Procedure di test diverse a seconda che l’auto messa alla prova sia del gruppo Fiat Chrysler o meno. Misure eseguite su alcune vetture mentre su altre no. Risultati non riportati per le Fiat Chrysler, senza che venga spiegato il perché. Il rapporto che il ministero dei Trasporti ha realizzato dopo lo scoppio del dieselgate per analizzare le emissioni reali dei diesel venduti in Italia farebbe storcere il naso a qualsiasi studente di ingegneria del primo anno. E così anche su questo documento dovrà fornire chiarimenti il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che giovedì 12 gennaio è in audizione davanti alla Emission Measurements in the Automotive Sector (Emis), la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo nata dopo lo scandalo sui motori truccati da Volkswagen per portare avanti un’indagine sulle vetture in circolazione nel nostro continente. Il report, datato 27 luglio 2016 e mai reso pubblico sui canali ufficiali del ministero, contiene nelle sue 46 pagine lacune tali da fare nascere un sospetto: “E’ chiaro che il governo ha voluto coprire le case automobilistiche, e in particolare Fiat Chrysler”, sostiene Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria, un’associazione che fa parte della rete europea di ong ambientaliste per i trasporti sostenibili Transport & Environment. Analoga la posizione degli eurodeputati del M5S, ai quali si deve la pubblicazione del rapporto, avvenuta lo scorso ottobre sul loro sito, dopo che il ministero lo aveva tenuto a lungo chiuso a chiave in un cassetto, prima di consegnarlo alla commissione Emis. “Un rapporto scandaloso, che rasenta il ridicolo”, hanno accusato i Cinque stelle, arrivando a parlare di “occultamento scientifico dei dati più scomodi”. Omissioni che, in ogni caso, non evitano alle auto Fiat Chrysler, in quanto a emissioni, di fare peggio di tutte le altre. Ma prima di passare ai risultati deludenti delle Fca e alle stranezze di grafici e tabelle, facciamo un passo indietro.
Dai mille controlli promessi dal ministro ai test solo su 14 modelli
Nel settembre del 2015 il dieselgate travolge la Volkswagen: le autorità americane scoprono che la casa tedesca ha utilizzato un dispositivo che aggira i test sulle emissioni (defeat device, dispositivo di manipolazione), attivando i sistemi anti inquinamento solo nel corso delle prove su rulli. La questione non è da poco: “Considerando solo l’Italia – sostiene Gerometta di Cittadini per l’aria – ogni anno muoiono prematuramente 23mila persone a causa dell’esposizione al biossido di azoto (NO2), un gas fortemente nocivo per la salute umana e riconducibile prevalentemente alle emissioni dei veicoli diesel”. Da tempo le istituzioni internazionali sanno che in condizioni reali di guida le emissioni dei veicoli, comprese quelle degli ossidi di azoto (NOx), sono maggiori di quelle rilevate in fase di test. Un problema che in Europa dipende da un regolamento sulle omologazioni che non viene più aggiornato dal 2007. La novità che salta fuori con il dieselgate è che uno dei costruttori, Volkswagen appunto, ha addirittura truccato i test. Appena scoppiato lo scandalo, il nostro ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, promette in Italia “controlli a campione su almeno mille macchine diesel di tutti i marchi”. Ma a fronte dell’annuncio del settembre 2015, il mese successivo il ministero incarica l’Istituto Motori del Cnr di mettere a punto una metodologia di verifica del comportamento emissivo che, prima della stesura del report, verrà applicata solo a 14 modelli di auto: una Bmw, una Opel, una Volkswagen, due Ford, due Mercedes e sette vetture del gruppo Fca, queste ultime omologate dallo stesso ministero. E qui cade la prima obiezione: anziché i controlli a campione sul parco circolante, le auto testate sono nuove e messe a disposizione dalle stesse case automobilistiche. “E quindi – fa notare Gerometta – non possono dare alcuna garanzia di rappresentatività dei veicoli dello stesso modello realmente in circolazione”.
Test solo sulle euro 5. Salvate le euro 6
C’è poi un altro punto. A differenza di quanto fatto in Francia, Germania e Gran Bretagna, il nostro ministero ha deciso di testare solo alcuni diesel euro 5 e non gli euro 6, ovvero quelli attualmente in vendita. Una decisione che non può che destare qualche sospetto, visto che secondo uno studio realizzato da Transport & Environment, che ha analizzato i risultati delle indagini sull’inquinamento reale dei veicoli condotte dai governi di Francia, Germania e Regno Unito, le peggiori euro 6 per emissioni sono le auto Fiat e le Suzuki, a cui Fiat fornisce i motori: “Inquinano in media 15 volte di più dei limiti legali per gli NOx”, rileva lo studio.
