Alla fine, dopo mesi di attesa, è approdato in Parlamento il decreto che istituisce i collegi arbitrali cui potranno ricorrere i risparmiatori truffati di Popolare Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. Il testo licenziato in corsa dal governo presenta molte zone d’ombra che il Consiglio di Stato nel suo parere, favorevole ma condizionato, non ha mancato di sottolineare. Prima fra tutte, la questione del finanziamento delle procedure arbitrali, i cui costi ricadrebbero interamente sul Fondo interbancario di tutela dei depositi, riducendo così la dotazione di risorse a disposizione per il ristoro dei risparmiatori danneggiati.
Sul punto il parere del Consiglio di Stato è molto esplicito: “Poiché l’istituzione del Fondo di solidarietà è misura a tutela degli investitori, appare contraddittorio far gravare sul medesimo le spese di funzionamento della Camera arbitrale, che rischiano di comprimere – in ipotesi di insufficienza dello stanziamento a coprire le richieste giudicate fondate dei risparmiatori danneggiati – il finanziamento a favore del Fondo nell’interesse dei cittadini”. E ancora: “La Sezione ritiene opportuno che la Presidenza del Consiglio, anche per l’impatto di una simile scelta sull’opinione pubblica, quantomeno consideri in modo più approfondito il problema”. Insomma, un consiglio di buon senso per evitare l’ennesimo autogol sulla questione del risparmio tradito, tanto più che c’è da credere che sul punto in Parlamento sarà battaglia: “Il governo Renzi ha già pesantemente penalizzato i bondholder delle quattro banche assoggettate alla procedura di risoluzione rispetto a quelli degli altri istituti di credito che, invece, sono stati salvati da decreto di Natale. Ora sarebbe opportuno che il governo Gentiloni evitasse di ridurre ulteriormente i fondi destinati al risarcimento agli obbligazionisti di Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti, scaricando sul fondo di Solidarietà il costo degli arbitrati”, hanno affermato in una nota congiunta i deputati di Alternativa Libera Massimo Artini, Marco Baldassarre, Eleonora Bechis, Samuele Segoni e Tancredi Turco.
La questione del finanziamento dei collegi arbitrali non è però l’unico nodo da sciogliere. Il Consiglio di Stato bacchetta il governo rilevando come dallo schema di decreto legislativo “emergono alcuni difetti tecnici e un risultato di fondo che, pur senza incidere sulla legittimità del decreto, compromette la geometria del testo”. Non solo, secondo il massimo organo della giustizia amministrativa, “i collegi arbitrali vengono dotati di una natura bifronte, trovandosi in rapporto da un lato con la Presidenza del Consiglio e l’Autorità nazionale anticorruzione, dall’altro con la Camera arbitrale. Ciò emerge già dalla successione topografica delle norme: l’art. 3 disciplina la costituzione dei Collegi, attribuendola alla competenza della Presidenza del Consiglio e dell’Autorità nazionale anticorruzione; l’art. 5 disciplina il supporto organizzativo dei Collegi, che dipende dalla Camera arbitrale; l’art. 4 disciplina le modalità di funzionamento dei Collegi, attribuendola per alcuni profili all’Autorità nazionale anticorruzione, per altri alla Camera arbitrale. Il segno di questa natura divisa è nella previsione come sede dei Collegi prima dell’Autorità nazionale anticorruzione, poi della Camera arbitrale”. Può sembrare una questione di mera forma, ma l’ennesimo pasticcio partorito tra Palazzo Chigi e il ministero del Tesoro ha effetto anche sulla sostanza al punto che il Consiglio di Stato scrive di non poter che “limitarsi ad osservare come tale ibrido non favorisca l’inquadramento giuridico dell’organo della procedura arbitrale”.
Quanto alla nomina del collegio arbitrale, l’articolo 3 del decreto prevede che venga fatta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e che il collegio sia composto “da un presidente, nella persona del Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione o di un suo delegato, e da due componenti scelti rispettivamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro dell’economia e delle finanze”. E anche questo, come rileva il Consiglio di Stato, non va bene in quanto la norma “attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo stesso il potere di nomina dell’intero Collegio arbitrale e il potere di designazione di uno dei tre componenti. Tale duplicità di intervento incrina la logicità del modello prescelto, articolato su due fasi distinte, poiché il Presidente del Consiglio si trova a nominare un componente da lui stesso scelto, così annullando sostanzialmente detta distinzione. Occorre, invece, che la scelta dei due componenti spetti rispettivamente al Ministro della Giustizia e al Ministro dell’economia e delle finanze, che dovrà comunque essere condivisa dal Presidente del Consiglio dei Ministri, al quale spetta il potere di nomina”.
Per inciso, giova forse osservare che il governo Renzi ha impiegato più di un anno per mettere nero su bianco queste norme approvate poi in fretta e furia a fine novembre, norme che – stando al parere del Consiglio di Stato datato 22 dicembre – sarebbero in buona parte da emendare se non addirittura da riscrivere. La riprova, se ce ne fosse bisogno, del grado di professionalità di ministri e tecnici che si sono occupati del provvedimento.