Silvio Berlusconi prende due piccioni con una fava. Da un lato, proietta Mediaset nel futuro investendo in Studio 71, la più grande rete di produzione e distribuzione multicanale di video digitali d’Europa e uno dei primi 5 operatori del settore al mondo. Dall’altro, stringe un patto di ferro con i due soci del network: la tedesca Prosiebensat e la francese TF1, controllata da Martin Bouygues, nemico giurato di Vincent Bolloré che tentò, invano, nel 1997 di sfilargli l’azienda di famiglia.
Mediaset e TF1 hanno infatti acquistato rispettivamente il 5,5% e il 6,1% del multi-channel network Studio 71 con un investimento da circa 50 milioni sulla base di una valutazione di 400 milioni. “L’obiettivo è costituire il più importante gestore europeo di talent digitali in stretta sinergia con la tv generalista”, come si legge in una nota diffusa dall’azienda di Cologno Monzese che diventerà azionista di rilievo (49%) nella divisione italiana di Studio 71. E grazie all’operazione Mediaset crescerà nel digitale con un’impresa internazionale che opera a stretto contatto con le piattaforme gratuite di distribuzione video come Youtube. “Studio 71 sviluppa oltre 6 miliardi di video visti al mese ed è presente in cinque Paesi con circa 200 dipendenti. In Italia, gestisce già un inventory di oltre 40 milioni di video visti al mese”, prosegue la nota Mediaset. Numeri importanti che faranno la fortuna di Publitalia 80, la concessionaria pubblicitaria di Cologno che avrà l’esclusiva del network. L’intesa garantirà inoltre a Mediaset e a TF1 di entrare in un’ “attività costruita sullo standard mondiale dei video online come Youtube”, “garantirà ai nuovi partner le competenze maturate da Studio 71” e “assicurerà al network ulteriori risorse per lo sviluppo in nuovi mercati oltre a Germania, Usa, Canada, Gran Bretagna e Austria”.
Fin qui il senso industriale dell’operazione che però, sotto il profilo strategico, ha tutto il sapore di una risposta al raider bretone, che, dopo il voltafaccia su Premium, ha rastrellato il 29% di Mediaset. Finora Vivendi ha dato per scontato di essere il polo aggregatore della futura media company europea. Idea supportata peraltro anche da alcuni studi di banche d’affari. Fra queste, Natixis, che, in un report datato 6 gennaio, ha rimproverato Mediaset di eccessivo “italocentrismo” e ha visto in Vivendi invece il nocciolo di un futuro gruppo latino dei media. “La costituzione di un gruppo di grandi dimensioni (…) s’impone per far fronte agli altri blocchi culturali mondiali (notoriamente quelli anglosassone e cinese) – si legge nella nota di Natixis – Quindi, è probabile che un solo gruppo possa esistere su un perimetro così ristretto e Vivendi è più avanzata di Mediaset in questa logica internazionale”. Di qui l’idea per la banca francese che lo scenario più probabile sia alla fine un accordo fra Vivendi e Mediaset con Fininvest che diventa un azionista del gruppo francese nel progetto di una media company latina. Che dovrebbe però fare i conti con la Gasparri per via della presenza in Telecom Italia.
Tuttavia l’operazione Studio 71 dimostra che Mediaset può ancora recuperare il tempo perduto posizionandosi al meglio nei business emergenti e con partner diversi da Vivendi. L’alleanza con Prosiebensat e con TF1 può costituire la base di una nuova strategia di Cologno nell’ottica della costruzione di una media company europea concorrente a quella immaginata da Bolloré. Forse se ne saprà qualcosa di più il 18 gennaio quando Mediaset svelerà a Londra i suoi piani per il futuro. Intanto non si può non prendere atto del fatto che Prosiebensat, azienda quotata in Germania e senza un socio di peso, è potenzialmente un ottimo partner per Mediaset. Lo stesso dicasi per TF1, società quotata alla Borsa di Parigi e controllata da Martin Bouygues, potente industriale francese che ha appoggi politici e economici nella Francia che conta. E che, dicono i bene informati a Parigi, non vede l’ora di restituire pan per focaccia al bretone che tentò di sfilargli l’azienda del padre.