Emissioni reali maggiori che nei test di omologazione. La pecora nera? Fca
Fuori tutte le euro 6, nel rapporto del ministero restano dentro, come detto, solo 14 modelli di euro 5. E i risultati dei test, in particolare per le vetture Fca, sono tutt’altro che esaltanti. Come già emerso nelle prove condotte negli altri Paesi, le soglie limite di emissioni vengono rispettate da tutti i marchi nelle condizioni di prova valide per ottenere l’omologazione europea (ciclo di test Nedc), mentre nelle prove, sia in laboratorio che su strada, che simulano i comportamenti delle auto in condizioni normali di guida, gli sforamenti sono generalizzati. Con le Fca a fare peggio delle altre: nei test eseguiti a motore caldo, e cioè in condizioni più simili al reale comportamento delle auto, le emissioni di NOx arrivano a essere 3,4 volte superiori rispetto alla condizione di motore a freddo per la Fiat 500 L, 3,8 maggiori per l’Alfa Romeo Giulietta 1.6 e 4,1 volte in più per il Cherokee 2.0.
Defeat device? Il ministro nega, ma i dubbi restano. Anche alla responsabile dell’Istituto motori del Cnr
“Le divergenze in caso di test a freddo e test a caldo – sostiene Gerometta – rappresentano un forte indizio dell’uso di defeat devices”. Una possibilità che il ministro Delrio, anticipando lo scorso giugno i risultati del report, ha escluso: “Non ci sono defeat devices illegali nei modelli diesel di altre case, a parte su quelli Volkswagen già identificati”. Una posizione su cui, però, nemmeno lo stesso report del ministero è così chiaro: sebbene nell’introduzione si legga che tra gli scopi del test c’è quello di individuare “la eventuale presenza di dispositivi di manipolazione delle emissioni (defeat device) vietati dalla vigente normativa”, nelle conclusioni una risposta negativa in tal senso non viene scritta a chiare lettere, ma solo suggerita. Infatti, dei veicoli che con partenza a caldo rilasciano emissioni molto maggiori che a freddo viene scritto: “Probabilmente in condizioni di partenza a freddo (previste dall’attuale ciclo di omologazione Nedc) viene utilizzata una differente calibrazione motore”. Il dubbio ammette di non esserselo tolta nemmeno Vittoria Maria Prati, responsabile delle attività sulle emissioni dei veicoli dell’Istituto Motori del Cnr, che nel corso di una conversazione telefonica con ilfattoquotidiano.it ammette: “Se questo comportamento dipende da un defeat device o da una strategia del costruttore per preservare il motore, io questo non glielo so dire”.
I test sulle Fca? Nello stabilimento del gruppo
Se il report del ministero lascia dubbi nelle sue conclusioni, altri ne sorgono per quelle lacune che nemmeno uno studente di ingegneria del primo anno si farebbe andare giù. Le auto – si legge nel documento – sono state testate in presenza di tecnici del ministero e di responsabili delle case costruttrici. Ma dove sono stati svolti i test? Per tutte le auto non Fca si sono utilizzate sedi neutre, e cioè una sala prove del Cnr e una pista dell’esercito a Montelibretti (Roma), mentre per le Fca i test sono stati eseguiti nelle strutture della stessa Fca. A casa del controllato dunque, e a differenza di tutti gli altri marchi senza la partecipazione dei ricercatori del Cnr.
La scomparsa dei dati sulle Fiat Chrysler
Al di là della diversa sede dei test, le prove procedono in parallelo su tutte le 14 auto fino a pagina 12 del report. Dopo di che i risultati della prova che simula sul banco a rulli il comportamento reale delle vetture (ciclo Urban) non vengono riportati per le Fca. E senza che nel documento venga spiegato il perché. I dati sulle Fca iniziano così a scomparire da grafici e tabelle. E per tre modelli, la Lancia Y 1.3, l’Alfa Romeo Giulietta 1.6 e il Cherokee 2.0 (questi due sono proprio i modelli che hanno mostrato gli aumenti maggiori di emissioni nei test a caldo), non fanno più ritorno per tutto il documento, visto che a differenza degli altri non vengono provati in pista. Per nessun veicolo Fca, inoltre, vengono riportati i grafici che mettono in relazione il funzionamento dei filtri anti inquinamento con la temperatura aspirata dal motore. Tutti grafici che invece per le vetture degli altri costruttori sono presenti. E, per finire, nel report non si entra mai nel merito delle accuse provenienti dalla Germania sull’utilizzo di defeat devices da parte di Fca, dopo che in alcuni modelli è stata riscontrata la disattivazione (“modulazione”, sostiene la Fiat) del sistema di controllo delle emissioni dopo 22 minuti, due minuti in più della durata del test di omologazione. “Chi ha firmato il rapporto presentato in commissione Emis – commenta Gerometta – dovrebbe rispondere dell’approssimazione, della mancanza di rigore scientifico e coerenza rispetto all’obiettivo dell’indagine e del danno all’immagine dell’Italia in sede europea”.
Contattata da ilfattoquotidiano.it, Fca non ha voluto rilasciare commenti sul report del ministero, ma ribadisce “di avere sempre rispettato le normative dell’Unione europea e che i veicoli Fca non sono dotati di dispositivi di manipolazione che rilevino quando il veicolo viene sottoposto a un test al banco in laboratorio o che rendano operativi i controlli delle emissioni durante i test in laboratorio. In altri termini, sebbene i livelli di emissioni varino in funzione delle condizioni di guida, i sistemi di controllo delle emissioni dei veicoli Fca funzionano nello stesso modo a parità di condizioni, sia che il veicolo si trovi in laboratorio sia che si trovi in strada”.
