che succede nei rapporti di lavoro.
Per Palazzo Chigi “referendum inammissibile”
Nel frattempo, l’Avvocatura dello Stato ha depositato tre memorie, una per ciascuno dei quesiti, in cui si ritiene che il referendum “si palesa inammissibile”. Bocciatura per tutti e tre i quesiti, ma il giudizio più duro è quello sulle norme sui licenziamenti, perché l’organo che assiste lo Stato nei procedimenti giudiziari ritiene che il quesito referendario che mira ad abrogare le modifiche apportate con il Job Act all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori abbia “carattere surrettiziamente propositivo e manipolativo”. In altre parole il referendum non punterebbe solo al ripristino dell’articolo 18, che garantiva il diritto a riavere il posto solo ai lavoratori di imprese con oltre i 15 dipendenti, ma il sindacato di Susanna Camusso vorrebbe estendere il diritto alla reintegra nel posto di lavoro anche ai dipendenti delle aziende con un numero di dipendenti tra 5 e 15. Secondo l’Avvocatura “l’intento dei promotori del referendum è quello di produrre una nuova norma”. La Cgil ovviamente non la pensa così. “Il quesito non è manipolativo”, ha dichiarato in un’intervista a ilfattoquotidiano.it Lorenzo Fassina, responsabile dell’Ufficio giuridico della Confederazione, secondo cui “l’obiettivo è ripristinare le tutele dell’articolo 18 allargandone l’applicazione, è vero, ma applicando una soglia (quella dei 5 dipendenti) che era già prevista dallo Statuto dei lavoratori per le imprese agricole”.
E se l’Avvocatura sostiene che l’eventuale esito positivo della consultazione che riguarda la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante nei confronti del lavoratore “condurrebbe ad una condizione di incertezza normativa”, per quanto riguarda i voucher, per l’organo legale dello Stato la loro abolizione creerebbe invece un “vuoto normativo”. Comunque, se sono molte le perplessità in merito al giudizio della Consulta sul quesito che riguarda la reintegra nel posto di lavoro, meno ardua per la Cgil dovrebbe essere la strada per una valutazione positiva degli altri due. Tra l’altro, sui voucher, a fine 2016 il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva già manifestato la volontà del governo di “rideterminarne dal punto di vista normativo il confine dell’uso”. Ma se si rimetterà mano alla riforma, si aprirà un’altra partita: la nuova legge dovrà essere valutata dalla Corte di Cassazione e, in caso risultasse in linea con il quesito in questione, il referendum su questa disposizione cadrebbe.
I voucher dello Spi
Di fatto nel giro di nove anni i voucher sono passati dall’essere considerati uno strumento utile a far emergere il lavoro nero a ultima frontiera del precariato. Nel 2008, anno della loro introduzione, furono staccati 500mila tagliandi, mentre secondo il terzo rapporto Uil sui buoni lavoro il 2016 si è chiuso con un totale di oltre 145 milioni di voucher venduti. Nei giorni scorsi è scoppiato il caso dei buoni utilizzati a Bologna dallo Spi, il sindacato Cgil pensionati, che ha ammesso di usarli per pagare alcuni dei propri volontari. Se da un lato era prevedibile che la bufera si abbattesse sulla Cgil che da mesi, invece, porta avanti una crociata per abolirli, d’altro canto lo stesso segretario regionale dell’Emilia Romagna, Bruno Pizzica, ha spiegato che in provincia di Bologna i buoni vengono utilizzati ma solo “per i pensionati che svolgono prestazioni del tutto occasionali”. Si tratterebbe di una cinquantina di volontari, tutti pensionati, che raggiungono una retribuzione di poco più di 100 euro mensili. In pratica in quel caso verrebbero usati per lo scopo esatto per cui sono stati introdotti. Innegabile, in ogni caso, il clamoroso autogoal per la Cgil. Che, per gettare acqua sul fuoco, all’indomani del caso ha prodotto una nota interna per invitare ad evitare di “alimentare fratture nell’organizzazione e nella sua immagine pubblica”. Insomma “minimizzare con la stampa” per “fermare l’enfasi eccessiva” sulla notizia dell’utilizzo dei voucher da parte dello Spi di Bologna. Ma l’effetto primario, e indesiderato, è stato quello di dare nuova enfasi al caso.
Sindacati divisi e fuoco incrociato
Incidenti di percorso a parte, la Cgil nelle ultime settimane ha fatto i conti anche con altro. Perché sul referendum i sindacati si sono spaccati con la Cisl che, ad esempio, è a favore di una modifica del sistema del voucher e non della loro abolizione. E con il segretario Annamaria Furlan che, in un’intervista di pochi giorni fa all’Huffington Post, ha preso le distanze: “Il referendum non è lo strumento migliore per parlare di legislazione del lavoro. Il confronto con le parti sociali credo che possa e debba dare risultati positivi”. Chiara anche la posizione del leader della Uil, Carmelo Barbagallo, che già prima delle vacanze di Natale si era espresso a riguardo: “Bisogna provare a modificare il Jobs Act con i contratti, per noi la strada è la contrattazione”. E sulla consultazione si è mostrato scettico: “Se riusciamo a evitare un’ulteriore lacerante referendum nel nostro Paese è meglio”.
In realtà anche il Pd sulla questione si è diviso. E se un via libera della Corte potrebbe facilitare le elezioni anticipate, facendo il gioco dell’ex premier Matteo Renzi (e facendo slittare lo stesso referendum), l’ultimo attacco è arrivato proprio dalle colonne dell’Unità. Il quotidiano del Partito democratico sabato scorso ha pubblicato un editoriale a firma del direttore Sergio Staino che ha criticato il segretario generale della Cgil, mettendola a confronto con due storici leader, Luciano Lama e Bruno Trentin. “Penso con molto dolore che tu – ha scritto Staino riferendosi a Susanna Camusso – ormai non hai quasi nulla da condividere con loro”. Quindi l’invito a cambiare rotta (“Tu devi imparare a confrontarti con la politica, a dialogare, a contrattare, tenendo il sindacato lontano dalle singole strategie dei partiti”), al quale è arrivata una secca risposta firmata da tutta la segreteria nazionale della Cgil e dai segretari di categoria: “Anche tu dovresti chiederti se l’evidente fallimento delle politiche del rigore e dell’austerità, la sconfitta della teoria che precarizzando il lavoro e riducendo i diritti si sarebbe creata più occupazione, non richiederebbero ad una maggioranza di Governo, che si definisce riformista, un deciso cambio di verso”. Dopo il fuoco incrociato, la parola passa alla Consulta.
PERCHÉ NO
di Marco Travaglio e Silvia Truzzi 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il dialogo tra due presidenti davvero straordinari è promettente. È importante che nulla ostacoli l'attuazione della loro volontà politica". Lo ha dichiarato il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov in un'intervista alla televisione, parlando della fermezza degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e sulle dichiarazioni ostili di Trump nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".