Twitter: @gigi_gno
Lobby
Dieselgate, tutti i buchi nel rapporto del ministero di Delrio: per le auto Fiat test a domicilio e dati mancanti
Il 12 gennaio audizione del viceministro dei Trasporti davanti alla commissione d’inchiesta del Parlamento europeo nata dopo lo scandalo dei motori truccati. Nencini dovrà chiarire le lacune del report dello scorso luglio: per alcuni modelli non sono riportati i risultati delle prove che simulano il comportamento reale del vetture. Secondo Cittadini per l'aria "è chiaro il governo ha voluto coprire le case automobilistiche"
Procedure di test diverse a seconda che l’auto messa alla prova sia del gruppo Fiat Chrysler o meno. Misure eseguite su alcune vetture mentre su altre no. Risultati non riportati per le Fiat Chrysler, senza che venga spiegato il perché. Il rapporto che il ministero dei Trasporti ha realizzato dopo lo scoppio del dieselgate per analizzare le emissioni reali dei diesel venduti in Italia farebbe storcere il naso a qualsiasi studente di ingegneria del primo anno. E così anche su questo documento dovrà fornire chiarimenti il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, che giovedì 12 gennaio è in audizione davanti alla Emission Measurements in the Automotive Sector (Emis), la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo nata dopo lo scandalo sui motori truccati da Volkswagen per portare avanti un’indagine sulle vetture in circolazione nel nostro continente. Il report, datato 27 luglio 2016 e mai reso pubblico sui canali ufficiali del ministero, contiene nelle sue 46 pagine lacune tali da fare nascere un sospetto: “E’ chiaro che il governo ha voluto coprire le case automobilistiche, e in particolare Fiat Chrysler”, sostiene Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria, un’associazione che fa parte della rete europea di ong ambientaliste per i trasporti sostenibili Transport & Environment. Analoga la posizione degli eurodeputati del M5S, ai quali si deve la pubblicazione del rapporto, avvenuta lo scorso ottobre sul loro sito, dopo che il ministero lo aveva tenuto a lungo chiuso a chiave in un cassetto, prima di consegnarlo alla commissione Emis. “Un rapporto scandaloso, che rasenta il ridicolo”, hanno accusato i Cinque stelle, arrivando a parlare di “occultamento scientifico dei dati più scomodi”. Omissioni che, in ogni caso, non evitano alle auto Fiat Chrysler, in quanto a emissioni, di fare peggio di tutte le altre. Ma prima di passare ai risultati deludenti delle Fca e alle stranezze di grafici e tabelle, facciamo un passo indietro.
Dai mille controlli promessi dal ministro ai test solo su 14 modelli
Nel settembre del 2015 il dieselgate travolge la Volkswagen: le autorità americane scoprono che la casa tedesca ha utilizzato un dispositivo che aggira i test sulle emissioni (defeat device, dispositivo di manipolazione), attivando i sistemi anti inquinamento solo nel corso delle prove su rulli. La questione non è da poco: “Considerando solo l’Italia – sostiene Gerometta di Cittadini per l’aria – ogni anno muoiono prematuramente 23mila persone a causa dell’esposizione al biossido di azoto (NO2), un gas fortemente nocivo per la salute umana e riconducibile prevalentemente alle emissioni dei veicoli diesel”. Da tempo le istituzioni internazionali sanno che in condizioni reali di guida le emissioni dei veicoli, comprese quelle degli ossidi di azoto (NOx), sono maggiori di quelle rilevate in fase di test. Un problema che in Europa dipende da un regolamento sulle omologazioni che non viene più aggiornato dal 2007. La novità che salta fuori con il dieselgate è che uno dei costruttori, Volkswagen appunto, ha addirittura truccato i test. Appena scoppiato lo scandalo, il nostro ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, promette in Italia “controlli a campione su almeno mille macchine diesel di tutti i marchi”. Ma a fronte dell’annuncio del settembre 2015, il mese successivo il ministero incarica l’Istituto Motori del Cnr di mettere a punto una metodologia di verifica del comportamento emissivo che, prima della stesura del report, verrà applicata solo a 14 modelli di auto: una Bmw, una Opel, una Volkswagen, due Ford, due Mercedes e sette vetture del gruppo Fca, queste ultime omologate dallo stesso ministero. E qui cade la prima obiezione: anziché i controlli a campione sul parco circolante, le auto testate sono nuove e messe a disposizione dalle stesse case automobilistiche. “E quindi – fa notare Gerometta – non possono dare alcuna garanzia di rappresentatività dei veicoli dello stesso modello realmente in circolazione”.
Test solo sulle euro 5. Salvate le euro 6
C’è poi un altro punto. A differenza di quanto fatto in Francia, Germania e Gran Bretagna, il nostro ministero ha deciso di testare solo alcuni diesel euro 5 e non gli euro 6, ovvero quelli attualmente in vendita. Una decisione che non può che destare qualche sospetto, visto che secondo uno studio realizzato da Transport & Environment, che ha analizzato i risultati delle indagini sull’inquinamento reale dei veicoli condotte dai governi di Francia, Germania e Regno Unito, le peggiori euro 6 per emissioni sono le auto Fiat e le Suzuki, a cui Fiat fornisce i motori: “Inquinano in media 15 volte di più dei limiti legali per gli NOx”, rileva lo studio.
Emissioni reali maggiori che nei test di omologazione. La pecora nera? Fca
Fuori tutte le euro 6, nel rapporto del ministero restano dentro, come detto, solo 14 modelli di euro 5. E i risultati dei test, in particolare per le vetture Fca, sono tutt’altro che esaltanti. Come già emerso nelle prove condotte negli altri Paesi, le soglie limite di emissioni vengono rispettate da tutti i marchi nelle condizioni di prova valide per ottenere l’omologazione europea (ciclo di test Nedc), mentre nelle prove, sia in laboratorio che su strada, che simulano i comportamenti delle auto in condizioni normali di guida, gli sforamenti sono generalizzati. Con le Fca a fare peggio delle altre: nei test eseguiti a motore caldo, e cioè in condizioni più simili al reale comportamento delle auto, le emissioni di NOx arrivano a essere 3,4 volte superiori rispetto alla condizione di motore a freddo per la Fiat 500 L, 3,8 maggiori per l’Alfa Romeo Giulietta 1.6 e 4,1 volte in più per il Cherokee 2.0.
Defeat device? Il ministro nega, ma i dubbi restano. Anche alla responsabile dell’Istituto motori del Cnr
“Le divergenze in caso di test a freddo e test a caldo – sostiene Gerometta – rappresentano un forte indizio dell’uso di defeat devices”. Una possibilità che il ministro Delrio, anticipando lo scorso giugno i risultati del report, ha escluso: “Non ci sono defeat devices illegali nei modelli diesel di altre case, a parte su quelli Volkswagen già identificati”. Una posizione su cui, però, nemmeno lo stesso report del ministero è così chiaro: sebbene nell’introduzione si legga che tra gli scopi del test c’è quello di individuare “la eventuale presenza di dispositivi di manipolazione delle emissioni (defeat device) vietati dalla vigente normativa”, nelle conclusioni una risposta negativa in tal senso non viene scritta a chiare lettere, ma solo suggerita. Infatti, dei veicoli che con partenza a caldo rilasciano emissioni molto maggiori che a freddo viene scritto: “Probabilmente in condizioni di partenza a freddo (previste dall’attuale ciclo di omologazione Nedc) viene utilizzata una differente calibrazione motore”. Il dubbio ammette di non esserselo tolta nemmeno Vittoria Maria Prati, responsabile delle attività sulle emissioni dei veicoli dell’Istituto Motori del Cnr, che nel corso di una conversazione telefonica con ilfattoquotidiano.it ammette: “Se questo comportamento dipende da un defeat device o da una strategia del costruttore per preservare il motore, io questo non glielo so dire”.
I test sulle Fca? Nello stabilimento del gruppo
Se il report del ministero lascia dubbi nelle sue conclusioni, altri ne sorgono per quelle lacune che nemmeno uno studente di ingegneria del primo anno si farebbe andare giù. Le auto – si legge nel documento – sono state testate in presenza di tecnici del ministero e di responsabili delle case costruttrici. Ma dove sono stati svolti i test? Per tutte le auto non Fca si sono utilizzate sedi neutre, e cioè una sala prove del Cnr e una pista dell’esercito a Montelibretti (Roma), mentre per le Fca i test sono stati eseguiti nelle strutture della stessa Fca. A casa del controllato dunque, e a differenza di tutti gli altri marchi senza la partecipazione dei ricercatori del Cnr.
La scomparsa dei dati sulle Fiat Chrysler
Al di là della diversa sede dei test, le prove procedono in parallelo su tutte le 14 auto fino a pagina 12 del report. Dopo di che i risultati della prova che simula sul banco a rulli il comportamento reale delle vetture (ciclo Urban) non vengono riportati per le Fca. E senza che nel documento venga spiegato il perché. I dati sulle Fca iniziano così a scomparire da grafici e tabelle. E per tre modelli, la Lancia Y 1.3, l’Alfa Romeo Giulietta 1.6 e il Cherokee 2.0 (questi due sono proprio i modelli che hanno mostrato gli aumenti maggiori di emissioni nei test a caldo), non fanno più ritorno per tutto il documento, visto che a differenza degli altri non vengono provati in pista. Per nessun veicolo Fca, inoltre, vengono riportati i grafici che mettono in relazione il funzionamento dei filtri anti inquinamento con la temperatura aspirata dal motore. Tutti grafici che invece per le vetture degli altri costruttori sono presenti. E, per finire, nel report non si entra mai nel merito delle accuse provenienti dalla Germania sull’utilizzo di defeat devices da parte di Fca, dopo che in alcuni modelli è stata riscontrata la disattivazione (“modulazione”, sostiene la Fiat) del sistema di controllo delle emissioni dopo 22 minuti, due minuti in più della durata del test di omologazione. “Chi ha firmato il rapporto presentato in commissione Emis – commenta Gerometta – dovrebbe rispondere dell’approssimazione, della mancanza di rigore scientifico e coerenza rispetto all’obiettivo dell’indagine e del danno all’immagine dell’Italia in sede europea”.
Contattata da ilfattoquotidiano.it, Fca non ha voluto rilasciare commenti sul report del ministero, ma ribadisce “di avere sempre rispettato le normative dell’Unione europea e che i veicoli Fca non sono dotati di dispositivi di manipolazione che rilevino quando il veicolo viene sottoposto a un test al banco in laboratorio o che rendano operativi i controlli delle emissioni durante i test in laboratorio. In altri termini, sebbene i livelli di emissioni varino in funzione delle condizioni di guida, i sistemi di controllo delle emissioni dei veicoli Fca funzionano nello stesso modo a parità di condizioni, sia che il veicolo si trovi in laboratorio sia che si trovi in strada”.
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Dieselgate, la ricercatrice Cnr smentisce Delrio: “Non sappiamo se su auto testate ci fosse software per truccare emissioni”
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Mediaset sotto assedio, dopo l’attacco di Vivendi Cologno si allea con il nemico del suo nemico
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Nuovo scandalo in Ue, in manette lobbisti di Huawei: “Hanno corrotto parlamentari”. Perquisizioni in corso, sigilli agli uffici degli assistenti di Falcone (Fi)
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Mosca: “Tregua frettolosa, rappresenta solo l’approccio di Kiev”. L’inviato Usa “Witkoff vedrà Putin stasera a porte chiuse” – Diretta
La giornata e gli approfondimenti: alle 16 la riunione di redazione de ilFattoQuotidiano.it – DIRETTA
Gaza, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - L'agenzia di protezione civile di Gaza ha riferito di aver riesumato 48 corpi dal cortile dell'ospedale Al-Shifa, un tempo la più grande struttura medica di Gaza, ma ora in gran parte in rovina a causa dei molteplici attacchi israeliani durante la guerra. I soccorritori hanno consegnato 38 corpi dopo che i parenti li hanno identificati, e li hanno portati via per riseppellirli in altri cimiteri, ha riferito il portavoce dell'agenzia, Mahmud Bassal, aggiungendo che "gli altri 10 corpi riesumati sono stati consegnati al dipartimento di medicina legale del Ministero della Salute per l'identificazione".
Bassal ha detto ancora che circa 160 corpi sono ancora sepolti all'interno del complesso ospedaliero e che il processo di esumazione continuerà per diversi giorni.
Verona, 13 mar. (Adnkronos) - “La transizione energetica interessa molto la logistica anche per la questione dei carburanti, e sappiamo qual è la visione europea per il 2035 Sui carburanti. Noi dall'insediamento di questo governo, continuiamo a discutere sul tema della neutralità tecnologica. Per fortuna a livello europeo si è cominciato a ragionare sui biocarburanti, sull'idrogeno, sui carburanti sintetici. Parlando di logistica, questa avversione che c'è sempre stata negli ultimi anni verso il motore endotermico e verso i carburanti fossili, non aiuta. Sappiamo benissimo che un camion con un grande motore, difficilmente potrà funzionare con quintali di batterie, quindi ci vuole anche buon senso e logica. Anche per questo si sta andando verso una modifica di quelli che erano gli obiettivi del 2035”. Ad affermarlo è Massimo Bitonci, sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy, durante la conferenza dal titolo “Il ruolo della logistica nella transizione energetica e nella crescita economica” che si è tenuta a Casa Alis all’interno di LetExpo. La fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere, sarà aperta fino al 14 marzo.
Nella conferenza dedicata alla transizione energetica, che ha visto la presenza degli esponenti di importanti imprese italiane impegnate nella logistica, si è parlato anche delle iniziative attivate dal governo.
"L’anno scorso abbiamo avuto il via libera dall’Europa per fare una rimodulazione dei fondi REPowerEU recuperando 6,3 miliardi di euro che sono stati destinati al Piano Transizione 5.0. Si tratta di una misura di credito di imposta che va dal 35% al 45% ed è rivolta a tutte le imprese, sia piccole che grandi, per accompagnarle verso la transizione ecologica, la transizione digitale, la riduzione dei consumi. I vincoli imposti dall’Europa sono stati molto stringenti, per questo l'iniziativa è partita un po’ lentamente e, almeno fino a un mese fa, erano stati utilizzati solo 500 milioni di euro. Nell’ultimo periodo, però, la somma è quasi raddoppiata con le prenotazioni arrivate", conclude Bitonci.
Doha, 13 mar. (Adnkronos) - In seguito alla visita in Qatar dell'inviato statunitense per il Medio Oriente Steve Witkoff, è sul tavolo una nuova bozza per una proposta aggiornata di cessate il fuoco in cambio del rilascio degli ostaggi. Lo ha riferito al Jerusalem Post una fonte a conoscenza dei dettagli. Come parte dello schema proposto, Hamas rilascerebbe circa cinque ostaggi vivi e i corpi degli ostaggi morti. In cambio, Israele consentirebbe un cessate il fuoco di 50 giorni.
Durante questo periodo di tregua, che si concluderebbe il 20 aprile, si svolgerebbero discussioni in merito alla prosecuzione dell'accordo. La fonte ha dichiarato al Post di essere "ottimista sul fatto che si possa raggiungere un'intesa".
Roma, 13 mar. – (Adnkronos) - L’Intelligenza Artificiale può rivoluzionare il Trasporto Pubblico Locale. E' lo scenario emerso nel primo Workshop Nazionale organizzato da Asstra, l’associazione che riunisce 138 aziende del settore. L’evento ha visto la partecipazione di esperti e istituzioni, con contributi da Londra e San Francisco. Andrea Gibelli, presidente di Asstra, ha sottolineato il ruolo dell’IA nei veicoli autonomi, nella sicurezza stradale e nei servizi di TPL intelligenti: “L’integrazione tra mezzi pubblici e privati è l’obiettivo, ma serve una regolamentazione equilibrata”.
Tra le esperienze presentate, il Catenary Inspection System di FNM, un sistema basato sull'IA che consente di monitorare e anticipare guasti sulle linee elettrificate, riducendo i costi di manutenzione. Illustrati anche il Progetto IACC di Brescia Mobilità che grazie all'uso di chatbot e analisi dati, prevede una riduzione del 20% del carico di lavoro per il customer care , il Progetto Mercurio di Eav per l’analisi predittiva sulle ferrovie e le soluzioni di Amt Genova per l’efficienza delle fermate. Sul fronte della manutenzione, Tper Bologna ha illustrato l’uso dell’IA per ridurre i tempi di fermo dei veicoli, mentre TPL FVG ha mostrato il nuovo sistema CRM per migliorare la gestione delle richieste dei clienti. Focus anche sulla cybersicurezza con AC Transit di San Francisco e sulle implicazioni giuridiche dell’IA con esperti di diritto.
Il workshop si è chiuso con l’impegno di Asstra a tracciare una roadmap chiara per l’innovazione nel Tpl. “L’adozione dell’IA è fondamentale per intercettare il futuro e rispondere ai bisogni emergenti delle persone e delle città. Oggi dobbiamo decidere che aziende vogliamo essere in futuro", ha affermato Gibelli.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Riforestare. Per mitigare l’inquinamento atmosferico e acustico cittadino, incrementare la biodiversità, ridurre i consumi energetici e migliorare il paesaggio urbano e periurbano insieme alla qualità di vita degli abitanti. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), sostenuto da Axpo Italia e Pulsee Luce e Gas, lancia il progetto 'RiforestAzione', dedicato alla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano in 13 città metropolitane d’Italia (Torino, Genova, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio di Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari) in cui risiedono più di 21 milioni di persone e la cui estensione complessiva è pari a oltre il 15% del territorio nazionale.
L’iniziativa, svelata oggi all’Orto Botanico di Roma alla presenza di istituzioni e partner, rientra nella Missione 'Rivoluzione verde e transizione ecologica' (M2), Componente 'Tutela del territorio e della risorsa idrica' (C4), del Piano di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Quest’ultimo si inserisce all’interno del programma Next Generation Eu (Ngeu).
Nel caso specifico, l’investimento per la 'tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano', dal valore di 210 milioni di euro, si propone di piantare 4,5 milioni di alberi e arbusti, creando 4.500 ettari di nuove foreste e trapiantando almeno 3,5 milioni di alberi nella loro destinazione finale, mediante un ampio programma di interventi, in grado di proteggere i processi ecologici correlati al funzionamento degli ecosistemi. Si tratta di un progetto altamente rilevante e coerente con il piano 'Eu forest strategy for 2030', dedicato al rafforzamento delle foreste continentali e che ambisce ad aggiungere 3 miliardi di alberi entro il 2030.
Il contributo di Axpo Italia e Pulsee Luce e Gas al progetto del Mase 'RiforestAzione' si declina sotto forma di un supporto diretto alle attività per la sua promozione e comunicazione. Questo impegno si sviluppa attraverso molteplici azioni, a cominciare dalla creazione di una piattaforma digitale con contenuti informativi e di approfondimento sulle azioni di riqualificazione del verde urbano ed extraurbano, curata dalla società urban tech SuperUrbanity.
Oltre alla piattaforma, il progetto prevede la realizzazione di un percorso sul territorio nazionale che andrà a toccare nei prossimi due anni alcune delle città coinvolte nell’iniziativa per farla conoscere alle comunità locali, così come di un percorso didattico, in collaborazione con Fondazione Sylva, che farà tappa nelle scuole per diffondere la cultura ambientale e accrescere le competenze ecologiche dei più giovani.
In più, verrà strutturato un Osservatorio, con durata biennale, che andrà a monitorare l’evoluzione del rapporto tra italiani e verde urbano. A tal proposito, la centralità delle aree verdi è rimarcata dai dati raccolti nella prima ricerca dedicata al progetto 'RiforestAzione' del Pulsee Luce e Gas Index, osservatorio sulle abitudini sostenibili degli italiani sviluppato insieme a Nielsen IQ, da cui emerge che, per l’83% degli intervistati, l’aumento degli spazi con alberi e arbusti è necessario, mentre, per il 90%, le aree verdi sono fondamentali per il proprio benessere psicofisico, segno di un crescente desiderio di ristabilire un contatto con la natura nei luoghi di vita. Da segnalare anche che, per l’87% degli italiani, gli interventi di riqualificazione costituiscono un fattore che può migliorare la valutazione dell’amministrazione pubblica e la percezione di una città.
"Il progetto 'RiforestAzione' rappresenta un tassello importante della strategia nazionale per la tutela dell’ambiente e la qualità della vita nelle nostre città. Il verde urbano ed extraurbano non è solo un elemento estetico, ma una risorsa cruciale per la salute dei cittadini, la lotta ai cambiamenti climatici e la tutela della biodiversità. Con questa iniziativa, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica conferma il proprio impegno concreto nel promuovere una politica ecologica che sia anche una rivoluzione culturale, coinvolgendo istituzioni, imprese e cittadini in un percorso condiviso. Ringraziamo Axpo Italia e Pulsee Luce e Gas per il supporto a un progetto che guarda al futuro delle nostre comunità, con un impatto tangibile e duraturo sul territorio”, rimarca il sottosegretario di Stato al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Claudio Barbaro.
“Le soluzioni nature-based rappresentano un pilastro fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici e nella creazione di città più resilienti e vivibili. Il sostegno di Axpo Italia a questo ambizioso progetto di riforestazione urbana ed extraurbana del Mase è una dimostrazione del nostro impegno continuativo per lo sviluppo sostenibile, in cui il verde diventa un alleato strategico per migliorare il benessere delle persone. Cooperare e tutelare la natura significa investire concretamente nel futuro delle prossime generazioni, rafforzando la capacità delle nostre comunità di affrontare le sfide ambientali con soluzioni innovative e durature”, commenta Salvatore Pinto, presidente di Axpo Italia.
“L'espansione delle aree verdi nelle città metropolitane è un investimento sul nostro futuro, sulla nostra salute e sul nostro benessere. È un modo per riconnetterci con la natura, per riscoprire il valore degli alberi, e per costruire città più vivibili e sostenibili. L’obiettivo al 2026 è completare le operazioni di transplanting del materiale di propagazione forestale (semi o piante) per almeno 3.500.000 alberi e arbusti per il rimboschimento delle aree urbane ed extraurbane. L’obiettivo è creare una rete di corridoi ecologici che colleghino le aree verdi esistenti, favorendo la mobilità della fauna e la dispersione dei semi. Vogliamo trasformare le nostre città metropolitane in ecosistemi resilienti, capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici e di offrire servizi ecosistemici essenziali per la collettività", dice Fabrizio Penna, capo Dipartimento Pnrr Mase.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Riforestare. Per mitigare l’inquinamento atmosferico e acustico cittadino, incrementare la biodiversità, ridurre i consumi energetici e migliorare il paesaggio urbano e periurbano insieme alla qualità di vita degli abitanti. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), sostenuto da Axpo Italia e Pulsee Luce e Gas, lancia il progetto 'RiforestAzione', dedicato alla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano in 13 città metropolitane d’Italia (Torino, Genova, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio di Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari) in cui risiedono più di 21 milioni di persone e la cui estensione complessiva è pari a oltre il 15% del territorio nazionale.
L’iniziativa, svelata oggi all’Orto Botanico di Roma alla presenza di istituzioni e partner, rientra nella Missione 'Rivoluzione verde e transizione ecologica' (M2), Componente 'Tutela del territorio e della risorsa idrica' (C4), del Piano di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Quest’ultimo si inserisce all’interno del programma Next Generation Eu (Ngeu).
Nel caso specifico, l’investimento per la 'tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano', dal valore di 210 milioni di euro, si propone di piantare 4,5 milioni di alberi e arbusti, creando 4.500 ettari di nuove foreste e trapiantando almeno 3,5 milioni di alberi nella loro destinazione finale, mediante un ampio programma di interventi, in grado di proteggere i processi ecologici correlati al funzionamento degli ecosistemi. Si tratta di un progetto altamente rilevante e coerente con il piano 'Eu forest strategy for 2030', dedicato al rafforzamento delle foreste continentali e che ambisce ad aggiungere 3 miliardi di alberi entro il 2030.
Il contributo di Axpo Italia e Pulsee Luce e Gas al progetto del Mase 'RiforestAzione' si declina sotto forma di un supporto diretto alle attività per la sua promozione e comunicazione. Questo impegno si sviluppa attraverso molteplici azioni, a cominciare dalla creazione di una piattaforma digitale con contenuti informativi e di approfondimento sulle azioni di riqualificazione del verde urbano ed extraurbano, curata dalla società urban tech SuperUrbanity.
Oltre alla piattaforma, il progetto prevede la realizzazione di un percorso sul territorio nazionale che andrà a toccare nei prossimi due anni alcune delle città coinvolte nell’iniziativa per farla conoscere alle comunità locali, così come di un percorso didattico, in collaborazione con Fondazione Sylva, che farà tappa nelle scuole per diffondere la cultura ambientale e accrescere le competenze ecologiche dei più giovani.
In più, verrà strutturato un Osservatorio, con durata biennale, che andrà a monitorare l’evoluzione del rapporto tra italiani e verde urbano. A tal proposito, la centralità delle aree verdi è rimarcata dai dati raccolti nella prima ricerca dedicata al progetto 'RiforestAzione' del Pulsee Luce e Gas Index, osservatorio sulle abitudini sostenibili degli italiani sviluppato insieme a Nielsen IQ, da cui emerge che, per l’83% degli intervistati, l’aumento degli spazi con alberi e arbusti è necessario, mentre, per il 90%, le aree verdi sono fondamentali per il proprio benessere psicofisico, segno di un crescente desiderio di ristabilire un contatto con la natura nei luoghi di vita. Da segnalare anche che, per l’87% degli italiani, gli interventi di riqualificazione costituiscono un fattore che può migliorare la valutazione dell’amministrazione pubblica e la percezione di una città.
"Il progetto 'RiforestAzione' rappresenta un tassello importante della strategia nazionale per la tutela dell’ambiente e la qualità della vita nelle nostre città. Il verde urbano ed extraurbano non è solo un elemento estetico, ma una risorsa cruciale per la salute dei cittadini, la lotta ai cambiamenti climatici e la tutela della biodiversità. Con questa iniziativa, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica conferma il proprio impegno concreto nel promuovere una politica ecologica che sia anche una rivoluzione culturale, coinvolgendo istituzioni, imprese e cittadini in un percorso condiviso. Ringraziamo Axpo Italia e Pulsee Luce e Gas per il supporto a un progetto che guarda al futuro delle nostre comunità, con un impatto tangibile e duraturo sul territorio”, rimarca il sottosegretario di Stato al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Claudio Barbaro.
“Le soluzioni nature-based rappresentano un pilastro fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici e nella creazione di città più resilienti e vivibili. Il sostegno di Axpo Italia a questo ambizioso progetto di riforestazione urbana ed extraurbana del Mase è una dimostrazione del nostro impegno continuativo per lo sviluppo sostenibile, in cui il verde diventa un alleato strategico per migliorare il benessere delle persone. Cooperare e tutelare la natura significa investire concretamente nel futuro delle prossime generazioni, rafforzando la capacità delle nostre comunità di affrontare le sfide ambientali con soluzioni innovative e durature”, commenta Salvatore Pinto, presidente di Axpo Italia.
“L'espansione delle aree verdi nelle città metropolitane è un investimento sul nostro futuro, sulla nostra salute e sul nostro benessere. È un modo per riconnetterci con la natura, per riscoprire il valore degli alberi, e per costruire città più vivibili e sostenibili. L’obiettivo al 2026 è completare le operazioni di transplanting del materiale di propagazione forestale (semi o piante) per almeno 3.500.000 alberi e arbusti per il rimboschimento delle aree urbane ed extraurbane. L’obiettivo è creare una rete di corridoi ecologici che colleghino le aree verdi esistenti, favorendo la mobilità della fauna e la dispersione dei semi. Vogliamo trasformare le nostre città metropolitane in ecosistemi resilienti, capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici e di offrire servizi ecosistemici essenziali per la collettività", dice Fabrizio Penna, capo Dipartimento Pnrr Mase.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - “L’accessibilità del farmaco è un tema centrale per la tutela del diritto alla salute dei cittadini e per la sostenibilità del sistema, e i dati diffusi questa mattina non fanno altro che confermare quanto una più ampia dispensazione dei medicinali sul territorio possa contribuire a realizzare migliori esiti di salute e a ridurre i costi sociali a carico di pazienti e caregiver, con un beneficio tangibile anche in termini di riduzione della spesa farmaceutica. Esprimiamo il nostro più vivo apprezzamento al ministro della Salute Orazio Schillaci e al sottosegretario Marcello Gemmato per gli obiettivi perseguiti con la riforma del sistema distributivo dei farmaci introdotta con la Legge di Bilancio 2024, e per l’attenzione mostrata su un tema che impatta in maniera così rilevante sulla quotidianità di pazienti, in particolar modo delle persone anziane e di coloro che vivono nelle aree più interne. Avvicinare il farmaco al cittadino va nella direzione di rafforzare la prossimità dell’assistenza e della cura per una Sanità più accessibile, equa e aderente ai bisogni delle persone”. Lo ha detto Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (Fofi), intervenendo sull'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma', che si è svolto questa mattina ala ministero della Salute.
“La distribuzione del farmaco sul territorio valorizza la prossimità e la professionalità del farmacista e la continuità di servizio dei nostri presìdi per garantire un’assistenza farmaceutica più vicina alle esigenze dei pazienti, ma anche un maggior supporto ai fini della corretta assunzione dei farmaci e dell’aderenza terapeutica, aspetti di fondamentale importanza nella gestione delle malattie croniche nell’ambito di una presa in carico multidisciplinare sul territorio”, ha concluso Mandelli.